
Premio Oscar e ora anche produttore a pieno titolo, Rami Malek racconta che tutto è cominciato dalla sala di montaggio di The Master di Paul Thomas Anderson. Aveva lavorato a lungo su un monologo importante, salvo poi scoprire — alla prima visione del film, nel 2012 — che quella scena era stata tagliata. Delusione? Certo. Ma anche il seme di un’idea: un giorno avrebbe voluto produrre, per poter avere voce in capitolo su decisioni del genere.
Da allora, Malek ha vinto un Emmy con Mr. Robot, un Oscar per Bohemian Rhapsody, è apparso in Oppenheimer di Christopher Nolan e ha vestito i panni del villain nell’ultimo film di James Bond con Daniel Craig, No Time to Die. Tutti tasselli che gli hanno permesso di realizzare quel sogno di produzione, arrivato con The Amateur di James Hawes.
Scritto da Ken Nolan e Gary Spinelli, il thriller racconta la storia di Charlie Heller, un analista della CIA che cerca vendetta in seguito alla morte della moglie (interpretata da Rachel Brosnahan), uccisa in un attacco terroristico. Ma la sua missione si sviluppa in modo decisamente atipico per i canoni del genere.
«Il fatto di essere riuscito a produrre un film assieme a Hutch Parker e Dan Wilson, e con grandi studi come Disney e 20th Century, è un traguardo vero. Anni fa, pensavo che non sarebbe mai stato possibile», racconta Malek a The Hollywood Reporter in occasione dell’uscita in sala, l’11 aprile.
Nel trailer, vediamo Charlie fuggire via da un’esplosione, ma anziché mantenere l’espressione glaciale da action hero, Malek sceglie di reagire con un flinch, un sussulto. L’ispirazione? Il Joker di Heath Ledger in The Dark Knight, quando sobbalza leggermente dopo lo scoppio dell’ospedale.
“Se persino il Joker reagisce così, l’autenticità di quel momento ti resta dentro”, dice Malek.
Con Laurence Fishburne — che nel film interpreta un ruolo chiave — Malek ha anche discusso dei personaggi che di solito vengono loro affidati: per Fishburne spesso si tratta di mentori (da Morpheus a Furious Styles), per Malek di intellettuali tormentati (Mr. Robot, Oppenheimer). E anche se The Amateur resta ancorato a quella cifra, l’attore confessa di voler esplorare anche ruoli più fisici e d’azione.

Rami Malek nel ruolo di Heller in The Amateur. Foto @John Wilson/20th Century Studios
“Guillermo del Toro una volta mi ha detto che sullo schermo emano un certo tipo di brillantezza, e ho imparato ad accettarla. Non sono parole mie, sono le sue, ma questo non significa che non potrei fare [il tipo con la pistola]”, dice Malek. “Sarebbe una bella sfida, e vorrei davvero provarci”.
Non solo protagonista e produttore, Malek è stato anche una sorta di casting director non ufficiale. Ha coinvolto Rachel Brosnahan dopo un incontro al Met Gala e ha contattato direttamente Caitríona Balfe.
“Non mi prendo il merito, ma capisco cosa intendi” precisa. “Il nostro casting director Martin Ware ha fatto un lavoro straordinario. Io ho solo fatto qualche telefonata. Il lavoro di un casting director è fondamentale, ed è giusto che ora sia una categoria anche agli Oscar”.
Malek ricorda anche l’esperienza in The Pacific, dove è nata un’amicizia di lunga data con Tim Van Patten (The Sopranos, Game of Thrones, Masters of the Air). “Parliamo spesso della ‘famiglia scelta’, di chi vogliamo accanto nei progetti. E se hai l’occasione, perché non circondarti dei migliori? Di persone che ti stimolano e ti costringono a dare il massimo ogni giorno?”.
È lì che ha incontrato anche Jon Bernthal: “Durante il boot camp lo osservavo e pensavo: questo ha un talento enorme, farà strada. E così è stato. Non capisco come ci siano ancora persone che stanno solo ora scoprendo quanto sia potente. E lo stesso vale per tutto il cast. Ogni attore portava qualcosa di unico sul set: altro che location spettacolari, la vera scintilla erano loro”.
Il personaggio di Charlie è spesso sottovalutato, ma sfrutta proprio questo per sorprendere. Un aspetto che Malek sente molto vicino.
“Penso a quando ho cercato, più volte, di entrare in sala di montaggio senza sembrare troppo invadente”, racconta. “Con Mr. Robot ho imparato moltissimo sul set, osservando ogni reparto, in particolare il direttore della fotografia Tod Campbell. Mi sono appassionato alla fotografia e all’inquadratura dal primo momento. Non mi sarei mai aspettato di fare il produttore. Ma forse, a volte, sottovalutarmi è il mio modo per superare i limiti, miei e altrui”.
Tornando alla scena dell’esplosione: “recitare in un momento del genere, con un’esplosione vera alle spalle, è difficilissimo. Mi sono chiesto: come si fa a non reagire? Ho pensato a The Dark Knight, al modo in cui Nolan gira tutto in camera. E mi è rimasto dentro quel gesto del Joker, il flinch. Così l’ho riproposto. L’assurdità del gesto lo rende autentico. Charlie è un eroe che affronta un lutto, e con James Hawes abbiamo voluto mostrare tutte le fasi: rabbia, negazione, accettazione. Da lì, lo proiettiamo in una spirale di spionaggio, morale ambigua, invenzioni improvvisate. È un viaggio estremo, ma sempre umano”.
Charlie capisce presto che non è “quello con la pistola”. Ma Rami Malek potrebbe esserlo?
Assolutamente sì. Laurence Fishburne parlava di come gli abbiano sempre assegnato ruoli da mentore, fin da giovane. Io invece mi ritrovo spesso a interpretare cervelloni, ma non vuol dire che non possa fare un personaggio d’azione. Sarebbe una sfida, e la voglio affrontare. Magari un giorno vedremo un’evoluzione di Charlie, più simile al Bear interpretato da Bernthal. Non ho mai detto di no a ruoli del genere.
Con il mondo che va com’è oggi, la domanda è d’obbligo: Elliot Alderson potrebbe tornare?
Bisognerebbe parlarne con Sam [Esmail]. Siamo stati insieme a Londra da poco. Sta lavorando a Panic Carefully con Julia Roberts e un cast pazzesco. Parliamo spesso di quel periodo. È stata un’esperienza straordinaria. Christian Slater e tutti gli altri sono amici per la vita. Ho sofferto quando è finita. Alcuni diranno che sia stato prematuro, ma con le serie è giusto chiudere in alto. Credo che ce l’abbiamo fatta. Elliot e Charlie magari condividono qualcosa, ma sono due esseri umani diversissimi. Ho amato Elliot, e averlo potuto raccontare è stato un privilegio. Mr. Robot ha cambiato le regole del gioco, ha mostrato che si può portare sullo schermo un certo tipo di complessità. Spero che The Amateur faccia lo stesso, almeno in parte».
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