
La Top 10 di Daniel Fienberg
Con tutta l’industria dell’intrattenimento in una quiete preoccupante dopo anni interrotti dal COVID e gli scioperi doppi delle associazioni, nel 2024 gran parte dei discorsi sulla televisione si è concentrata su marchi e proprietà intellettuali, titoli noti presentati ai telespettatori con la strategia di uno gnu ubriaco che gioca a freccette. Avevamo bisogno di show televisivi palesemente basati su Dune e The Batman, ma in realtà a imitazione di Il Trono di Spade e I Soprano? Forse!
Avevamo bisogno di una versione di Cruel Intentions ambientata in un college che paragona le associazioni studentesche maschili e femminili al fascismo? No.
Avevamo bisogno di una nuova versione di Matlock costruita intorno alla storia che non era davvero per nulla una nuova versione di Matlock? Hmm. Sì!
A quanto pare, però, il 2024 potrebbe essere ricordato meglio come l’anno che ha rimesso “l’intellettuale” nella “proprietà intellettuale”, perché i creatori sono ritornati al materiale di origine più venerabile in assoluto: i libri!
Guardando la mia Top 10 globalmente, si nota che cinque dei dieci posti sono occupati da adattamenti letterari, parecchi da libri spaventosamente corposi per il numero delle pagine e per il livello. Mi accorgo quasi subito che quattro show televisivi nella mia Top 10 sono in lingua straniera, consentendo ai creatori di scavare vene di talento non sfruttate o sotto sfruttate da entrambi i lati della cinepresa in Colombia, Giappone, Corea e Italia.
O forse (o sicuramente) quella che sembrava una tendenza globale al mattino, quando ho chiuso la mia Top 10, è una questione di prospettiva, dal momento che, quando ho iniziato sapevo solo come sarebbe stata la mia Top 3. Ogni show nella mia lista di menzioni d’onore poteva altrettanto facilmente essere nella mia Top 10, spostando il resoconto su “Show di mezz’ora che ti hanno fatto ridere e piangere” oppure “Show che ho quasi dimenticato perché erano andati avanti così tanto, ma poi mi sono ricordato che li amavo ancora”.
Per il momento, però, leggete la mia Top 10, poi sedetevi e leggete un valido show televisivo.
1. L‘Amica Geniale – My Brilliant Friend (RaiPlay)
Dopo aver programmato di guardare senza sosta i miei screener per l’adattamento di Elena Ferrante di HBO, ho dovuto smettere e guardarne un’ora alla settimana, perché le ultime puntate nell’evoluzione dell’amicizia-rivalità-simbiosi tra Lenu (Alba Rohrwacher) e Lila (Irene Maiorino) diventavano troppo intense. Anche se la quarta stagione comprendeva omicidi, infedeltà e una bambina scomparso, il dramma era solo un thriller in senso emozionale, un apice sorprendente di oltre 30 episodi di egoismo, altruismo, devozione e tradimento. Ricco di ondate di gioia e di devastazione ben guadagnata, ha un peso e una sostanza che nessun altro show del 2024 potrebbe eguagliare.
2. Ripley (Netflix) Invecchiando leggermente i protagonisti del romanzo di Patricia Highsmith, spesso adattato, il creatore-direttore Steven Zaillian ci dà un Tom Ripley più “disperato” che “talentuoso.” La versione di Andrew Scott del personaggio è portata verso la reinvenzione come una compulsione, non perché pensa che lo renderà felice. Dona alla serie un cuore meravigliosamente malinconico e meticoloso, completato dalla fotografia sbalorditiva in bianco-e-nero di Robert Elswit, che riesce a essere epica e claustrofobica, maestosa e soffocante, graziosa come una cartolina e iconoclastica allo stesso tempo.
3. Fantasmas (Prive Video)
In un anno dominato, nel male e nel bene, da adattamenti prestigiosi e da caccia alla proprietà intellettuale senza vergogna, assicuriamoci di festeggiare la sensibilità totalmente aliena di Julio Torres. Il mix di sci-fi, incubo esistenziale e spettacolo di sketch stupidi, della commedia di HBO è ricco di personaggi memorabili come la manager di social media Pirulinpinpina simil Puffetta, strambi cammei di celebrità come Steve Buscemi come lettera “Q” e troppe strane deviazioni per poterle elencare. È un po’ Brecht, un po’ Kaufman, un po’ Buñuel e totalmente Julio Torres.
