Il padre del fotogiornalismo italiano

Al TFF un film racconta Adolfo Porry-Pastorel il fotografo che Mussolini si trovava “sempre fra i piedi”

Un fotografo corre, con la fotocamera stretta fra le braccia, dopo aver realizzato uno scatto. Corre a casa, nel suo laboratorio/camera oscura, e inizia a sviluppare quello scatto. Intorno, c’è l’Italia del 1915. 

Dalla bacinella del liquido di sviluppo uscirà una delle foto del secolo: quella dell’arresto di Mussolini nel 1915. Anni dopo, dalla stessa bacinella – e dallo stesso fotografo, dalle stesse mani – verrà fuori la foto del Duce a petto nudo, sulla macchina trebbiatrice. L’immagine simbolo di Mussolini vicino alla gente, in quel grande spot pubblicitario per il regime che fu la cosiddetta “battaglia del grano”. 

Si chiama Controluce il film che è stato presentato al Torino Film Festival. Racconta la storia di Adolfo Porry-Pastorel, il padre del fotogiornalismo italiano. Il primo grande fotoreporter. Le sue sono immagini che hanno fatto la Storia, e che in qualche occasione hanno contribuito a crearla. Immagini non sempre gradite al potere: Mussolini se lo trovava sempre fra i piedi, quell’uomo dal nome strano, ma dall’accento inconfondibilmente romanesco. 

Controluce mescola immagini d’epoca, recuperate nell’immenso archivio dell’istituto Luce, a ricostruzioni narrative, guidate da una voce fuori campo. Lo ha realizzato Tony Saccucci, documentarista italiano già autore di Marcia su Roma e de Il pugile del Duce, su un campione di pugilato cresciuto vicino a Viterbo, figlio di una principessa congolese e di un ingegnere italiano, Leone Jacovacci, le cui vittorie e imprese sportive sono state tenute sotto silenzio dal regime, perché si trattava di un pugile di colore. 

Saccucci torna a occuparsi di storie e di personaggi del Ventennio della dittatura mussoliniana. A Porry-Pastorel è stato anche dedicato un libro, Scatto matto, edito da Marsilio, scritto da Vania Colasanti – che è coautrice del copione del film. 

“Inventava stratagemmi di ogni tipo, per arrivare prima degli altri, prima della concorrenza”, rivela Vania Colasanti. “Quando, nel 1937, in Libia, sull’incrociatore Pola, che aveva a bordo il Duce, Porry-Pastorel riuscì a fotografare il Duce con la sua Leica. Ma si poneva il problema di raggiungere le redazioni dei giornali, sulla terraferma. Allora inserì i negativi nelle zampette di alcuni piccioni viaggiatori, li liberò nel cielo e questi piccioni viaggiatori arrivarono a Roma, permettendogli di pubblicare le sue foto prima degli altri”. 

Era un uomo magro, vagamente somigliante a Buster Keaton. “Per promuovere la sua agenzia, regalava alle donne degli specchietti, sul cui retro era impressa la sua pubblicità: ‘Avvenimenti di cronaca, telefonare subito 15-66. Porry-Pastorel fotografa ovunque, fotografa tutto”. 

Il rapporto con Mussolini fu controverso. Porry-Pastorel pubblicò su Il Giornale d’Italia la foto dell’arresto di Mussolini nel 1915, in piazza Barberini a Roma: Mussolini questa foto non gliela perdonò mai. Ma in seguito, il Duce ricorse a lui in tutte le occasioni in cui promosse la propria immagine, in pose meno ufficiali, più “umane”: dalla campagna del grano alle foto di Mussolini sciatore, a quelle di Mussolini che si tuffava in mare. Una sorta di amore/odio. 

Mussolini diventò, in qualche modo, attore per Porry-Pastorel. E anche le celebri foto della “battaglia del grano” erano frutto di una accurata messa in scena, con i “contadini” della foto che erano veri e propri attori, e sei apparecchi fotografici dislocati in punti diversi, per non perdere una sola immagine di quel momento di “verità”, che era soltanto una trovata pubblicitaria.  

Adolfo Porry-Pastorel era nato nel 1888. La fotografia era un’arte ancora giovane: il cinema non era ancora nato. A poco più di vent’anni fondò un’agenzia fotografica, dal nome geniale: VEDO, acronimo di Visioni Editoriali Diffuse Ovunque. Ma non era solo una trovata pubblicitaria: lui era veramente ovunque. Famoso è lo scambio di battute fra lui e Mussolini: “Sempre il solito fotografo!”, esclamò spazientito il Duce. “Sempre il solito presidente del Consiglio!” ribatté lui, per nulla intimorito. 

La sua macchina fotografica documentò la Marcia su Roma del 1922, il ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti nel 1924, ma anche i grandi eventi del costume, del tempo libero, le nuove abitudini degli italiani. Fra riprese originali, filmati di repertorio, fotografie dell’archivio dell’Istituto Luce, il film vuole ricostruire un personaggio che è riuscito a raccontare gli entusiasmi, le ansie e le tragedie del ventennio fascista e della guerra. 

Nato da una famiglia cosmopolita – nonno francese, nonna inglese – Porry-Pastorel divenne il maggior testimone della vita romana e nazionale dagli anni ’10 del Novecento fino allo scoppio della seconda guerra mondiale. Non amava le foto ufficiali: preferiva il “dietro le quinte”, lo scatto rubato, le situazioni più spontanee e imprevedibili. Appesa la macchina fotografica al chiodo, fu sindaco del paese di Castel San Pietro Romano, dal 1952 fino alla sua scomparsa, avvenuta nel 1960. A interpretare Porry-Pastorel è Michele Eburnea – attore nel film Il sol dell’avvenire di Nanni Moretti, premiato come Rivelazione italiana ai David di Donatello. Scritto da Tony Saccucci con Vania Colasanti e Flaminia Padua, prodotto da Luce Cinecittà, il film ha le musiche originali di Alessandro Gwis e Riccardo Manzi.

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