Il Gran Finale di The Handmaid’s Tale: tra Rivoluzione, Speranza e Malinconia

Elisabeth Moss racconta la sua ultima stagione nei panni di June Osborne

LOS ANGELES – Dopo sette anni di tensioni crescenti, soprusi sistematici e resistenze silenziose, The Handmaid’s Tale si prepara a chiudere il cerchio con la sua sesta e ultima stagione. La serie cult targata Hulu, che ha saputo trasformare la distopia in un potente strumento di riflessione politica e sociale, è tornata a far parlare di sé durante la premiere mondiale tenutasi al TCL Chinese Theatre di Hollywood, mercoledì scorso. Per l’occasione, il celebre cinema è stato trasformato in un omaggio visivo a Gilead, con un grosso gruppo di donne che vestivano mantelli rossi e cuffie bianche per richiamare l’iconografia ormai simbolo della serie.

Elisabeth Moss, protagonista e produttrice esecutiva, diventata nel corso degli anni l’anima pulsante di questo show in arrivo dall’8 aprile su Timvision, dal palco dello storico cinema ha parlato del suo legame con il personaggio di June Osborne, ruolo che più di ogni altro l’ha resa un’icona femminista.  “Ho avuto l’onore di passare gli ultimi nove anni non avendo questo show come parte della mia vita, ma vedendolo diventare la mia intera esistenza – ha spiegato l’attrice dal palco – E quando guardo indietro, penso che la cosa più importante sia stata lavorare con un gruppo di persone che mi hanno insegnato il significato di arte, professionalità e dedizione. Non solo i nostri bravissimi autori e cinematografi, ma tutta la crew fino all’ultimo tecnico o autista. Voi siete i veri eroi senza i quali tutto questo non sarebbe stato possibile, voglio ringraziarvi sinceramente per ispirarmi ogni giorno”.

Prima di lanciare il primo episodio della sesta stagione, da lei diretto e prodotto, oltre che interpretato, la Moss ha anche voluto soffermarsi sulla situazione politica e sociale attuale degli Stati Uniti: “Questo è un periodo in cui il messaggio lanciato da The Handmaid’s Tale è più importate che mai. In questo momento è troppo facile odiare, troppo semplice lasciarsi attrarre dall’oscurità e scagliarsi contro persone che non riusciamo a capire. Queste nostre ultime dieci puntate invitano ad andare, come ha scritto Margaret Atwood ( autrice del romanzo da cui è tratta la serie), verso la luce. Invita a guardare oltre le nostre differenze e chiede di avere speranza. Perché, per noi, questa stagione parlerà d’amore. Racconterà quanto sia importante non smettere mai di lottare per la libertà di coloro che amiamo. Ma la rivoluzione non è un personaggio televisivo, la rivoluzione siete voi. Quindi lasciate che questa rivoluzione abbia inizio”.

Sul tappeto rosso, l’artista nata il 24 luglio del 1982 che l’anno scorso ha avuto il suo primo figlio, ha approfondito insieme a noi quello che ritiene essere il significato più profondo di The Handmaid’s Tale.

THR: Cosa ne pensa del fatto che tantissime donne, in tutto il mondo, abbiano iniziato a parlare dei propri diritti, anche grazie a questa serie in cui lei ricopre diversi ruoli fondamentali? 

EM: “ Intanto vorrei dire che per me è un enorme privilegio, una cosa che non ho mai dato per scontato e di cui non rivendico il merito. Perché in questo progetto ci sono moltissime persone coinvolte, che hanno contribuito a creare il personaggio di June Osborne e l’intero show. Detto questo, sapere che abbiamo aiutato a riaccendere la conversazione sui diritti delle donne, è un grande onore per me”.

THR: Molte cose si sono mosse in questo senso negli ultimi anni, crede che possiamo essere ottimisti riguardo al futuro?

EM: “ Questa ultima stagione parla anche della luce alla fine del tunnel. Non ci tiriamo indietro quando dobbiamo trattare argomenti difficili e oscuri, accettiamo la realtà delle sfide che tutti noi al giorno d’oggi dobbiamo affrontare. Ma la cosa più importante per noi, è che in questa stagione, troverete un messaggio di grande speranza”.

Con quindici Emmy, due Golden Globes, tre Critics’ Choice Awards e decine di altri premi vinti, The Handmaid’s Tale è sicuramente una delle serie di maggiore successo degli ultimi dieci anni. Dietro a questi trionfi c’è anche il merito di chi ha adattato l’omonimo romanzo del 1985, trasformandolo nel prodotto televisivo che è oggi. Bruce Miller ha scritto questo show fin dal primo episodio e sul red carpet, davanti ai nostri microfoni, ha lasciato trapelare un pizzico di malinconia.

THR: Dopo sei stagioni e dieci anni di lavoro, siamo arrivati al gala fiale, questo deve essere un momento bello ma anche nostalgico per lei?

BM: “Certamente, c’è un pizzico di malinconia. Siamo stati sulle prime pagine di diversi giornali, ma quello che mi mancherà di più è la famiglia che abbiamo creato mentre davamo vita a questo show”

THR: Quanto è difficile trattare certi temi, particolarmente in un periodo in cui la realtà sembra somigliare sempre di più alla fiction?

BM: “ Non è affatto semplice, soprattutto per gli attori. Quando porti in scena certi personaggi oscuri, in un periodo come questo, è difficile poi sciacquarseli di dosso e proseguire serenamente con la propria vita. Per quanto riguarda me, non ho bisogno di addentrarmi più di tanto nel mondo per prendere ispirazione. Non devi scavare a fondo per trovare luoghi e Paesi in cui la società è crudele con le persone e con le donne in particolare. In questo senso però, io la vivo come la possibilità di raccontare eventi che si avvicinano alla realtà, ispirando, si spera, opinioni reali sul mondo di oggi”.