Il teatro non è morto: anzi, sta benissimo

Dopo la pandemia, tutti davano il sipario chiuso per sempre. Invece il pubblico è tornato, affamato di palcoscenico e stanco di streaming.

Per anni si è detto che il teatro fosse in crisi. Troppo lento, troppo difficile, troppo “vecchio”. Poi è arrivata una pandemia globale, ha spento tutto, e improvvisamente la gente si è ricordata che niente è più vivo di un attore che ti sputa (letteralmente) le battute in faccia dalla scena. Ora, a quattro anni di distanza da quella grande chiusura, il teatro italiano non solo è tornato, ma si è rimesso a correre. E lo fa pure con un certo stile. Altro che arte morente: oggi il palcoscenico è il posto più affollato (e desiderato) dopo l’open bar a un matrimonio.

Nel 2023 si è registrato un ritorno di pubblico che ha sorpreso anche i più ottimisti. Il 35,2% degli italiani sopra i sei anni ha partecipato ad almeno un evento culturale dal vivo, secondo i dati del Ministero della Cultura. E il teatro, signore e signori, ha fatto la sua parte eccome: l’11% di spettacoli in più rispetto al 2019. Come a dire che, se prima c’era un po’ di timidezza nel comprare un biglietto, adesso si va più spediti – sarà per il bisogno di tornare a respirare insieme, sarà che dopo mesi di streaming anche le letture di un monologo sembrano un rave.

Le stagioni teatrali hanno ricominciato a viaggiare spedite, i cartelloni sono pieni di titoli e i botteghini vendono. No, non è un sogno: è il segno che la gente ha voglia di esserci. E non solo di cliccare su “aggiungi al carrello

I festival vanno a gonfie vele, le stagioni stabili registrano sold out degni di un concerto pop, e le nuove drammaturgie – udite udite – hanno trovato un pubblico attento e curioso. 

Non è più solo il teatro del “grande classico” o del solito repertorio, ma quello che osa, che si reinventa, che si mescola con danza, performance, installazioni. La parola magica è: esperienze. E il pubblico, soprattutto quello giovane, le vuole. Non più solo spettatori passivi ma partecipanti attivi, coinvolti in spettacoli site-specific, percorsi immersivi, persino rappresentazioni in luoghi improbabili (un parcheggio? Una cantina? A quanto pare, tutto fa teatro).

Un tempo c’era “la stagione teatrale”. Ora sembra esserci una mappa del tesoro, dove ogni spettacolo è un’isola da scoprire.

E i soldi? Perché è vero che l’arte salva l’anima, ma anche il botteghino vuole la sua parte. 

L’Osservatorio SWG del 2024 racconta di una spesa media per la cultura di 86 euro al mese. Meglio del buio pesto del 2022, certo, ma ancora lontani dai bei tempi in cui si spendevano 113 euro al mese senza battere ciglio (parliamo del 2019, ma sembra un’altra era geologica). 

Eppure, il trend è chiaro: si torna a investire in cultura, anche se magari si preferisce l’acquisto del biglietto singolo piuttosto che l’abbonamento da fedelissimo. 

La flessibilità, del resto, è il nuovo mantra. Ma chi se ne importa, l’importante è che la gente ci sia.
E ci sono. Anzi, reclamano prime file, programmazioni meno scontate, registi coraggiosi. Perché il pubblico, oggi, non è solo tornato: è pure diventato esigente.

Il rito collettivo del cinema, invece, sembra essersi sfilacciato: troppi schermi a casa, troppe serie tv da rincorrere, troppe comodità per rinunciare al telecomando e prendere la macchina per raggiungere una multisala. E se il cinema non riesce a far riscoprire il valore della visione condivisa, il teatro invece ci è riuscito, eccome.

Il teatro non offre repliche. Non offre “rivedi dopo”. È un appuntamento a cui devi presentarti in carne e ossa. E questa, in tempi di realtà virtuali e filtri, è un’idea che piace. Anzi, emoziona.

Forse non è mai stato vero che il teatro fosse in crisi. Forse era solo il pubblico ad aver bisogno di un richiamo forte per ricordarsi da dove si viene: da una storia millenaria di uomini e donne che raccontano il mondo dal vivo. 

Il teatro oggi non è un lusso per pochi, ma un bisogno condiviso. Una piazza dove ci si incontra per farsi raccontare – senza schermi – chi siamo: la gente, sembra pronta ad ascoltare.