I colori della Tempesta, ovvero come un gruppo di eroici appassionati di arte salvarono la celeberrima opera di Giorgione dalle mani dei Nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale

Il film di Roberto Dordit, al Bif&st nella sezione “Concorso per il cinema italiano”, racconta la storia del “monument man” Pasquale Rotondi. Tra gli interpreti Simone Liberati e Lia Grieco

Di THR ROMA

Durante la Seconda Guerra Mondiale si stima che i tedeschi abbiano saccheggiato oltre 600.000 opere d’arte in giro per l’Europa, moltissime in Italia. Una spoliazione sistematica che ha riguardato chiese, musei, collezioni private. Un bottino di guerra ancora in parte scomparso, se è vero che oltre 100.000 pezzi non sono mai tornati al loro posto nelle gallerie o sulle pareti delle  case dei legittimi proprietari.

Tra le opere italiane più ambite La tempesta di Giorgione, quadro mirabile e universalmente noto dedicato alla fuga in Egitto di Gesù, Giuseppe e Maria. La ricerca di quel tesoro da parte dei tedeschi e del suo fortunoso salvataggio, è diventata un film dal titolo I colori della tempesta, scritto e diretto da Roberto Dordit, al Bif&st nella sezione “Concorso per il cinema italiano”.  Un’occasione per far luce, oltre che su vicende storiche poco note, sulla figura di Pasquale Rotondi che in tempo di guerra, rischiando la vita, mise in salvo oltre 8.000 opere. 

“Nel 2014 ho visto Monument Men di George Clooney, è stato spontaneo chiedermi se anche in Italia nello stesso periodo avessero operato degli agenti chiamati a salvare il nostro patrimonio”, racconta Dordit. “Ho speso molto tempo in ricerche scoprendo il lavoro di tanti giovani che hanno avuto a cuore i nostri tesori d’arte e, tra questi, Pasquale Rotondi. Mi sono appassionato così tanto alla sua vicenda da volerne fare un film, con l’idea che conoscerla potessero essere utile soprattutto alle giovani generazioni.”

Il “Monument Man” italiano Rotondi era, all’epoca, il giovane soprintendente delle Marche, e proprio a lui il Ministro dell’Educazione Giuseppe Bottai chiese di portare a termine un’operazione di salvataggio su larga scala di numerosi capolavori dell’arte italiana. Missione che  svolse con successo,  salvando tra le migliaia di opere anche La cena di Hemmaus di Caravaggio.

Salvataggi messi in atto spesso combattendo una lotta contro il tempo, soprattutto dopo l’8 settembre, con lo stesso Bottai ricercato dai tedeschi, e come unico vero aiuto quello della moglie Zea Bernardini e dell’autista Augusto. Ma se la fedeltà di Zea e dell’uomo di fiducia può apparire scontata, Dordit sottolinea invece quanto lo fosse molto meno quella di Bottai, la cui figura appare certamente controversa: “Era un uomo di grande cultura, gli storici concordano nel dire che fosse il più colto tra i ministri e soffrisse per l’arroganza di Mussolini, il quale esibiva come un vanto il fatto di non mettere piede nei musei. Per Bottai, Ministro dell’Educazione, acculturare il popolo era invece una missione che il fascismo avrebbe dovuto appoggiare. Non a caso fu tra coloro che intuirono la parabola negativa del Duce e che provarono a destituirlo. Fu condannato a morte, e rifugiatosi all’estero si arruolò persino nella Legione straniera francese per combattere il fascismo. La sua vita meriterebbe un film a parte.”

La vicenda della messa in salvo del quadro del Giorgione si dipana sullo schermo con il passo del cinema di avventura, cui fa da contraltare l’amore tra Rotondi, interpretato da Simone Liberati, e la moglie, impersonata da Lia Grieco. “Usare la chiave dell’avventura credo sia stato inevitabile, una via scelta per tenere desta l’attenzione del pubblico più giovane, mentre l’aspetto sentimentale è il collante della vicenda. Tra Rotondi e la moglie il legame era fortissimo, condividevano una vera e propria affinità elettiva”, precisa Dordit. “Zea era, come lui, una storica dell’arte. Una donna moderna con una forte personalità, che aveva deciso liberamente di correre gli stessi rischi del compagno non solo per amore ma perché credeva nella missione comune.” 

Una missione che, ai tempi, fu condivisa da personaggi insospettabili come Carlo Giulio Argan, celebre critico d’arte ed ex Senatore della Repubblica, e Palma Bucarelli, una delle più importanti curatrici italiane, a cui si deve l’apertura dei nostri musei ad artisti contemporanei tra i quali Picasso. Accanto a loro hanno operato decine e decine di appassionati, che silenziosamente hanno strappato le nostre opere al destino di diventare bottino di guerra. Figure come appunto quella di Rotondi, cui Simone Liberati si è avvicinato con grande rispetto finendo per esserne emotivamente coinvolto. “Prima delle riprese  e mentre già giravamo siamo andati a trovare sua figlia che è ancora viva e ricorda molto bene il padre”, spiega Dordit. “Simone è rimasto catturato dai suoi racconti, tanto che dopo non sembrava nemmeno più interpretare Rotondi ma esserlo. Il film deve molto alla sua interpretazione, così come a quella di Lia Grieco e di tutti gli altri. Hanno lavorato con dedizione e sensibilità, come del resto tutta la troupe, aspetto che per la riuscita di un film a basso budget, e per di più in costume, è stato essenziale.” 

I colori della Tempesta è prodotto da QualityFilm in collaborazione con Rai Cinema, MiC-Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e Fondazione Marche Cultura – Marche Film Commission.