Una commedia paranormale sui genitori: Frédéric Hambalek alla Berlinale con il suo What Marielle Knows

La dark comedy tedesca di Hambalek segue due giovani genitori le cui vite vengono sconvolte quando la figlia diventa improvvisamente telepatica, potendo vedere e sentire tutto ciò che essi fanno in privato.

Quando il regista tedesco Frédéric Hambalek ha iniziato a scrivere What Marielle Knows, non aveva figli, mentre quando il film è finalmente arrivato sullo schermo, debuttando in concorso al Festival Internazionale del Cinema di Berlino, ne aveva ben due. Come emerge dalle stesse dichiarazioni del regista, la genitorialità ha plasmato il film in modo inaspettato.

In questa sofisticata “dark dramedy” Hambalek porta a termine un esperimento sociale. Marielle, una ragazza adolescente (interpretata da Laeni Geiseler, vera rivelazione) riceve poteri telepatici dopo essere stata colpita in faccia dalla sua migliore amica. E improvvisamente può vedere e sentire ciò che sua madre, Julia (Julia Jentsch), e suo padre, Tobias (Felix Kramer), stanno facendo, sia che siano al lavoro, sia che si concedano una sigaretta, sia che flirtino con i colleghi d’ufficio, o che si scambino confidenze in camera da letto a porte chiuse. Sotto osservazione 24 ore su 24, 7 giorni su 7, Tobias e Julia saranno costretti a confrontarsi con le loro ipocrisie e contraddizioni.

“L’idea, prima che avessi figli, è nata quando qualcuno mi ha mostrato un baby monitor, dove potevi guardare il loro bambino dormire e in qualche modo mi sembrava sbagliata, quel tipo di invasione dell’intimità – dice Hambalek – e ho iniziato a pensare a come funziona la privacy all’interno di una famiglia. Quando sono diventato padre io stesso, ho trovato più interessante spostare la prospettiva sui genitori, metterci il pubblico nei loro panni”.

Come ti comporteresti, si chiede il film, se sapessi che i tuoi figli ti stanno guardando?

“Quando cresci i figli, cerchi di trasmettere loro la correttezza dei comportamenti. È un po’ un’illusione, pensando che gli adulti quasi mai riescono a mettere in pratica ciò che predicano – sostiene il regista – nel film il bambino è una sorta di autorità morale che può stare sopra i genitori, giudicandoli come un Dio onnisciente”.

E quel Dio, come ogni genitore di un adolescente può testimoniare, può essere giudicante e implacabile. Marielle considera il flirt di sua madre con un collega come equivalente dell’adulterio. Il tentativo del papà di imporre la sua volontà in una riunione di marketing – per impressionare la figlia che sa che lo sta guardando – finisce in un disastro. Mentre la facciata della famiglia perfetta si sgretola, Hambalek bilancia il dramma con i toni di una commedia assurda. Emblematica, in questo senso, la scena in cui Julia decide di trasformare una scappatella in ufficio in un’opportunità di educazione sessuale.

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“Come un film di Yorgos Lanthimos co-diretto con M. Night Shyamalan”, ha affermato il critico di Hollywood Reporter Jordan Mintzer.

“Ho cercato di creare situazioni che potessero essere sia divertenti e assurde, sia drammatiche che tragiche – dice ancora Hambalek – ma è interessante notare che il pubblico internazionale sembra riconoscere il film soprattutto come una commedia”.

Hambalek sapeva che la riuscita del film sarebbe dipeso dalla scelta di Marielle. “È semplicemente incredibile – commenta a proposito di Geiseler – ha una presenza fortissima, è molto intelligente ed è un’attrice capace di mantenere un certo mistero”. Hambalek ha sottolineato inoltre l’’importanza dell’età: “i 13 anni sono il punto al limite della pubertà, in cui ancora si vive nell’innocenza dell’infanzia, pur potendo capire già molto del mondo degli adulti”.

Con l’attenzione chiaramente rivolta ai genitori – “in nessun momento del film lo spettatore sa più di loro”, osserva Hambalek – Marielle rimane l’enigma al centro del film. Non scopriamo mai veramente cosa pensi, tanto meno cosa sappia. Altro aspetto che possono capire bene i genitori degli adolescenti.

Nel film l’aspetto del voyeurismo e del giudizio morale sono molto forti. E per evocare il potere soprannaturale di Marielle, invece di usare una prospettiva soggettiva, con il rischio di fare uno “Shining per principianti”, dice Hambalek, la macchina da presa si insinua a poco a poco tra i personaggi, “come se fosse un’altra persona nella stanza, muovendosi lentamente, passo dopo passo”. Il regista ha persino aggiunto il suono sottile di passi alla colonna sonora per evocare la sensazione di un’entità che si avvicina.

Il secondo lungometraggio di Frédéric Hambalek è dunque una delle sorprese più piacevoli del concorso della Berlinale di quest’anno, riuscendo a provocare e a far sorridere nella sua lucida analisi del concetto di privacy all’interno della famiglia, lasciando al pubblico il compito di decidere chi, eventualmente abbia ragione.

“Al film non interessa capire se i genitori sono buoni o cattivi – conclude il regista – ma cosa succede quando non c’è più un posto dove nascondersi”.