Hidden Set /Maricetta Lombardo, la maga del suono:”Mi appoggio al bordo del fotogramma e lavoro sull’invisibile”

Fedele collaboratrice di Stefano Sollima e Matteo Garrone, tra gli altri, cattura i suoni e le parole sul set: ma anche tutti i silenzi, diversi, del mondo

Ha l’aria sognante e al contempo solerte. L’esperta del suono, Maricetta Lombardo, ci ha raccontato il suo mestiere, quello dell’ascolto. Un’arte preziosa, spesso sottovalutata, che è invece fondamentale. Ha vinto cinque Nastri d’Argento e tre David di Donatello e definisce il suo approccio sempre naif. Lavora con l’invisibile. La troviamo nel suo salotto, circondata da opere d’arte: tele e sculture del marito, Bruno Melappioni; un quadro di Matteo Garrone; un Hogre; delle fotografie scattate da lei stessa; un Hitchcock di cartone che perlustra la stanza; la locandina del film Tickets, al quale ha lavorato, autografata da Kiarostami.

Come si va a caccia del suono?

Si va col cuore. Amo stare in cuffia. Un’attenzione che ho sempre avuto e che, con l’allenamento del lavoro, si è acuita. Sono una persona introversa. Forse questo mi porta ad astrarmi dai posti. Quando sono sul set, è più difficile. Sono legata a un’idea del cinema formatasi nel passato, non amo la confusione del video village. Sono concentrata. È un lavoro estremamente faticoso e toglie energie. In mezzo a tanti rumori, devo capire se c’è qualcosa che potrebbe dare fastidio alle riprese sonore. Conosco il materiale che ho raccolto che poi verrà scoperto in post produzione. Il suono è un po’ bistrattato sul set. Veniamo visti come dei rallentatori e del resto lavoriamo sull’invisibile

Hai scoperto che il silenzio non esiste… 

È sempre abitato da qualcosa o da qualcuno. Ho provato due volte questa sensazione. In Abruzzo in mezzo alle montagne e in Marocco nel deserto. Erano due silenzi ovattati ai quali non siamo abituati. Quando lo si incontra fa impressione. Mi è capitato durante il Covid di realizzare una piccola cosa alla quale sono legata. Ho messo insieme una sequenza di fotografie scattate in quel periodo, arricchendole con il suono che ho registrato dal balcone di casa di notte. Dalle 23:30 all’1:00 circa le strade erano abitate da povera gente che non sapeva dove andare. Urla ancestrali e un malessere acuto che veniva fuori in modo più accentuato a causa del silenzio. Ho intitolato questa piccola clip Divina Covid, pensando a un girone dell’inferno.

Hai viaggiato molto facendo questo mestiere…

Per Io capitano siamo diventati anche noi migranti, dal Senegal alla Sicilia. Abbiamo viaggiato insieme e condiviso emozioni di vita, come ogni volta accade. Tutti i viaggi arricchiscono. A me piace tantissimo andare in giro per lavoro e vivere i posti in cui mi trovo. Non mi risparmio mai. Non posso andare in Brasile o a Dakar e fare solo vita da set. A Tangeri nel 2010, durante la lavorazione di Romanzo criminale, non volevano farmi uscire dall’albergo. Due ragazzini mi hanno seguito per tutto il tempo, dicevano che non si poteva andare in giro da soli, cosa che non mi è più accaduta. Ci sono persone che preferiscono stare comodamente in hotel. È una questione di carattere.

Ti sei mai trovata in pericolo per andare a caccia del suono? 

Ma, insomma, niente di trascendentale.Una volta in Israele stavamo tornando da una giornata di lavoro in giro per il territorio Palestinese ed eravamo ad un posto di blocco. File lunghissime, si stava  tutti fermi. Camminavo tra le macchine e sentivo urlare ma non pensavo dicessero a me. Hanno sparato in aria! Uno mi ha toccato e mi ha detto che era meglio tornare all’auto. Ricordo quando stavamo girando Reality, con il compianto Marco Onorato, direttore della fotografia, andammo a girare la Via Crucis al Colosseo. Avevo un’attrezzatura abbastanza visibile e un microfono stereo molto ingombrante. Non so come abbia superato la sicurezza. Sono stata lì in quella folla a registrare. Oggi mi avrebbero sicuramente bloccata. Un’altra volta, in un mercatino in Moldavia a Chișinău, mi avevano detto che sarebbe stato meglio non registrare ma io andai. Una guardia mi prese per la giacca e mi sbattè dentro un gabbiotto. Per fortuna uno della produzione se n’è accorse e venne a recuperarmi. Se no, ancora là stavo.

