Daredevil: Born Again, la serie Marvel di Disney+ non riserva sorprese: è la stessa di sempre, per fortuna

Charlie Cox e Vincent D'Onofrio riprendono i loro ruoli di Matt Murdock, avvocato e supereroe, e del boss criminale Wilson Fisk, in continuità con il dramma Netflix degli anni 2010.

La prima volta che i nemici giurati Matt Murdock (Charlie Cox) e Wilson Fisk (Vincent D’Onofrio) si trovano faccia a faccia in Daredevil: Born Again su Disney+, entrambi giurano di non essere più gli uomini di un tempo. 

Matt, ancora sconvolto da un’inimmaginabile tragedia, insiste sul fatto che i suoi giorni da vigilante siano finiti. Wilson, ora in corsa per la carica di sindaco di New York City, afferma di aver abbandonato la sua carriera di boss della malavita.

Nessuno dei due crede all’altro, e nemmeno noi. L’esistenza stessa di questa serie si basa sulla certezza che questi personaggi ricadranno nei vecchi schemi; se davvero si fossero evoluti oltre i loro ruoli consolidati di supereroe e supercriminale, non ci sarebbe nulla da vedere.

Ma questa familiarità può essere un’arma a doppio taglio. La stessa aderenza alla formula che rende Born Again così appagante nei suoi momenti migliori è anche ciò che alla fine la fa sembrare intrappolata nel passato.

Nonostante il titolo leggermente modificato e i nuovi creativi alla guida – Dario Scardapane di The Punisher come showrunner, con Matt Corman e Chris Ord accreditati come creatori – Daredevil: Born Again non è uno spin-off della serie di Netflix Daredevil, ma una diretta continuazione. E sebbene Daredevil abbia concluso la sua corsa di tre stagioni nel 2018, né il Daredevil di Cox né il Kingpin di D’Onofrio sono mai davvero spariti, apparendo in serie Disney+ come Echo, Hawkeye, She-Hulk: Attorney at Law e persino sul grande schermo in Spider-Man: No Way Home.

Sebbene sia accaduto di tutto ai due personaggi dalla loro ultima apparizione da protagonisti, è quasi un sollievo scoprire che il loro status quo è rimasto invariato. 

(In pratica: no, non è necessario rivedere la serie originale prima di iniziare questa.) 

Soprattutto all’inizio, Born Again è gratificante nello stesso modo in cui può esserlo tornare in un quartiere in cui si è vissuti: certo, la vecchia tavola calda è diventata una palestra di spinning e probabilmente ci si è persi qualche pettegolezzo locale, ma è bello vedere che molte delle stesse persone sono ancora lì, a fare le stesse cose di sempre.

Per Fisk, questo significa governare con pugno di ferro (da non confondere con Iron Fist, fortunatamente assente) mentre pronuncia solenni proclami sulla “città” e lancia sguardi struggenti a sua moglie (Vanessa, interpretata da Ayelet Zurer). 

Matt, significa difendere i più deboli in tribunale, ora con un proprio studio legale insieme ai fedeli amici Foggy (Elden Henson) e Karen (Deborah Ann Woll). E, ovviamente, significa anche rimettere la maschera e tornare a pattugliare le strade, tormentato come sempre dalla sua natura violenta.

Quando lo fa, è impossibile non provare un piacere viscerale nel vedere l’Uomo Senza Paura prendere a pugni gli scagnozzi di turno, accompagnato dal tema musicale ormai iconico di John Paesano (le musiche di Born Again sono firmate dai Newton Brothers). Se questa nuova infornata di combattimenti nei corridoi in penombra manca di novità, compensa in gran parte con la nostalgia. La coreografia di Philip Silvera tradisce sia la stanchezza fisica di Daredevil – il suo essere cieco gli dona sensi potenziati, ma non l’invulnerabilità di Wolverine – sia il suo tormento interiore.

Se in questi scontri compaiono personaggi di altri franchise Marvel, tanto meglio. Nei suoi momenti più entusiasmanti, Born Again ricorda un’epoca in cui l’idea di un universo condiviso era ancora divertente. Nei primi episodi, la narrazione relativamente concentrata fa sì che un piccolo crossover, come un’avventura di Matt con un personaggio minore di Ms. Marvel, serva a ricordare quanto vasto possa essere questo universo cinematografico, piuttosto che quanto opprimente e interconnesso sia diventato.

Come accade per molte produzioni di questo colossale franchise, però, Born Again suggerisce un potenziale straordinario più che concretizzarlo. E non solo perché questi nove episodi rappresentano solo la prima metà di una serie da 18. Anche per una serie che fa della familiarità il suo punto di forza, è deludente accorgersi di quante poche sorprese ci siano lungo il percorso.

Per quanto Matt e Fisk neghino le proprie vere nature, i loro percorsi paralleli non rappresentano nulla di realmente nuovo per nessuno dei due.

A salvare Born Again dalla monotonia, però, sono gli stessi elementi che hanno reso Daredevil tanto amata. Uno è D’Onofrio, che non ha perso un colpo nei panni di Fisk. Il suo mix di brutalità e raffinatezza potrebbe non essere cambiato molto in dieci anni, ma è ancora ipnotico; nelle sue mani, persino un gesto ordinario come tagliare un boccone di sogliola alla mugnaia sembra carico di potere.

L’altro è Cox. La sua interpretazione, supportata da una scrittura che sa valorizzarla, è la base dell’intera serie, e l’attore porta questo peso con la stessa agilità con cui il suo personaggio attraversa i tetti di New York. Come mille supereroi prima di lui, il Daredevil di Cox è tormentato e arrabbiato. Ma l’attore gli conferisce anche un carisma e una leggerezza che lo rendono irresistibile proprio perché così discreti: chi lo nota si sente speciale, come se fosse l’unico ad accorgersi di quanto sia straordinario, anche se in realtà lo stanno notando tutti.

Particolarmente impressionante è la sua capacità di creare una chimica istantanea con chiunque: che sia una battuta scambiata con un collega fidato (Nikki M. James nel ruolo di Kirsten), un’esplosione di rabbia con il suo rivale Frank Castle (Jon Bernthal) o un flirt con un’impiegata del tribunale che appare per cinque minuti e poi scompare. Questi momenti accennano a possibilità inaspettate, forse persino a un futuro più stabile e felice per Matt.

Non ci arriverà mai, ovviamente. Non può, perché se lo facesse, la serie non avrebbe motivo di esistere. Ma questo è il patto faustiano di un successo: amare Daredevil e volerlo vedere continuare significa condannare il suo eroe a combattere i suoi demoni, ancora e ancora, anno dopo anno, senza mai una vera fine.