
Curioso che per le celebrazioni del primo secolo di Sam Peckinpah, l’Italia in generale e Roma in particolare, si siano distinte per la quantità e qualità di iniziative. Curioso perché l’Italia e la sua capitale sono la patria e la città di Sergio Leone, amico forse, concorrente sicuro, di Sam.
Lo scorso 21 febbraio, giorno delle 100 candeline da spegnere, in Wisconsin si annunciava un omaggio al regista di Il mucchio selvaggio; nelle stesse ore, al Formosa Cafè di Los Angeles, si riunivano alcuni amici di Sam fra i quali Katy Haber, assistente del regista per quasi tutti gli anni ’70; Paul Seydor, studioso del cinema di Sam e regista di The wild bunch: an album in montage, documentario candidato all’Oscar sul dietro le quinte di quel capolavoro; David Weddle, autore della più importante biografia di Sam If they move…kill’em, tradotta in Italia con il titolo Se si muovono…falli secchi!, una scelta che evidentemente doveva, per metà, pagare un tributo a certi titoli dei nostri western.

Sam Peckinpah, Portrait. Amazon
Poco più in là pare ci fosse Quentin Tarantino con il dilemma su quale film scegliere fra i 14 di Sam, da proiettare in una delle sue sale cinematografiche. Infine non poteva mancare l’omaggio dell’American Film Institute.
In Europa c’è Lione pronta a celebrare Sam entro la fine del 2025; in Spagna si distingue la città di Granada con una mini-retrospettiva; in Germania è appena uscito un super cofanetto di sette dvd, con quattro western di Sam e un mucchio di filmati inediti, interviste e tanto altro materiale raccolto negli anni da Mike Siegel, il collezionista di memorabilia peckinpahiane più fornito al mondo.
Venendo a noi, quotidiani, inserti culturali, settimanali specializzati financo programmi radiofonici, hanno avuto il piacere di parlare di Sam, elogiandone la genialità e soprattutto l’importanza che ha avuto il suo cinema nella New Hollywood.
Secondo Alain Corneau, Sam e Stanley Kubrick sono gli unici autori dell’ultima rivoluzione che ha attraversato il cinema statunitense; non è quindi un caso se, nell’ambito di una retrospettiva organizzata sul finire degli anni ‘90 dal Festival di Locarno, in cui una cinquantina di registi di tutto il mondo avevano il compito di indicare il film della propria vita, Sam e Kubrick siano stati gli unici a vantare due titoli ciascuno in quella prestigiosa lista.
Ho citato Corneau pro domo mea, quella dichiarazione il regista francese la fa nel documentario Sam Peckinpah: portrait che io e Michelangelo Dalto abbiamo scritto e diretto nel 2006.
Come per tutti i lavori di Sam, anche il nostro ha avuto una gestazione lunga, sei anni. L’idea di raccontare Sam nacque nel settembre 2000 quando a Padova io e Dalto organizzammo il Sam Peckinpah Film Festival, una rassegna diventata epocale, la più completa, esaustiva retrospettiva dedicata a Sam mai fatta al mondo.
Oltre ai film, telefilm, trailer, backstage, documentari, clip musicali, spot tv e una mostra fotografica, la Città del Santo fu teatro di un magnifico raduno di amici, collaboratori, studiosi e perfino parenti di Sam: dalla star James Coburn a Walter Peter, cognato di Sam, al quale il documentario è dedicato.
Con loro c’erano gli attori Ali MacGraw, Susan George (con il marito Simon MacCorkindale, attore pure lui), R.G. Armstrong, David Warner, Senta Berger; Walon Green, uno che aveva esordito nella sceneggiatura scrivendo quella di Il mucchio selvaggio; Martin Lewis, ultimo produttore di Sam; gli studiosi Michael Bliss, Gerard Camy, Paul Joyce e il già citato Seydor; la sorella Fern Lea Peckinpah. Last but not least Katy Haber.
Per l’Italia ricordiamo Umberto Mosca e Valerio Caprara, quest’ultimo involontario, ma felice protagonista di un siparietto. In quei giorni gli studiosi americani rivelarono al critico napoletano che la sua monografia pubblicata nel 1975 per Il Castoro, era il primo saggio scientifico mai scritto su Sam; per molti anni i colleghi di Caprara se lo erano fatto spedire dall’Italia, per poi tradurlo per i loro studi. Una scoperta che Caprara faceva un quarto di secolo dopo.
Sam Peckinpah: portrait fu presentato nella forma work in progress al Bergamo Film Meeting 2005; Hubert Niogret, critico di Positif, si innamorò del progetto al punto da volerlo coprodurre. Grazie a lui, nel gennaio 2006 io e Dalto inserimmo gli interventi di Corneau e di Olivier Assayas, autore di un’intervista tv fatta a Sam nel 1982.
Il documentario raccoglie quasi tutte le voci sopra elencate.
Chi volesse (ri)vedere Sam Peckinpah: portrait può farlo recandosi martedì 11 marzo alle ore 20.00 alla Casa del Cinema di Roma; la prestigiosa istituzione capitolina ha inserito il documentario all’interno della rassegna Peckinpah 100, iniziata lo scorso 2 marzo, con termine previsto per il 24.
Accorrete numerosi, Sam vi aspetta.
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