
Dopo aver vinto per due volte l’Orso d’Argento per la miglior regia – nel 1995 con Prima dell’alba e nel 2014 con Boyhood – Richard Linklater torna in concorso alla Berlinale con Blue Moon. Il film, interamente ambientato in un’unica location, si svolge nella notte del 31 marzo 1943, subito dopo la prima del musical Oklahoma!, che segna il definitivo successo del compositore Richard Rodgers, mentre il suo ex collaboratore, il paroliere Lorenz Hart, morirà tragicamente sette mesi dopo.
Il cinema di Richard Linklater è da sempre incentrato su due elementi imprescindibili: il tempo e il lavoro che esso compie sulle connessioni tra esseri umani. Blue Moon cattura entrambi con precisione, cristallizzando un momento fugace, forse non significativo nel grande schema della Storia, ma importantissimo a livello umano. In un bar, Hart trascorre la serata immerso nella sua passione per la bellezza e per le parole, alla disperata ricerca di un contatto umano. A interpretarlo è uno straordinario Ethan Hawke, che regala una delle performance più profonde e toccanti della sua carriera. L’attore è in grado di rendere divertenti i momenti tristi, malinconici i momenti di commedia, appassionanti i lunghi monologhi che costellano una sceneggiatura densissima.
Attorno ad Hart orbitano una serie di personaggi che, in modi diversi, influenzano la sua esistenza. Linklater riesce a tratteggiare anche loro con profondità e umanità, offrendo interpretazioni stratificate che lavorano sui gesti e sulle espressioni tanto quanto sulle parole. Margaret Qualley è la giovanissima donna di cui Hart è attualmente innamorato, mentre Andrew Scott veste i panni di Richard Rodgers, l’ex partner artistico. La gestione del personaggio di Scott è particolarmente impressionante: è un personaggio che per come è scritto e per il ruolo che ha nella vita di Hart potrebbe facilmente diventare un antagonista. Invece, Linklater e Scott lo trasformano in una figura empatica e tridimensionale.
Il film si apre con la morte di Hart, seguita da un salto temporale all’indietro di sette mesi, fino alla notte della prima di Oklahoma!. Fin dall’inizio, la narrazione è pervasa da un senso di ineluttabilità malinconica. La serata al bar Sardi’s assume così i contorni di una veglia funebre anticipata: Hart, il cui problema con l’alcol è evidente e più volte sottolineato, continua a bere, mentre attorno a lui si festeggia. In un primo momento, il suo sarcasmo e il suo carisma danno alla scena un’aria quasi spensierata, ma a poco a poco ogni bicchiere pesa di più, ogni sorso diventa meno leggiadro.
Blue Moon lavora su questi particolari e su questi dettagli per tutta la sua durata. Simbolo di questo approccio è la frase che Hart cita da Casablanca ad inizio film: «Nessuno mi ha mai amato così». La prima volta viene utilizzata in un contesto discorsivo all’interno di uno sproloquio intellettuale. Viene poi ripetuta una seconda volta, verso la fine del film, assumendo un peso emotivo completamente diverso, chiudendo il cerchio con una potenza straordinaria.
Si tratta di un film che mette in scena un’umanità rara, un film capace di voler bene a tutti i suoi personaggi con una forza empatica sconvolgente. Richard Linklater crede nei rapporti umani in modo genuino e mai stucchevole, regalando l’ennesimo grande film di un regista mai abbastanza celebrato.
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