Si parte della fine. Da quel “To Nora” che chiude Coincidenze d’amore, il ritorno di Meg Ryan davanti e dietro la macchina da presa – dal 11 aprile al cinema con Universal Pictures – a otto anni da Ithaca – L’attesa di un ritorno che ha segnato il suo debutto alla regia. La Nora in questione è Nora Ephron da cui l’attrice è stata diretta in Insonnia d’amore e C’è posta per te e che scrisse le sceneggiature di altri film che l’hanno vista protagonista e trasformata in una leggenda delle commedie romantiche a stelle e stricse: da Harry, ti presento Sally ad Avviso di chiamata. “Il film è dedicato a lei per tanti motivi, personali e professionali, ma non credo che potrei mai eguagliarla. Ha qualcosa di ineffabile” racconta l’attrice a THR Roma quando incontriamo insieme al suo co-protagonista David Duchovny.
“Ho guardato alcuni dei suoi altri lavori di recente ed è stata in grado di creare luce, di farti sentire un calore e un radicamento per l’amore che rappresentavano il suo tocco magico. Ho fatto quattro film diretti o scritti da lei. Il mio riferimento è stato sicuramente influenzato da Nora. Ma non potrei mai sperare di imitarla. Quindi è vero quando si dice che una volta imparata una cosa va messa da parte per poi poter creare qualcosa di diverso”.
Coincidenze d’amore, una rom-com che guarda al passato
Coincidenze d’amore racconta la storia di Bill (Duchovny) e Willa (Ryan), bloccati per una notte in un piccolo aeroporto a causa di una tempesta di neve. Nulla di strano. Se non fosse che i due, in passato, hanno avuto una relazione sentimentale. Con un ritardo non quantificato, Willa, dotata di una spiccata emotività, e Bill, un catastrofista, tornano a vivere attrazione e fastidio l’una per l’altro esattamente come decenni prima. E in quelle ore condivise ricostruiscono il loro passato comune fatto di memorie non sempre identiche e confrontano il loro presente con i sogni che avevano. Due adulti che devono fare i conti con il peso e i fallimenti delle loro vite e relazioni. Una scelta ben diversa rispetto alle altre commedie romantiche in cui spesso i protagonisti sono una coppia di giovani con un futuro ancora tutto da scrivere.
“L’idea che queste siano persone adulte, le cui vite per lo più siano già state scritte, fa in modo che i ‘se’ riguardino il loro passato. Stanno cercando di svelare l’un l’altra cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente, perché chiaramente il tempo trascorso insieme ha influenzato tutto il resto delle loro vite”, sottolinea Ryan.
“Penso sia vero per quanto riguarda le relazioni. Davvero non puoi saperlo, ma alcune persone preparano il terreno per altre e così via, come una specie di effetto domino. E in questo caso per Willa ha a che fare con sua figlia, con le domande che si pone. È degna d’amore? C’è qualcosa in lei di contorto e incasinato? Tutte quelle domande hanno avuto origine dalla sua relazione con Bill. E penso che sia davvero interessante a questo punto della mia vita guardare indietro con molto affetto alle mie esperienze e alle mie relazioni. È un territorio molto ricco”.
“Questo è ciò che lo rende diverso da qualsiasi commedia romantica a cui riesco a pensare”, interviene David Duchovny, alle prese con un inedito ruolo romantico. “Non posso dire di essere un grande esperto di rom-com, ma non riesco a pensare a nessuna che abbia personaggi della nostra epoca. La storia sarebbe potuta essere interpretata come se fossimo stati più giovani o avessimo più opzioni a disposizione di quelle che avevamo. Ma penso che Meg abbia il merito di aver realizzato un film davvero molto realistico sulle persone della nostra età che affrontano l’amore, la perdita, gli errori e il peso degli anni. Eppure, nonostante questo il tono del racconto non si appesantisce. È divertente. Ed è Meg che, come un’equilibrista, tiene i piatti in aria in quel modo”.
Niente spazio per la nostalgia
Una delle particolarità di Coincidenze d’amore è la sua capacità di essere un racconto senza tempo ma, contemporaneamente, avere un’atmosfera che ricorda il cinema degli anni Novanta. Una scelta dovuta al nostro bisogno di guardare indietro per ritrovare qualcosa che conosciamo o legata ad uno spirito nostalgico collettivo? “Penso sia inevitabile quando hai due personaggi di questa età tornare indietro di venti o trent’anni a quando si sono incontrati. C’è sicuramente una certa nostalgia, un certo sguardo al passato che è insito nell’idea del film. E in questo anche la musica viene in aiuto”, riflette Duchovny.
“Ma penso che in termini di realtà non sia affatto nostalgico. Credo che la chiave sia rendere qualsiasi tipo di film senza tempo. È ciò che lo rende fantastico. E sento anche che la mancanza di nostalgia è ciò che lo rende più forte, perché guarda al passato senza diventare sentimentale. Anzi, diventa reale”.