Hai registrato suoni anche negli istituti penitenziari? 

Sono stata, in questi giorni, in carcere per registrare suoni per un film al quale ho lavorato di recente. Sono dei posti che gridano di dolore. Ti si attacca addosso. Mi è capitato di fare il film, oggi cult in Brasile, Estomago ed eravamo in un’ala del carcere abbandonata, ma nonostante questo, intrisa di sofferenza. Forse abbiamo un’idea del delinquente, del carcerato che è un po’ un cliché. Quando giri in quei posti, dove ci sono dei reclusi, vedi delle persone che hanno fatto un errore che potremmo fare anche noi. La normalità della disperazione mi tocca sempre moltissimo. A Poggioreale mi sono fatta chiudere in una cella per cinque, sei minuti per Gomorra – lasSerie. È stato molto coinvolgente. 

Il film a cui sei più legata? 

Estate romana, nonostante non abbia un bel suono. Il film dev’essere bello nel suo insieme, non solo nel suono. Quando non ho cose belle in cuffia faccio fatica, viene lo scoramento. Sono siciliana, tendo a essere sempre drammatica.

Con Stefano Sollima e Matteo Garrone c’è un sodalizio… 

Con Stefano Sollima lavoriamo insieme dal 2006. Ci siamo incontrati casualmente per una serie di film per la Rai. E si è instaurato questo rapporto di amicizia e di stima reciproca.  Adagio penso sia un film un pò sottovalutato. Abbiamo girato in posti sempre molto rumorosi. Con lui è sempre divertente lavorare. Alza sempre l’asticella. Per abitudine sto sempre molto vicina al set perché mi piace guardare la scena e Stefano dice sempre che da me in poi inizia il fuoricampo, la zona che non verrà inquadrata. Mi appoggio al bordo del fotogramma reale della scena. Matteo Garrone è una persona per cui nutro una stima immensa e un affetto profondo. Ci siamo conosciuti nel 1998 dopo i suoi primi due film Terra di mezzo e Ospiti. È bello girare con lui anche se il lavoro è complesso. Non si può pianificare nulla; lui ha il suo film in testa e gira in modo libero. Ovviamente leggo le sceneggiature a monte, anche perché devo fare un piano di lavoro. La sera prima rileggo sempre le scene che andremo a girare l’indomani. Mi piace stupirmi: dei posti, delle sensazioni, delle persone che incontri. Queste commistioni sono belle, quando arriva la finzione nella realtà. 

Citi spesso il tuo maestro, Bruno Pupparo. Qual è l’insegnamento più grande che ti ha lasciato? 

Durante la post produzione del film Vesna va veloce di Mazzacurati, mi trovai a trascrivere un ambiente fatto da lui. Un esterno alba stereo registrato a Rimini. Me lo ricordo ancora. Era un fondo bellissimo. Il risveglio della natura. Questo mi ha insegnato, ad ascoltare.

C’è una voce, di un attore o un’attrice, che ti ha conquistata?

Victor Cavallo in Estate romana è un bel ricordo. Girai un film, Giravolte (di Carola Spadoni), in cui c’erano sia lui che Drena De Niro, la figlia di Robert De Niro, doveva recitare con un filo di voce ma aveva un timbro meraviglioso. Mi è rimasta impressa. Aveva un corpo, quella voce, incredibile. Di recente ho lavorato con Matilda De Angelis. È mostruosa, una professionista eccezionale.

Il tuo primo amore? 

La musica. I Led Zeppelin: dinamite pura. E Frank Zappa. Con i miei nipoti ora ci scambiamo la musica. È bello conoscere cose nuove. E mi sono appassionata a Liberato. Mi diverte. Ho già il biglietto per il prossimo concerto.