Il suo cuore è ancora lì, ad Hammamet: la messa in onda del film di Gianni Amelio sigla un ritorno di fiamma, nel dibattito culturale e politico, di Bettino Craxi

A 25 anni dalla morte, tra rivalutazioni ricche di chiaroscuri e apologie incondizionate, lo sguardo di un grande autore, ripropone l’ambiguità inesauribile della Storia e del rapporto tra Politica e Potere, nel crepuscolo esistenziale di un leader dalla personalità unica

“Quel film mi ha sempre suscitato emozioni contrastanti”, dice di Hammamet, in onda sulla Rai, Bobo Craxi a The Hollywood Reporter Roma. “Ma ritengo che abbia avuto una funzione cruciale. Ha reso ‘nazional popolare’ una tragedia politica. In un pubblico molto vasto, ha determinato una curiosità, l’esigenza di capirne di più, sulla storia di mio padre”.

La messa in onda del film di Gianni Amelio avviene in occasione dei venticinque anni dalla morte di Bettino Craxi, di cui Hammamet ripercorre gli ultimi anni di vita dell’uomo politico. Quelli in cui Craxi si stabilì ad Hammamet, in Tunisia, dopo essere stato travolto dallo scandalo di Tangentopoli e dopo la condanna che gli aveva inflitto la giustizia italiana. Sono gli anni della malattia, dell’esilio. Le riprese all’interno della villa di Hammamet sono state girate proprio in quella che fu la vera dimora di Craxi nella città tunisina ma il nome di Bettino Craxi non viene mai fatto. Lo si chiama “il presidente”. Mentre il Pci diventa “il principale partito dell’opposizione”. 

“Favino, in quel film, è in stato di grazia – aggiunge – La sua non è una imitazione caricaturale, ma una ricerca profonda. E Gianni Amelio ha una mano cinematografica, con cui riesce a cogliere le atmosfere, la luce, anche una certa lentezza delle giornate africane. E il commento sonoro è perfetto”.  

Il film parla di vicende accadute trent’anni fa. Viene da chiedersi quale significato assuma, oggi, agli occhi di un giovane. “Penso ai ragazzi oggi. Che cosa può trovare, un ventenne democratico, nell’esperienza di mio padre? La storia di un uomo capace di unire la tradizione del Risorgimento italiano e la socialdemocrazia internazionale. La politica, intesa come risoluzione dei problemi della gente, e non come esercizio ideologico. Questo era il craxismo, fra l’immobilismo democristiano e l’immobilismo altrettanto incancrenito del comunismo”. 

Oggi, Craxi sembra piacere più alla destra che alla sinistra. “Ma non si può trasferire un leader socialista in un terreno che non è il suo”, dice Craxi. “Mio padre è stato un antifascista conclamato, ma non ha fatto finta che l’MSI non esistesse”. 

Resta sul campo la vicenda più delicata, più tragica, quella su cui pesa la condanna della storia. La vicenda di Tangentopoli. “La storia di Tangentopoli era un problema sistematico, non un problema di singoli”, dice Bobo Craxi. “Mio padre ha pagato più di tutti, in relazione alla sua grandezza. Altri non hanno pagato per niente”. 

All’uscita del film in sala, si mescolarono elogi per l’interpretazione di Favino, esaltazioni, attacchi, qualche perplessità sullo sguardo posato da Amelio sulla vicenda. “Hammamet è un film su Craxi. O forse non lo è. Meglio: forse non lo vuole essere. Ed è proprio in questa contraddizione che va cercato il senso del film di Gianni Amelio”, scriveva Paolo Mereghetti sul Corriere. 

Bobo Craxi parla poi del film. “Con Amelio, insistevo affinché i riferimenti fossero precisi, affinché fossero fatti nomi e cognomi di ciascuno. Il film non cita mai il suo nome. Ci sono anche molti inserimenti romanzeschi, come l’episodio – fittizio – di un ragazzo che si avvicina per ucciderlo. Io ero e resto dell’avviso che la storia di mio padre fosse già abbastanza romanzesca”. 

“Ma ci sono cose che mi hanno commosso”, dice. “Per dieci giorni, la troupe ha girato nella nostra casa ad Hammamet. Dentro la casa, c’era ancora qualcuno che aveva lavorato con mio padre: quando ha visto Favino, con quella rassomiglianza, è scoppiato in lacrime. Sentiva, in qualche modo, di ritrovare mio padre”.