“Meg è stata coinvolta in numerose proiezioni prima che il film uscisse in America”, continua l’attore. “E dopo parlava con il pubblico. Quello che ne usciva fuori era sempre il senso di amore che le persone traevano dal film”.
“Quando l’ho proiettato penso che il pubblico non si aspettasse l’esplosione di sentimenti che si manifesta”, aggiunge Meg Ryan. “Ed è stata davvero una sensazione fantastica, un’esperienza inaspettatamente emotiva. L’aspettativa era che sarebbero entrati e forse avrebbero riso. E, invece, si sono ritrovati davanti un film che offriva un po’ di più di quanto pensassero”.
Dal teatro al grande schermo, passando per un aeroporto
Bastato sull’opera teatrale Shooting Star di Steven Dietz del 2008, Coincidenze d’amore grazie alla presenza costante dei due protagonisti in coppia sullo schermo mantiene un’atmosfera da pièce che attraversa tutto il racconto. “Il film è un duetto ed una danza. C’è la premessa iniziale dello spettacolo teatrale, ma i personaggi e i dialoghi sono davvero diversi”, sottolinea la regista e interprete. “David e io, ci abbiamo lavorato separatamente e poi insieme. Il testo si è evoluto principalmente dal nostro rapporto di lavoro. E quindi se si leggesse la commedia su cui si basa per poi vedere il nostro film, non si avrebbe la stessa esperienza”.
Uno degli elementi che differiscono è anche l’attenzione della sceneggiatura ai due protagonisti come genitori, tra paure, errori e desiderio di confronto. “È qualcosa che abbiamo sottolineato nel film e che non esisteva nell’opera teatrale. Sono rimasta commossa dal fatto che queste due persone una volta arrivati al fotogramma finale saranno finalmente in grado di occuparsi delle rispettive figlie”, dichiara Ryan. “Questo li rende piuttosto eroici nella mia testa. Mi piace che a questo punto della loro vita siano così altruisti. Sanno solo che è il primo ordine del giorno dopo il loro incontro”.
Un film fatto di botta e risposta, di sale d’attesa, punti ristoro, pedane mobili, banchi accettazione. Il co-protagonista dei personaggi di Meg Ryan e David Duchovny è il fittizio aeroporto che fa da sfondo al loro incontro. Una sorta di limbo in cui tutto è possibile e in cui tutto può succedere. “Nella mia testa c’era questa idea di uno spazio liminale, di transizione. In un aeroporto è come se non fossi né qui né lì, sei sospeso. E in questo caso, è uno spazio super magico animato da una voce che li esorta a connettersi” racconta la regista. “Una forza benevola nelle loro vite che ferma il tempo. E non assomiglia né suona come quella di nessun aeroporto. E poi sono orgogliosa di essere stati in grado di unire due location – con non molti soldi e non molto tempo – che dessero la sensazione di essere davvero come dentro una palla di neve”.
Un viaggio di emozioni
Quasi dieci anni dopo il suo ritorno sulle scene cinematografiche Meg Ryan afferma: “In un certo senso sono ancora in una specie di bolla. Non c’erano molti soldi con cui lavorare. Il film era fuori dal circuito mainstream di Hollywood. E ora che l’ho fatto e sono tornata a guardare ad altri progetti mi dico: ‘Questo ambiente è diverso da come lo ricordavo’”.
Una delle frasi che tornano a più riprese nel film è quella pronunciata da Willa circa la differenza tra “trip” e “journey”. Entrambe le parole si riferiscono al viaggio, ma solo la seconda in una connotazione più profonda. La stessa che, emotivamente, può regalare il cinema. “È questo il punto. Voglio dire: ‘Perché stiamo facendo film?’ Ecco perché. È per questo che voglio farli. Voglio fare film che ci portino davvero in quel viaggio, dalla risata alle lacrime o dalle lacrime alla risata. Sono solo questo tipo di storie che mi attraggono davvero. Penso che parlare di amore e connessione è molto più consapevole di come suona” afferma Duchovny.
“Per Meg uscire allo scoperto come regista e co-sceneggiatrice e realizzare un film con solo due attori è davvero coraggioso. Non è affatto ‘soft’. Si potrebbe dire che un film da cento milioni di dollari è difficile da realizzare. Bene, provate a fare un film con solo due attori”.
“Sono d’accordo con David. Non è altro che un viaggio dei sentimenti. Della serie: ‘Voglio solo sentirmi a mio agio attraverso la visione di un film. Voglio che il mio cuore si apra, fare il tifo per i personaggi, sentirmi benissimo quando avranno successo. Voglio poter dir loro: ‘Dannazione, fallo diversamente. Cosa c’è che non va in te?’” chiosa Meg Ryan.
E aggiunge tra le risate: “Adoro questo genere di racconti. Un giorno mio figlio Jack è tornato a casa mentre ne stavo guardando uno con mia figlia più piccola, Daisy. Era lungo il vialetto e pensava stessimo assistendo a una partita di football. In realtà stavamo vedendo Friday Night Live. Ma urlavamo tanto era entusiasmante! Ecco, in questo senso, è un viaggio”.
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