4. Welcome to Wrexham (Disney+)
Ho pensato di mettere in questa posizione “Peacock Finally Getting the Olympics Right” oppure “Every Single Shohei Ohtani At-Bat.” Invece ho deciso per la terza stagione della saga di calcio sorprendentemente empatica di Ryan Reynolds e Rob McElhenney. Mentre la stagione si è focalizzata sulla storia da Cenerentola ininterrotta della Wrexham A.F.C., (se Cenerentola avesse risorse finanziarie illimitate e telecamere di FX onnipresenti), quello che l’ha resa speciale è stato il modo in cui fluttua in storie secondarie, compresi i ritratti di un fotografo soggetto all’ansia, un super fan centenne e la comunità di espatriati gallesi in Argentina.
5. Pachinko (Apple TV+)
Tutto inizia con la sequenza di crediti più grande nella storia della televisione (“Wait a Million Years” si scambia apertamente con “Let’s Live for Today” nella stagione due), ma l’adattamento di Soo Hugh del romanzo di Min Jin Lee rimane uno standard per catturare ed ampliare un materiale di origine acclamato. Tutte le parole gentili uscite quest’anno a fiotti su Shogun si applicano anche a Pachinko ‒ forse anche di più, per la portata multi-generazionale della narrazione e per lo sconvolgente rilascio emotivo quando i pezzi tematici si uniscono. Al momento Apple non ha ordinato una terza stagione. Sarebbe una farsa se la saga non finisse come è.
6. Shogun (Disney+)
Un plauso all’ambizione coraggiosa dei creatori Rachel Kondo e Justin Marks e alla grande pazienza di FX. Questa saga storica è un buon esempio di un adattamento che sa come onorare il suo materiale di origine – il romanzo del 1975 di James Clavell fornisce quasi tutto il materiale della trama e molto della descrizione sfumata del Giappone del periodo Edo – facendo comunque modifiche in gran parte intelligenti e sensibili, quando necessario. Questa è narrazione magnifica, epica, stupendamente prodotta e il casting e le performance (risalto speciale su Hiroyuki Sanada, Tadanobu Asano e Anna Sawai) difficilmente potrebbero essere migliori.
7. Shrinking (Apple TV+)
Un case study per commedie che crescono per realizzare pienamente il proprio potenziale, la serie di Bill Lawrence, Jason Segel e Brett Goldstein per Apple TV+ offre una seconda stagione di cattive scelte e buoni abbracci, togliendo l’enfasi sul cattivo comportamento del Jimmy di Segel e distribuendo le cattive decisioni nell’insieme dello spettacolo. Sintonizzatevi ogni settimana per la performance riuscita per la carriera di Lukita Maxwell, la performance di Ted McGinley che ridefinisce la sua carriera e – non lo dico con leggerezza – la performance migliore della carriera di Harrison Ford.
8. Hacks (Netflix)
La terza stagione della commedia di Lucia Aniello, Paul W. Downs e Jen Statsky per Max finora è stata la più coerente, usando il tentato ritorno di Debora Vance (Jean Smart) a notte fonda come veicolo per approfondire il suo commento su mentorato, invecchiare nell’industria dello spettacolo e gli standard mutevoli dell’umorismo accettabile. Portato avanti da Smart, sempre notevole e da Einbinder che migliora sempre (ed è sempre notevole), lo show ha costruito quello che avrebbe potuto essere un perfetto finale di serie nel suo penultimo episodio, e poi, nel suo finale di stagione, ha capovolto tutte le sue dinamiche di potere in un modo che prepara una quarta stagione in modo elettrizzante.
9. Evil (Paramount+)
Annullata, ma con un piccolo prolungamento per concludere storie in sospeso, la commedia horror spirituale di Robert e Michelle King ha auto un percorso quasi perfetto di 14 episodi pieni di bebè satanici, dialoghi sovrapposti di adolescenti, demoni in pena, avvertimenti nefasti di “Saltare Intro”, cospirazioni vaticane e meta-commenti su ciò che avviene se Paramount+ ti annulla, ma diventi improvvisamente un successo su Netflix, ma Paramount+ ti annulla. Potremmo non vedere mai più un altro dramma broadcast valido come questo CBS emarginato.
