Mefistofelico, gelido, malinconico: Maurizio Lombardi, un attore dal volto inconfondibile

Da M a Ripley, da The Young Pope a Blade Runner 2099, incontro con un attore italiano tra i più richiesti dalle produzioni internazionali

Con quel volto alla Buster Keaton, impassibile proprio come lui, con quella recitazione così poco “mediterranea”, così poco gesticolante ed enfatica, con il suo inglese perfetto, Maurizio Lombardi è davvero l’attore italiano che non ti aspetti: e non sorprende che sia uno di quelli più richiesti all’estero, in Italia, ha da poco finito di interpretare Gabriele D’Annunzio nel film Alla festa della rivoluzione di Arnaldo Catinari, con Riccardo Scamarcio, Valentia Romani e Nicolas Maupas. 

Mefistofelico, gelido, malinconico, perplesso, blasé, flemmatico, elegante, che ti guarda senza dire niente, ere il cardinale omosessuale Mario Assente nelle serie The Young Pope e The New Pope di Paolo Sorrentino. Abbiamo visto il suo volto lunare in Tutti i soldi del mondo di Ridley Scott, nella miniserie internazionale. Il nome della rosa tratta dal best seller di Umberto Eco. 

Lo abbiamo ritrovato nel ruolo dell’ispettore Pietro Ravini nella miniserie Ripley di Steven Zaillian per Netflix, e in M – il figlio del secolo di Joe Wright, nel ruolo del capo della polizia fascista Emilio De Bono. Nel frattempo, ha trovato il modo di vincere un meritatissimo Nastro d’argento come miglior attore in un film commedia per Romeo è Giulietta di Giovanni Veronesi, e ad interpretare il padre scettico di Gianna Nannini in Sei nell’anima di Cinzia TH Torrini.

Il futuro, per lui, è sempre al crocevia fra personaggi italiani e grandi produzioni internazionali. Come Blade Runner 2099, la serie Prime Video che ha finito di girare in Repubblica ceca, con Michelle Yeoh e Hunter Schafer nel cast. 

Maurizio, qual è il tuo ruolo?

Vediamo che cosa posso dire senza farmi uccidere. Sono uno che lavora per la Tyrrell Corporation, l’azienda che produceva i mutanti. Ora, naturalmente, anche i mutanti sono dotati di capacità nuove.

Avete girato a Praga, in studi cinematografici molto richiesti dalle produzioni internazionali.

È come una Cinecittà enorme, e molto, molto organizzata. 

Mi sembrava di ricordare che Blade Runner fosse uno dei tuoi film preferiti. Che effetto fa essere parte di quell’universo?

Sì, è vero, Blade Runner è il mio film di riferimento, da sempre. E il fantasy è il genere che mi piace di più in assoluto. Non è un caso che il mio spettacolo, è un one man show che porto a teatro, si chiami. Ho visto cose, che è l’incipit del dialogo più celebre di Blade Runner, e uno dei più celebri di tutto il cinema.

A proposito, di che cosa parla. Ho visto cose?

Di noi esseri umani. La domanda è, in sintesi: che cosa ci stiamo a fare? L’intelligenza artificiale sembra essersi presa tutta la scena. Ma è un’enorme bolla che potrà anche scoppiare. È il momento di riprendersi la scena, come esseri umani. 

Come è stata l’esperienza di M – il figlio del secolo?

Mi sono trovato in sintonia con Joe Wright, un regista che contamina, che sperimenta, che mette insieme passato e avanguardia, cinema e musica moderna. Non ho un ruolo enorme, ma sono felice di aver fatto parte di un lavoro che affronta una delle pagine più importanti e difficili della nostra storia. 

Puoi parlarci del tuo ruolo nel film Alla festa della rivoluzione? Sei Gabriele D’Annunzio, in film che racconta l’impresa di Fiume.

Esatto. E interpretando D’Annunzio, ho scoperto un personaggio gigantesco. A scuola, lo sentivo come un poeta debordante, pomposo, anche antico. Invece ho scoperto un uomo che portava la fantasia al potere. Uno che ha avuto idee coraggiose, temerarie. L’impresa di Fiume era una sorta di azione anarchica, una follia. Fece, praticamente, una repubblica indipendente, dove accorrevano intellettuali, scrittori, poeti, e c’era persino uno che guidava biplani nudo! Una specie di sogno surrealista diventato reale.

L’ultima cosa: tu sei attore, ma ti sei anche misurato con la regia. Marcello, il tuo film da regista, lo presenterai in un prossimo festival…

Sì, Marcello è un corto, il primo che ho diretto, con Francesco Gheghi protagonista. L’ho scritto, ideato e prodotto, insieme ad Andrea Antonelli e ad Alessandro Parrello. È la storia di un ragazzo che, in fuga dopo aver fatto una cazzata, si nasconde a Cinecittà, dove quasi senza accorgersene diventa parte del Cinema. È un film sul mio amore per il cinema, per il sogno, per la fantasia. Lo presenteremo questo marzo al festival  Cortinametraggio, in programma dal 17 al 23 marzo.