“Io e il fantasma della Duse”: Sonia Bergamasco, che verrà premiata ad Attorstudio Milazzo Film Festival, inizia un tour con il suo film dedicato alla più grande attrice di sempre

Si chiama Duse, the Greatest e sarà in sala dal 3 febbraio, il documentario della Bergamasco con rari documenti e importanti testimonianze, frutto di un lavoro iniziato sul palco

È stata la più grande di tutte, Eleonora Duse. Ha influenzato Greta Garbo, Anna Magnani, Marilyn Monroe. Charlie Chaplin diceva “è la più grande artista che abbia mai visto”. Anton Cechov rimase folgorato da lei. E ora un film pone la domanda doverosa: ma chi era, chi è stata Eleonora Duse?  

È un documentario diretto da Sonia Bergamasco, una delle attrici italiane più duttili, intelligenti, consapevoli. Si chiama Duse, the Greatest. Duse, la più grande. Sarà presentato in questi giorni in varie città d’Italia. E racconta la ricerca di un fantasma. 

È un fantasma, Eleonora Duse. Di tutta la sua carriera teatrale non ci sono filmati. Dalla fine dell’Ottocento, la Duse si ritirò dalle scene nel 1909, per poi ritornarvi un’ultima volta, per una tournée in America, nel 1924, che le fu fatale. Thomas Edison, l’inventore del fonografo, registrò la sua voce: ma le incisioni andarono distrutte, in uno degli incendi che funestarono i primi anni del cinema e della registrazione sonora.  

Duse Bergamasco

Così, di lei ci rimangono solo le immagini tremanti, remote di un film, l’unico che Eleonora Duse interpretò: Cenere, di Fabio Mari, del 1916. Un film che non ebbe fortuna. Ma è sufficiente, per darci l’idea di un talento gigantesco. Nel film la Duse è vecchia, i capelli bianchi sono quasi l’unica cosa che emerge da un corpo magro, intabarrato in un mantello scuro. Sembra voler evitare la macchina da presa. Le volta le spalle, si nasconde. Eppure, o forse anche grazie a questo, riusciamo a percepire la sua immensa modernità. Struccata, e anni luce, ere geologiche, millenni avanti all’attor giovane con cui si confronta, Febo Mari, dalla recitazione carica, “da cinema muto”. 

Per venire a capo del “fantasma Duse”, Sonia Bergamasco è andata a scovare interviste televisive a Luchino Visconti, che fece in tempo a vedere la Duse a teatro; ed è andata a interrogare attrici che hanno avuto, ciascuna in modo diverso, un rapporto profondo, ideale e personale, con la Duse. Da Ellen Burtsyn a Helen Mirren, fino a Valeria Bruni Tedeschi.

Sonia Bergamasco, da che cosa è partito il desiderio di fare questo film?

Sono anni che sono, in qualche modo, ossessionata dalla figura di Eleonora Duse. Ho accumulato materiale, nel corso degli anni, per un lavoro teatrale: senza mai pensare di incarnarla, sia chiaro. Ma avrei voluto raccontarla, attraverso lo sguardo degli altri. Poi è arrivata l’occasione di realizzare questo film documentario. 

Non ci sono tanti documenti filmati né registrazioni sonore delle sue performance. È così?

Sì. Non ci sono riprese filmate dei suoi spettacoli. Si sottraeva, per desiderio di riservatezza e per carattere, alla ‘riproducibilità tecnica’ della sua arte. La sua voce fu registrata soltanto da Edison, ma quelle incisioni fonografiche sono andate perse in un incendio. E al cinema si è concessa una volta soltanto.

Quale fu il suo rapporto col cinema, in quell’unica occasione?

Alla fine, detestò quel film che aveva voluto così tanto. Eleonora Duse era amica di Grazia Deledda, l’autrice del racconto da cui il film è tratto. Si è accostata al film portandovi alcuni suoi collaboratori: pensava di esserne autrice, in qualche modo. Invece scoprì prestissimo che il cinema – che pure adorava – era una lingua del tutto diversa dal teatro. Per il documentario abbiamo lavorato sul film come con una sonda, cercando di entrare nei dettagli. Scoprendo dei momenti di emozione pura, come quando Eleonora Duse guarda in macchina: forse per sbaglio, forse intenzionalmente. Ma guarda noi. E ancora oggi, dopo più di un secolo, continua a guardarci e ad emozionare.

Ma è vero che poi anche David Wark Griffith la cercò per un ruolo?

Sì: per Intolerance. Ma lei si oppose. E fece bene, ne sono sicura. Dentro il cinema così strutturato, così organizzato, di Griffith, lei sarebbe stata solo un tassello, un primo piano fra altri, tagliuzzata nel montaggio. È vero, però, che l’America la adorò: Mary Pickford volle a tutti i costi incontrarla, e John Barrymore si inginocchiò davanti a lei”. 

In definitiva che idea ha potuto farsi della Duse, al di là dell’enorme talento?

Penso a una donna riservatissima, che è tuttavia enormemente generosa. Che è capace di regalare ad un’attrice venticinquenne l’anello di sua madre. Che si è spogliata di ogni cosa, arrivando sempre a cercare l’essenza delle cose.

Lei ha anche dedicato una performance teatrale alla Duse… 

Si chiama La Duse e noi. Nasce da una selezione di lettere dall’archivio Eleonora Duse, scelte insieme alla studiosa Marianna Zannoni, che ha collaborato con me alla drammaturgia. È una lettura scenica nata da una proposta dell’Istituto del melodramma della fondazione Giorgio Cini di Venezia, che accoglie un archivio ricchissimo di documenti relativi all’attrice. Abbiamo fatto la prima allo Squero, in un teatro architettonicamente unico al mondo, nell’isola di San Giorgio.

Perché è unico al mondo?

Perché dietro il palco la parete è formata da una grande vetrata che dà sulla laguna di Venezia. Quindi dietro l’attore ci sono l’acqua e il cielo. Il giorno della ‘prima’, c’era appena stata una spaventosa tempesta: ero in scena con questo spettacolo della natura dietro di me. 

Che cosa ha imparato dalla Duse, lavorando su di lei, e in qualche modo “con” lei?

Ho sentito che mi parlava, con il suo modo di affrontare le cose, di stare nella vita. Mi ha insegnato molto, rispetto alla mia fragilità. Mi ha fatto molto bene questo amore, questa amicizia a distanza con lei”.

Lo spettacolo La Duse e noi sarà al teatro Gerolamo di Milano il 7, l’8 e il 9 febbraio. Sofia Bergamasco presenterà il documentario Duse. The Greatest al Troisi di Roma il 3 febbraio, al Sivori di Genova il 4, al Modernissimo di Bologna il 5, al Lumière di Bologna il 6, e poi ancora a Milano, Brescia, Torino – cinema Massimo, 10 febbraio – a La Compagnia di Firenze l’1, a Prato, Napoli, Avellino, Parma, Reggio Emilia e Modena. 

Il “tour” proseguirà nelle Marche, in Romagna e in Veneto fino a fine febbraio. Duse, the Greatest sarà proiettato ad Attorstudio Milazzo Film festival, in programma dal 6 al 9 marzo al teatro Trifiletti della città siciliana dove la Bergamasco sarà premiata, insieme a Srrgio Rubini e Vanessa Scalera con l’cting Award. “Mi sono presa un mese di break da ogni altro impegno, perché tengo in modo incredibile a questo lavoro, a far conoscere l’opera di Eleonora Duse. E perché so quanto sia cruciale essere presenti, accompagnare con la propria parola l’esperienza della visione di un film del genere”.