10. Cent’anni si solitudine – One Hundred Years of Solitude (Netflix)
In un anno di grandi sbalzi adattativi, il lavoro di José Rivera e Natalia Santa sul capolavoro inadattabile di realismo magico di Gabriel García forse è il più grande. Funziona sempre? No. Più la narrazione su vari decenni diventa concreta, meno è memorabile. Ma quando i direttori Alex García López e Laura Mora trovano modi per lasciare che la telecamera rispetti il linguaggio poetico di Márquez, questo dramma di Netflix acquista più momenti di bellezza mozzafiato di qualsiasi altro, quest’anno. Quell’audacia imperfetta vale più di una Top 10.
Menzioni d’onore (in ordine alfabetico): Baby Reindeer (Netflix), The Bear (FX/Hulu), English Teacher (FX), God Bless Texas (HBO), John Mulaney Presents: Everybody’s in L.A. (Netflix), A Man on the Inside (Netflix), Mr. & Mrs. Smith (Amazon), Somebody Somewhere (HBO), We Are Lady Parts (Peacock), What We Do in the Shadows (FX)

Da sinistra: True Detective: Night Country, Baby Reindeer, Somebody Somewhere, We Are Lady Parts, Intervista col vampiro, Ripley Per gentile concessione di HBO (2); Per gentile concessione di Netflix (2); Per gentile concessione di Peacock.; Per gentile concessione di AMC
La Top 10 di Angie Han
Domandate a qualsiasi critico TV che conoscete e vi dirà: c’è molta TV mediocre in giro. Questo è vero ogni anno ed è stato vero nel 2024. Durante i periodi di secca degli ultimi 12 mesi (incolpate la disparità del post-COVID, il paesaggio post-scioperi o la fine delle guerre dello streaming, o la semplice sfortuna), mi sarei potuta domandare perfino se ci fosse altro. Anche il vostro recensore più ottimista può vedere solo così tante commedie noiose o malinconiche di fila, prima che iniziamo a domandarci cosa, esattamente, ci stiamo a fare qui.
Ma sosterremo caparbiamente che è vero anche il contrario, che, indipendentemente da quanti relitti ci galleggino intorno, ci saranno sempre anche lavori di maestria meticolosa e originalità mozzafiato. Me ne sono ricordata quando ho visto la terza e ultima stagione di Somebody Somewhere di HBO, poco prima di iniziare questa lista. Nonostante avessi già visto le prime due stagioni, sono stata di nuovo colta alla sprovvista dalla vivacità del suo humor e dalla grandezza del suo cuore, meravigliandomi ancora una volta di quanto fossi fortunata per dover essere testimone di un lavoro così singolare.
La mia Top 10 è un’istantanea delle serie che ho avvertito più notevoli nella mia mente, mentre riflettevo su un anno di visioni. Le mie menzioni d’onore sono un assortimento sparso di parecchie altre. Ce ne sono altre però che mi è dispiaciuto lasciare fuori, che avrebbero potuto farcela in un momento diverso, ma non questa volta.
Tutte mi hanno fatto sentire privilegiata per aver potuto entrare in qualcosa di speciale. Per quello è valsa la pena di faticare su qualche mediocrità.
1. Somebody Somewhere (Prime Video)
Chiamatelo l’Effetto Joel Anderson, se volete, ma la terza e ultima stagione della commedia Somebody Somewhere di HBO con uno spaccato di vita è stata un balsamo. L’amicizia impetuosa, divertente, vissuta da Sam (Bridget Everett) e Joel (Jeff Hiller) è una testimonianza delle gioie dell’amore, ordinarie eppure straordinarie, della comunità e di un karaoke veramente fantastico.
2. We Are Lady Parts (Prime Video)
La seconda stagione della commedia musicale punk-rock britannico-musulmana di Peakcock, a lungo attesa, non ha solo ricatturato lo spirito particolare e l’orecchio per motivi che contagiano (“I’ll respond to your email at a reasonable hour” è sicuramente un ritornello che possiamo ripetere tutti), è maturata insieme ai suoi personaggi, mentre trovano il loro posto in una comunità più ampia.
3. Fantasmas (Prime Video)
Lasciate intraprendere al creatore stellare Julio Torres la ricerca di un orecchino perduto; fatela snodarsi attraverso una New York surreale di criceti che festeggiano alla grande e stelle del reality con la mente controllata; riempitela di cammei stravaganti, da Steve Buscemi a Kim Petras; finite in una riflessione astuta sulla classe, la creatività e la nostra realtà semi-distopica e mettete tutto quanto su HBO.
