Lino Banfi danza sotto la pioggia per Michele Bravi

Il cantautore, alla sua prima regia, ha chiamato Lino Banfi per rievocare la famiglia del nonno, in un corto: Lo ricordo io per te. Paola Comin, braccio destro di Banfi, ne racconta il backstage in esclusiva per THR Roma

Squilla il mio telefono cellulare. Nel display leggo: “Lino Banfi: Ciao Paola, sai chi è Michele Bravi?” La domanda mi lascia per un attimo interdetta: “Certo Lino, anche se non l’ho mai incontrato. Ma perché me lo chiedi?” “Perché è venuto a trovarmi, su consiglio di Mara (Venier) di cui è grande amico”. 

“Lui è autore della sceneggiatura e sarà anche il regista del corto che accompagnerà la sua nuova canzone: Lo Ricordo io per Te. Mi ha chiesto di interpretare suo nonno. E una storia dolce e struggente. La gireremo a Città di Castello, dove è nato e cresciuto e dove ha sempre vissuto la sua famiglia”. 

Conosco Lino da più di trent’anni e il suo entusiasmo mi ha molto stupito: affidarsi totalmente nelle mani di un artista così giovane.

Partiamo Walter, il figlio di Lino, alla volta dell’Umbria, in un freddo pomeriggio di fine novembre.  Quando arriviamo in piazza Raffaello Sanzio è già buio. Scendiamo all’Hotel Tiferno. L’antico palazzo che lo ospita è avvolto da una leggerissima nebbia che sfuma luci e contorni, ovatta i rumori e rende tutto suggestivo, fiabesco e quasi irreale.

Michele ci raggiunge a cena con il  suo staff  e ci racconta del suo immenso affetto per i nonni paterni. 

Figlio di genitori professionalmente molto impegnati, è stato cresciuto da loro. Due persone unite da un grande amore, semplici e solidi, esemplari, con la naturalezza di chi è sostenuto e guidato da grandi valori. 

Poi la nonna fu colpita da quella malattia crudele e ingiuriosa che è il morbo di Alzheimer. E nonno Luigi si dedicò totalmente a lei, con tenerezza amorevole. La svegliava, lavava, vestiva. 

Le preparava la colazione, e se lei non riusciva a mangiare da sola, la imboccava. Poi la portava nei luoghi cari e familiari, raccontandole quel che lei non ricordava più.

Per interpretarla consigliò per il ruolo una bravissima attrice, Lucia Zotti.  Avevano lavorato insieme agli inizi delle loro carriere. A differenza sua, lei si era poi dedicata sopratutto al teatro. Era perfetta per il ruolo.

Ci raggiunsero i genitori di Michele. La loro grazia, la gentilezza dei modi, il calore dell’accoglienza e l’intensità delle parole, ci confermarono che Michele Bravi era nato davvero in una famiglia unica.

Se quel ragazzo alto, simpatico e dai tratti gentili, era diventato un artista strordinario, sensibile, impegnato, competente, l’atmosfera d’amore che aveva respirato fin da bambino aveva certamente nutrito ed esaltato le sue doti naturali. A cena con noi c’era anche una persona speciale, grande amica di Michele: Pilar Fogliati. Attrice, autrice, regista poliedrica. Splendida ragazza con una carica unica di dolcezza e contagiosa simpatia.

La mattina successiva, primo giorno di lavorazione, si girava nel Parco Rignaldello, al Lago dei Cigni. Un luogo incantevole e pieno di poesia, che i colori intensi dell’autunno inoltrato rendevano spettacolare. 

Lì, ci spiegò Michele, i nonni si recavano a passeggiare, ad ammirare quei superbi animali. E anche durante la malattia, la nonna amava ritornaci, lanciare dei semi e vedere i cigni affollare la riva per raccoglierli. E poi salire sull’altalena e lasciarsi dondolare sospinta dal nonno, come fosse una bambina.

Io incrociavo gli occhi umidi di Walter Banfi e pensavo a Lucia, l’amatissima moglie di Lino, compagna di vita per sessantuno anni di matrimonio e dieci di fidanzamento, mancata da poco più di un anno, anche lei colpita dalla stessa malattia. Lino era completamente calato nel ruolo e la commozione stringeva la gola a tutti. Michele dirigeva con grande sicurezza e competenza, supportato da una giovane squadra.

Nel pomeriggio ci spostammo nella grandiosa Piazza Gabriotti, dove è stata ambientata una delle scene più tenere e romantiche del film, con Lino e Lucia Zotti in stato di grazia, che sul far della sera ballano, calati nei loro personaggi, incuranti della pioggia che aveva iniziato a scendere, come le nostre inevitabili lacrime.

Il secondo giorno le riprese si svolsero in quella che fu la casa dei nonni, rimasta come allora. Lino e Lucia erano più che mai divenuti loro: Luigi e Graziella, lui con gli occhi pieni d’amore e lei con i suoi persi in un vuoto profondo e insondabile. Ci spostammo poi nella Chiesa di Santa Maria Nova, dove i nonni di Michele si erano sposati e dove lui la riportava nella speranza che quel luogo cosi importante, le sue parole, il ripetere i gesti del loro matrimonio, accendessero in lei la scintilla di un ricordo.

Credo che per tutti sia stata un’esperienza davvero unica: girare negli stessi luoghi dove i protagonisti hanno trascorso la loro vita. Un percorso nell’amore che è sempre e comunque, anche nel ricordo, forza e rinascita.