
“Ho conosciuto questa storia 15 anni fa durante una vacanza alle Galapagos, e ne sono stato affascinato totalmente. È una storia che sarebbe piaciuta a Werner Herzog, o a Terrence Malick, mi sono detto. L’idea di fuggire dalla società è un’idea che mi sembra, peraltro, molto attuale”, dice Ron Howard sabato mattina, primo ospite internazionale del TFF. Il regista ha ricevuto venerdì sera, in apertura del Torino Film Festival, il premio Stella della Mole, e ha presentato in anteprima europea il film Eden.
Interpretato da Jude Law, Vanessa Kirby, Daniel Bruehl e da una straordinaria Ana de Armas, Eden racconta quello che viene conosciuto come “il mistero delle Galapagos”. Dopo la crisi finaniaria del 1929, un filosofo tedesco va a stabilirsi con la moglie su un’isola deserta. Lo raggiungeranno una coppia di sposi e una sedicente baronessa, interpretata da Ana de Armas, con un piccolo harem di domestici/amanti. La convivenza scatenerà un inferno dalle conseguenze imprevedibili.
Sulla vicenda reale sono stati scritti due libri, da due sopravvissute alla vicenda: Satan Came to Eden: A Survivorìs Account of the Galapagos Affair scritto da Dore Strauch, la compagna del filosofo. E Floreana: A Woman’s Pilgrimage to the Galapagos scritto da Margret Wittmer.
Ron Howard spiega: “Entrambe le versioni mi hanno influenzato, nella stesura della sceneggiatura. Ma ci sono molte altre fonti. C’è anche un bellissimo documentario, uscito una decina di anni fa. Quello che mi colpiva veramente era la trasformazione, la crescita, la resilienza dei personaggi femminili, attraverso la sfida costituita dalla loro esperienza nell’isola delle Galapagos”.
“E’ stato un film indipendente,” prosegue Howard, “quindi tutti gli attori vi hanno partecipato per entusiasmo, con un gesto di amore. Ho scelto tutte persone artisticamente coraggiose…Sono personaggi estremi, e sono molto fiero di come tutto il cast mi ha seguito in questa impresa difficile, con un budget molto contenuto”.
Il film di Howard, 70 anni, vincitore di due premi Oscar per A Beautiful Mind, ricorda davvero i film di Herzog, come La Soufrière, che il regista tedesco girò in Guadalupa. Ci sono citazioni letterarie, soprattutto da Friedrich Nietzsche, autore di riferimento del protagonista, il filosofo/medico/teosofo interpretato da Jude Law. C’è un darwinismo di fondo, come se tutto si riducesse, infine, a una disperata lotta per la sopravvivenza, di tutti contro tutti.
Ron Howard è conosciuto come regista “ottimista”. Ma in questo film pare che per l’ottimismo ci sia poco spazio. “E’ una sorta di tragedia greca, questo film. Ma credo che anche questa storia ci dia una speranza. La vera sopravvivenza viene dal credere nei rapporti umani, nel futuro. Senza rivelare troppo, nel film si capisce che è forse l’unica speranza”.
“Oggi siamo tutti smarriti, viviamo una trasformazione radicale del mondo causata dalla tecnologia. È come una rivoluzione industriale moltiplicata per dieci, e non sappiamo più a che cosa credere, a che cosa affidarci. Ma se ci guardiamo gli uni gli altri, senza cercare soluzioni facili come quella di rifugiarsi in un’isola deserta, ma crediamo nel potere degli affetti, forse ci possiamo salvare”.
Infine, Ron Howard parla della vicenda reale alla base del suo film. “Si tratta di un mistero che non è mai stato completamente risolto. Ed è un mistero che ha affascinato moltissime persone. Il musicista del mio film, Hans Zimmer, mi ha raccontato che Nicholas Roeg voleva farne un film trent’anni fa. C’è una grande forza in questa storia, che è come un romanzo della letteratura russa. Questa è la mia versione. Credo che ognuno, in questa storia, possa cogliere una sfumatura diversa”.
Non si nasconde, Howard, neppure sulla attuale situazione politica negli Stati Uniti: “Le elezioni sono avvenute, io ho votato, ho partecipato, non è andata come avrei auspicato. Ma sono anche un cittadino di un paese democratico e adesso è il momento di andare avanti e di fare il nostro meglio guardando il futuro”.
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