
Ritorna nelle sale, grazie a Lucky Red, uno dei thriller più sorprendenti mai mostrati sul grande schermo: il talento di Coppola (il cui modello in testa era Blow Up di Antonioni), un attore unico in uno stato di maturazione e immedesimazione destinati a produrre una performance di bravura minacciosa, un clima, quello degli anni ’70, quello del Watergate (negli Stati Uniti etichettato come pura “paranoia”) e un copione con un finale che lascia, letteralmente, a bocca aperta: una volta tanto è piuttosto trasparente la serie di cause ed effetti che hanno prodotto un capolavoro.
La storia. Harry Caul (Gene Hackman: nel copione Harry Cole – ma la segretaria nel trascrivere i titoli sbagliò lo spelling), maestro dell’intercettazione telefonica, spiando una coppia di amanti scopre il progetto di un omicidio. Ne diventa ossessionato: finirà per esserne testimone e per scoprire verità sconcertanti dietro il complotto.
Il film è uno dei più sorprendenti gialli mai ideati (solo nelle sequenze finali scopriamo il senso, i responsabili, il meccanismo del crimine), e allo stesso tempo la rappresentazione più penetrante e rivelatrice dell’America dell’epoca.
E’ una detective story di 113 minuti istruita con mezzi avvincenti e originali, condotta da un personaggio di statura romanzesca. Radicati nel punto di vista del protagonista (un Gene Hackman inimitabile, perseguitato dalla colpa e dalla fobia dell’intercettazione) la realtà ci appare come un gioco di manipolazioni inarrestabili e minacciose.
Raramente la tensione di un film sa contagiare di una visione del mondo gli spettatori a questo modo: anche noi, come il personaggio principale, siamo persuasi di una verità fittizia grazie all’uso sofisticato di un media, il cinema stesso, visivo e sonoro.
C’è bisogno di sottolineare quanto tutto ciò fosse brutalmente anticipatore rispetto all’incubo della falsificazione sistematica della realtà che l’uso distorto dei social e delle tecnologe ha diffuso nella nostra realtà quotidiana, e non solo nella cronaca?
Scritto e diretto in uno stato di grazia (il film anticipò addirittura il Watergate e fu realizzato tra Il padrino I e II), vinse la Palma d’Oro a Cannes. Il suono, decisivo per la natura stessa del film, è curato da Walter Murch, poi anche regista, che ha profondamente innovato le tecniche e il montaggio in questo settore.
Tra gli interpreti Joh Cazale, un attore leggendario della sua generazione, compagno di Meryl Streep, stroncato da un tumore: il suo ultimo film fu Il cacciatore, ma morì prima di riuscire a vederlo
Attenzione alla sequenza d’inizio (dall’alto di un grattacielo di Union Square a San Francisco) e a quella finale, che non somigliano a quasi nient’altro fatto al cinema. Harrison Ford fa capolino in una parte secondaria.
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