4. Ripley (Netflix)
Sinceramente, l’adattamento di Patricia Highsmith di Steve Zaillian potrebbe guadagnarsi un posto in questa lista anche solo per la sua bellezza sbalorditiva. Combinatela con la pazienza ipnotica della sua narrazione e l’interpretazione principale notevolmente fredda di Andrew Scott (per non parlare di un gatto molto bravo), e il dramma di Netflix rende una storia familiare rinvigorente quanto un martini ghiacciato in una torrida giornata estiva.
5. Interview with the Vampire (Prime video)
Il sontuoso adattamento di Anne Rice di AMC è stato una delle visioni di puro divertimento che mi sono goduta quest’anno, grazie alla sua combinazione elettrizzante di amore impetuoso, violenza sanguinosa, astuto umorismo nero, dialoghi pretenziosi e performance ancora più deliziosamente pretenziose (guardati, eccezionale Ben Daniels della stagione due).
6. Extraordinary (Disney+)
Alla base della spassosissima commedia Hulu di Emma Moran c’è sempre stata una maturazione sorprendentemente riconoscibile. E, mentre la poco più che ventenne Jen (Máiréad Tyers) è cresciuta sempre leggermente, lo stesso ha fatto lo show intorno a lei, con una seconda stagione che si immerge ancora di più nel suo mix irresistibile di peripezie superpotenti, dolcezza sincera e umorismo stravagante.
7. Baby Reindeer (Netflix)
Non penso di aver guardato letteralmente l’intera miniserie semi-autobiografica di Netflix in una volta sola con una mano sulla bocca per tutto il tempo. Ma, sicuramente, mi è sembrato di averlo fatto. Il creatore-attore Richard Gadd scava nelle linee di frattura più profonde della sua psiche con onestà spietata, perfino brutale – ma anche con profonda empatia per sé stesso e per la donna (la rivelazione Jessica Gunning) che lo tormenta.
8. Manhunt (Apple TV+)
Venite per l’inseguimento mozzafiato di un killer, rimanete per un ritratto intelligente, commovente e quasi sgradevolmente opportuno di una nazione a un bivio. Mentre il discreto Stanton (Tobias Menzies) insegue senza sosta il meschino e violento John Wilkes Booth (Anthony Boyle), il dramma di Apple TV+ inserisce il contesto storico per illustrare i percorsi che hanno portato a questo momento e tutti quelli dove avrebbe potuto portarci in seguito.
9. True Detective: Night Country (SkyTv)
In un anno abbondante di gialli, pochi mi hanno coinvolto come la quarta stagione dell’antologia del crimine di HBO. La creatrice (che sostituisce Nic Pizzolatto) ha tessuto un racconto convincentemente inquietante, spesso dolorosamente triste, ambientato nel gelo artico e ancorato alla dinamica spinosa tra Jodie Foster and Kali Reis. Era soprannaturale? Non lo era? Qualunque cosa fosse, era sicuramente inquietante.
10. Shogun (Disney+)
Il dramma di FX del periodo Edo non è nulla se non grande: per ambito, ambizione, bellezza e brutalità. Ma è stato l’occhio per i dettagli, la scrittura sfumata (di Rachel Kondo e Justin Marks) e il cast superbo (tra gli interpreti principali, Moeka Hoshi merita una menzione speciale per la sua recitazione sensibile nel ruolo di Fuji) che l’hanno reso non solo una delle epopee più sensazionali del 2024, ma anche la più trasportativa.
Menzioni d’onore (in ordine alfabetico): English Teacher (FX), Expats (Amazon), Hacks (Max), How to Die Alone (Hulu), Industry (HBO), Pachinko (Apple TV+), Penelope (Netflix), John Mulaney Presents: Everybody’s in L.A. (Netflix), The Traitors (Peacock), What We Do in the Shadows (FX)
Foto 1: Da sinistra: Shogun, Evil, Pachinko, My Brilliant Friend and Fantasmas, per gentile concessione di FX; per gentile concessione di CBS; per gentile concessione di Apple TV+; per gentile concessione di HBO (2)
Foto 2: Da sinistra: True Detective: Night Country, Baby Reindeer, Somebody Somewhere, We Are Lady Parts, Interview With the Vampire, Ripley per gentile concessione di HBO (2); per gentile concessione di Netflix (2); per gentile concessione di Peacock; per gentile concessione di AMC
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