Gli 80 anni di Barbara Bouchet, “musa” di Quentin Tarantino e icona femminile del cinema di genere

Quasi cinquanta film nel giro di dodici anni, prima di dire addio al grande schermo nel 1982 e poi riprendere con piccole apparizioni da Gangs of New York (2002) a Metti la nonna in frigo (2018)

Di THR ROMA

Tra le ragioni che la fanno sorridere nel giorno del suo compleanno, probabilmente il successo al cinema non è la principale: viene dopo la sua riuscita seconda vita come fortunata imprenditrice di una linea di fitness costruita grazie a filmati dimostrativi e alla sua frequentatissima palestra. Ma al primo posto c’è il bilancio positivo della sua vita di moglie (trentadue anni di matrimonio con l’amatissimo Luigi Borghese), di madre (sia di Massimiliano, barista di qualità, che Alessandro, chef rinomato e personaggio televisivo), nonché di nonna. Anche per questa scelta di vita Barbara Bouchet ha lasciato di fatto il cinema nel 1982 dopo un ventennio di poche ombre e molte luci, una carriera cominciata per caso nei primi anni ’70 in America e proseguita da star popolare in Italia.

Nata il 15 agosto 1943 a Liberec, in Cechia, che al tempo faceva parte della Germania nazista, Bouchet è figlia di un fotografo e un’attrice. I Gutscher (questo il vero cognome di Barbara) appartenevano alla minoranza tedesca e furono espulsi subito dopo la guerra, sfollati in Germania e quindi autorizzati a espatriare in America per stabilirsi in California nel 1956.

“Da ragazzina – ha confessato – odiavo la scuola e la ginnastica come la insegnavano. Poi sono capitata in una palestra e ho cominciato a muovermi, anche per ballare. Una volta mi iscrissi al concorso di Miss China Beach, la spiaggia del quartiere cinese a San Francisco: mi presentai e quando chiamarono le tre finaliste venni chiamata per ultima. Pensavo di essere arrivata terza. Invece mi mettono al centro sul gradino più alto, solo allora scoprii di aver vinto”.

Altrettanto per caso viene selezionata per il corpo di ballerini adolescenti The KPIX Dance Party: un gruppo di giovani che apparivano sulle tv locali per intermezzi di ballo sulle canzoni del momento.

Partecipa a moltissimi provini, scopre la durezza del mestiere (“le attenzioni sgradevoli del MeeToo le ho provate allora, mai in Italia”), appare su riviste e pubblicità, vede da vicino registi come Jack Arnold e Richard Quine, attori come Marlon Brando o Shirley McLaine facendo la comparsa e finalmente strappa qualche ruolo tra tv e cinema.

La ritroviamo ne Il Virginiano e Star Trek, in A braccia aperte di J. Lee Thompson o Prima vittoria di Otto Preminger. Avrà più risalto nel paradossale Casinò Royale del ’67 come Miss Moneypenny a fianco di David Niven e in Sweet Charity di Bob Fosse (1969).

La stagione cinematografica di Barbara Bouchet: vittima o seduttrice

Stanca dell’eterna attesa dell’occasione propizia, prende la via dell’Europa e sbarca in Italia. Nel 1970 debutta in un singolare thriller d’ambientazione americana, Colpo rovente di Pietro Zuffi con una sceneggiatura a firma Ennio Flaiano e un inatteso Carmelo Bene nel cast. La commedia Il debito coniugale con Lando Buzzanca è dello stesso anno.

Si può ben dire che in pochi mesi Barbara Bouchet costruisce il doppio personaggio che farà la sua fortuna nella stagione italiana: seduttrice o vittima nei polizieschi, oggetto del desiderio nel filone della commedia erotica, generi egualmente popolari nella Cinecittà di quegli anni.

Quasi 50 film in 12 anni testimoniano il suo successo, sempre indossato con ironia, misura, fiducia nel suo corpo, ma anche nella professionalità.

Se da ragazza era apparsa un paio di volte su Playboy adesso è la volta di Playmen, ma nella filmografia del periodo non mancano titoli rimasti celebri: Il prete sposato di Marco Vicario e Milano Calibro 9 di Fernando Di Leo, Liquirizia di Salvatore Samperi e Non si sevizia così un paperino di Lucio Fulci.

Ci sono incursioni nel cinema dei registi maggiori come La Calandria di Pasquale Festa Campanile, L’anitra all’arancia di Luciano Salce o Per le antiche scale di Mauro Bolognini. Ma sono le collaborazioni con Sergio Martino (una per tutti, 40 gradi all’ombra del lenzuolo) a farne un’icona del cinema sexy.

Non sarà un caso che Quentin Tarantino, firmando una retrospettiva del cinema di genere alla Mostra di Venezia, la vorrà come sua “musa” emblematica nel 2004.

Dagli anni ’80 in poi le apparizioni sul grande schermo sono occasionali: Gangs of New York di Martin Scorsese (2002), l’esilarante Metti la nonna in freezer di Fontana e Stasi (2018), Calibro 9 di Toni D’Angelo. Più frequenti le apparizioni tv dai Festival di Sanremo alle lezioni di fitness, da Scarlatto e nero con Gregory Peck (ancora nel 1983) a Ho sposato uno sbirro (2008), dalle soap opera Un posto al sole, Incantesimo, Capri fino al tv movie Rome in Love del 2019.

(ANSA)