
L’unione fa la forza. È questo il messaggio del docufilm Womeness, di Yvonne Sciò, che andrà in onda su Sky Arte dall’8 marzo, in occasione della festa della donna.
È un’opportunità, soprattutto per i più giovani, per scoprire cinque donne che hanno fatto la storia. Dall’artista verbo-visiva Tomaso Binga, che ha scelto un nome d’arte maschile proprio per ironizzare, polemizzando con leggerezza, lo stato dell’arte declinato al maschile; alla scrittrice Dacia Maraini; alla politica Emma Bonino (che compie 77 anni proprio l’8 marzo); alla cantante e ballerina iraniana Sussan Deyhim, che negli anni ’70 riuscì a sfuggire al regime; alla pittrice giapponese, Setsuko Klossowska De Rola, musa e moglie di Balthus.
Tra le immagini in bianco e nero dell’archivio Luce Cinecittà, conosciamo gli sguardi di queste donne coraggiose che ci portano lontano, a quando si cominciavano a percuotere i tamburi della rivoluzione del ‘68.
“Io Sono una Carta”, la performance poetica di Binga, apre le danze, tracciando così un fil rouge tra la parola, il linguaggio e il corpo, quello femminile. L’artista, sposata con uno storico dell’arte, ha dovuto fare i conti con la sindrome dell’impostore: “Avevo paura che le mie opere non piacessero, che i complimenti fossero frutto del mio legame affettivo.”
La pittrice giapponese Setsuko racconta, invece, di essere stata definita “l’ombra di Balthus”. “Con lui mi sentivo come all’interno di una sua opera, poi quando se n’è andato sono uscita dal quadro e ho cominciato la vita”, afferma commossa, mostrando la grande stanza affrescata, dove ha iniziato a dipingere.
Bonino si interroga sulle giovani d’oggi, su come recepiscono le femministe del passato. “Non siamo uguali”, afferma. E c’è un retrogusto di scompenso: qualcosa è stato frainteso nel passaggio di testimone.
Sorprende, Maraini, raccontando episodi della sua infanzia vissuta in un campo di concentramento giapponese; i suoi genitori erano considerati traditori della patria. La vediamo a Centocelle, lavorare ad uno spettacolo teatrale che dà voce alle donne, ricordando che, per gran parte della Storia, le donne sono state escluse dal teatro.
Dalla recitazione, si passa alla danza, dove è nato l’amore per la musica di Deyhim. Poliedrica e libera, la cantautrice si è sempre spinta oltre per sprigionare una creatività fatta di sinfonie immaginifiche. Musa di Horowitz, si è anche ispirata a lui, rivoltando l’asse, inquadrandolo come sua musa.
Ciò che lega queste donne, che le porta insieme, da punti remoti del mondo, è lo spirito combattente. E come per una marcia pacifica, queste donne vengono unite, in una battaglia che continua, dallo schermo alle piazze.
Il buon intento resta, però, troppo in superficie. Come se queste cinque magnifiche donne fossero messe in vetrina; come un trailer di vite rivoluzionarie che non solo hanno visto il mondo cambiare ma lo hanno plasmato. Se è l’eguaglianza l’obiettivo, bisogna dare alle questioni femminili lo stesso spazio, lo stesso tempo, le stesse sfumature che abbracciano tutte le declinazioni dell’essere donna – perché, come afferma Bonino, “Se non lo facciamo noi, chi lo deve fare?”
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