Abbiamo Visto In Anteprima Glory Hole, Non Il Solito Film Sulla Criminalità Organizzata. Parola del Regista, Romano Montesarchio

Ieri sera martedì 16 luglio, abbiamo assistito all'anteprima di Glory Hole, la pellicola con il titolo più ambiguo dai tempi di Gola Profonda.

No, perché questo non è il solito film che racconta le peripezie criminali di un affiliato alla criminalità, come potrebbe sembrare facile pensare dal trailer o da qualche commento leggero preso qua e là. Glory Hole è qualcosa di diverso dal solito. Avendo avuto l’occasione di assistere poche ore fa alla presentazione in anteprima della pellicola, possiamo dire che è qualcosa che lascerà tutti a bocca aperta. Prodotto da Bronx Film, Minerva Pictures e Rai Cinema, questo lungometraggio esplora un qualcosa di cui i film dedicati all’argomento, la criminalità organizzata, non hanno mai realmente parlato in modo preciso e approfondito, la latitanza.

Giusto per non farvi perdere il gusto della visione in sala, volendo regalarvi qualche interessante curiosità, al netto della fotografia impeccabile, così come le interpretazioni di  Mario Pirrello e Roberto De Francesco, è la trama che fa la vera differenza, un mix di mafia stories, grottesco, romantico e, per certi versi, intellettuale. In breve, la storia ci narra la disavventura di Silvestro, un uomo d’affari che lavora per la Camorra, che si innamora della figlia del suo boss e (senza spoiler) fa qualcosa di grave per cui è costretto a nasccondersi. Chi lo aiuta? Il propietario di un privé, e un prete che tutta questa fede non ce l’ha. Capirete bene che i conti sono presto che fatti. Spettacolare. Dopo la proiezione, come da rito, non abbiamo potuto fare a meno di scambiare quattro chiacchiere con il talentuoso regista, Romano Montesarchio, che ha fatto un lavoro straordinario. 

Anteprima del file Glory Hole al cinema Modernissimo di Napoli

Romano innanzitutto complimenti per Glory Hole

“Grazie, sono contento ti sia piaciuto”.

Partiamo dall’inizio, da dove nasce l’idea del film?

“L’idea nasce dalla mia ossessione per la vita del latitante. Mi sono sempre chiesto, nonostante il genere criminale sia stato raccontato in tutte le salse, perché non venga mai lasciato spazio ai loro nascondigli, quelli dove normalmente passano più tempo. Non potendolo raccontare dal punto di vista documentaristico, perché nessun latitante si sarebbe prestato a parlare così liberamente della propria vita, allora ho voluto realizzarlo in forma di fiction”.

Come mai il titolo del film Glory Hole? Una scelta azzardata dato che i motori di ricerca associano questo nome a ben altre e avventurose proiezioni, ma del cinema hard.

“Lo so bene, è voluto perché e una chiara metafora proprio al glory hole cui ti riferisci, che è una pratica sessuale che si consuma attraverso un buco dove nessuno conosce d’identità dell’altro. Come avrai notato nel film, all’interno del bunker c’è questo che permette al protagonista di vedere se stesso dall’altro lato quasi come se non conoscesse l’identità. E poi mi piaceva il titolo Buco dalla Gloria proprio perché è il buco interiore del personaggio che affronta sé stesso”.

C’è un messaggio in particolare che vuoi dare con questo film?

“Si! Che Nessuno riesce a sfuggire a sé stesso. Poi c’è la questione che mi sono sempre chiesto, ovvero se nel momento in cui questi personaggi legati alla criminalità, cinici, spietati, e crudeli sia nei confronti degli altri esseri umani che del territorio, avessero avuto a che fare con il vero amore e con la bellezza, sarebbero stati quello che sono? Non si sa”. 

Grazie Romano, sei stato gentilissimo. Un saluto ai nostri del The Hollywood Reporter Roma?

“Molto volentieri! Hollywood Reporter Roma è una di quelle riviste online che seguo tantissimo perché fa un tipo di critica e promozione del cinema molto intelligente e segue sia il cinema più di nicchia che il più commerciale, quindi ringrazio tutti quelli che leggono con attenzione. Poi, permettimelo, ringrazio un po’ anche me”.

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