
“Io non ho letto il libro, non l’ho letto nel ’71, avevo 11 anni, a stento leggevo i libri di scuola, però, fortunatamente, ad un certo punto Fantozzi arrivò al cinema e tutti noi piccoli siculi, abbiamo potuto vederlo. Erano i periodi in cui si fumava al cinema e noi piccoli bambini sedevamo nei cinema immersi in una nuvola di fumo. Addirittura si potevano vedere anche i film posti in piedi. Una delle cose che mi ha sempre colpito di Fantozzi era proprio la voce che commentava alcune scene del film. Io sono un appassionato di tennis e la famosa partita di tennis avvolta nella nebbia è qualcosa di sublime e ci sono delle descrizioni dell’abbigliamento sia di Filini che di Fantozzi, fantastiche. Mi piaceva molto anche l’uso dei congiuntivi sbagliati: dichi, facci, ecc. Mi faceva tanto ridere, ma soprattutto ci ha fatto scoprire che si può ridere anche del cinismo e della cattiveria, la risata può scaturire anche da questo. Fracchia rappresentava forse tutti i dipendenti di un’Italia in cui nascevano le grandi aziende e gli impiegati erano un po’ vessati dai capi ufficio che costringevano loro a fare vacanze forzate di gruppo oppure obbligavano alla frequenza nel cineforum e alla visione di film come La Corazzata Potemkim, che è, come è noto, una cagata pazzesca. Pochi si soffermano su questo: penso che Paolo Villaggio rimarrà per sempre insieme a Totò, Sordi, Troisi, tra i grandi del cinema italiano.
Una maschera unica, Villaggio riesce a calarsi in personaggi cominci e anche drammatici, mi viene in mente Fellini con La Voce della Luna, o Io speravo che me la cavo: si tratta di un grandissimo attore capace di calarsi in qualsiasi personaggio e penso che tutta l’Italia lo sappia. Villaggio è l’ospite che tutti vorrebbero avere, quando c’era Villaggio in un talk show, non parlava per un quando d’ora poi diceva una cosa e veniva giù il teatro: un cinismo che solo lui sa maneggiare.
Ho avuto anche l’onore di essere a cena con lui ed è stato qualcosa di unico. Nella vita di tutti i giorni era così come lo vediamo al cinema se non di più. Quella è stata la mia formazione: io ho iniziato a lavorare nei primi villaggi turistici. Una volta, ho cercato anche io di fare Paolo Villaggio. Invece di trattare bene la gente per lavoro, una volta, agli inizi della mia carriera, coinvolsi due anziani prendendoli in giro in uno spettacolo. Il capo villaggio mi guardò e io gli dissi: ‘hai visto come rideva la gente?’ e lui ironicamente mi fece i complimenti e rispose: ‘ora, pensa se al posto di quelle persone ci fossero state tua madre e tuo padre’. Quella frase mi ha sempre condizionato per tutta la vita. E si può non ricordare il Paolo Villaggio televisivo? Il professor Kranz! Mi ricordo che ero piccolo, c’era la televisione in bianco e nero e mi colpì molto la scena in cui lui buttava le vecchie dalle scale, magari erano attori, ma mi fece ridere tantissimo: in una televisione bigotta come quella degli anni 60 Paolo Villaggio riusciva a fare anche questo. Credo che Villaggio abbia osservato tantissimo l’italiano di quegli anni, ponendolo al centro dell’attenzione e facendo riflettere l’altra parte. Molti si sono immedesimati in Fantozzi, quello che mi ricordo io era il suo rapporto con la signorina Silvani. In quel rapporto c’era la proiezione della voglia dell’italiano medio di uscire dalla routine quotidiana. Lei era la donna dei suoi sogni e faceva in modo che anche noi, dall’altra parte dello schermo, dicevamo: anche io me la farei la signorina silvani. Fantozzi, oggi, è il quadro di un Italia che forse non c’è più ma ancora oggi, girando i canali della TV, se vedi Fantozzi, ti fermi a guardarlo: la partita di calcio, la nuvola dell’impiegato, la partita di tennis! Tutte scene scolpite nella nostra memoria, sono cose che ti porti dietro per tutta la vita: io sono onorato di aver preso, una volta, un caffè con Fantozzi.

Paolo Villaggio (sinistra) con Anna Mazzamauro (destra). Foto @ANSA/CLAUDIO ONORATI
(dichiarazioni raccolte da Mario Sesti per il film documentario, La voce di Fantozzi)
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