Prima di Emilia Pérez, la transessualità nell’arte. Una compilation

Nell’anno in cui la rappresentazione non binaria dell’identità sessuale raggiunge il palco dell’Oscar, ecco un viaggio nel mondo dell’arte che non l’ha mai ignorata

La storia dell’arte è un palinsesto di trasformazioni, sovversioni e rielaborazioni continue. Se l’identità è una costruzione culturale, l’arte si è spesso incaricata di destrutturarla, decostruirla, ridefinirla. Tra le molte narrazioni che hanno attraversato il tempo, la transessualità emerge come un fil rouge che percorre epoche e linguaggi artistici, raccontando la fluidità dell’essere. 

Non è una tematica nuova, ma piuttosto una costante che assume diverse sfumature a seconda del periodo storico e della sensibilità artistica – come dimostra un film come Emilia Pérez: la storia di un narcotraficante che cambia sesso chirurgicamente, che è diventato il film non in lingua inglese con più nomination di sempre nella notte degli Oscar. Comunque vada la cerimonia, Emilia Pérez, nonostante l’incredibile scia di polemiche che la sua attrice protagonista ha generato, ha già fatto storia.

Ma l’arte, che non conosce limiti o interdetti, ha da sempre lavorato sul polimorfismo e la fluidità dei generi sessuali. 

Dai miti greci alle performance contemporanee, il concetto di identità trans non è mai stato solo un fatto biografico o sociale, ma una vera e propria grammatica visiva capace di interrogare lo spettatore e lo stesso statuto dell’opera d’arte.

Il corpo in trasformazione: cinque esempi iconici

1. Ermafrodito dormiente – Scultura ellenistica (II secolo a.C.)

L’arte classica ha spesso celebrato l’ambiguità come luogo del sublime. L’Ermafrodito dormiente, celebre scultura ellenistica (di cui esiste una copia romana esposta al Louvre), ritrae una figura dall’apparenza femminile che, osservata da una diversa angolazione, svela una dualità inattesa. Questo corpo, che sfugge alla rigidità del binarismo, incarna l’idea di una bellezza che non si definisce per opposizione ma per fusione di elementi. Il fascino perturbante dell’Ermafrodito è la prova di quanto l’antichità avesse già compreso l’idea di genere come uno spazio mobile. 

2. Il San Sebastiano di Guido Reni (1615)

San Sebastiano di Guido Reni (1615).@Davide Oliviero

Il Seicento barocco, con la sua estetica del languore e del misticismo erotico, offre un fertile terreno per le rappresentazioni di corpi che sfidano le definizioni canoniche. Il San Sebastiano di Guido Reni, con il suo volto delicato e il corpo idealizzato, incarna un’estetica ambigua che sembra riecheggiare i canoni dell’androgino rinascimentale. Spesso celebrato come una delle immagini più queer della storia dell’arte, il suo volto privo di connotazioni mascoline rigide diventa uno spazio di proiezione per molteplici interpretazioni.

3. Claude Cahun e la fotografia surrealista (1920-1930)

Claude Cahun e la fotografia surrealista (1920-1930). @Davide Oliviero

Se il Novecento è stato il secolo della decostruzione, l’arte fotografica di Claude Cahun ne è stata uno degli emblemi. Artista surrealista, Cahun (nata Lucy Schwob) ha costruito un’identità fluida attraverso il travestimento e la messa in scena della propria immagine. I suoi autoritratti la ritraggono in pose ambigue, sfidando le categorie di genere e anticipando molte delle istanze contemporanee dell’arte trans. La sua opera più iconica, un autoritratto del 1927, la mostra con i capelli rasati, lo sguardo enigmatico e una giacca maschile: un manifesto visivo della non-binarietà ante litteram.

4. Candy Darling – Musa della Pop Art (1960-1970)

Candy Darling – Musa della Pop Art (1960-1970). @Davide Oliviero

L’arte trans esplode con la Pop Art e la Factory di Andy Warhol, dove la modella e attrice Candy Darling diventa una delle figure più emblematiche. Con il suo volto etereo e la sua aura di diva hollywoodiana, Darling sovverte l’idea stessa di icona pop. I ritratti che Warhol le dedica non sono semplici celebrazioni estetiche, ma atti di riconoscimento di una realtà che esisteva ai margini della società. La sua immagine, immortalata nelle serigrafie e nei film di Warhol, è il simbolo di un’epoca in cui il concetto di celebrità e genere iniziava a farsi liquido.

5. Cassils e la performatività del corpo trans (oggi)

Cassils e la performatività del corpo trans (oggi). Davide Oliviero

Se l’arte contemporanea ha un merito, è quello di aver reso il corpo trans non più un soggetto da rappresentare, ma un linguaggio in sé. L’artista Cassils utilizza la performance per esplorare il corpo come territorio politico, sottoponendosi a intense trasformazioni fisiche che sfidano la percezione del genere. Nelle sue opere, il sudore, la muscolatura in tensione e la resistenza diventano strumenti di affermazione dell’identità trans. Il suo lavoro Becoming an Image (2012) è una performance in cui lotta contro un blocco di argilla nel buio, illuminato solo dai flash della fotografia: un’immagine potente che evoca la lotta per l’auto-definizione in un mondo che tenta di rendere invisibili i corpi non conformi.

La transessualità nell’arte non è solo una questione di rappresentazione, ma una riflessione più ampia su cosa significhi essere umani in un mondo che ama le categorie nette. Ogni epoca ha rielaborato l’idea di genere attraverso il proprio filtro culturale, mostrando come l’identità non sia mai stata un monolite, ma un gioco di specchi in continua evoluzione.

Oggi, più che mai, il dialogo tra arte e transessualità è una delle voci più forti della contemporaneità. In un mondo che tende a irrigidire le identità, l’arte continua a ricordarci che la bellezza esiste proprio nelle sfumature.