The Fall Guy, parlano David Leitch e Kelly McCormick: “Troppo spesso si dimentica che chi fa lo stuntman è un essere umano. E non è invincibile”

"È un po' estenuante vedere questi uomini eccessivamente macho che salvano il mondo da qualunque cosa. Questo invece è un film umano, nel quale raccontiamo un working class (action) hero in cui identificarsi", racconta il regista del film con Ryan Gosling ed Emily Blunt. Gli fa eco la produttrice che, sull'uso dell'intelligenza artificiale al cinema, afferma: "Un fenomeno di cui dobbiamo capire le giuste dinamiche". L'intervista di THR Roma

In un’area di un albergo che affaccia su Potsdamer Platz, in una ventosa giornata berlinese, c’è un gruppo di giornalisti arrivati da ogni parte del mondo – c’è chi scrive, chi chiacchiera con un collega, chi beve un tè o chi rilegge le proprie domande – per l’attività stampa di The Fall Guy (qui la nostra recensione), il film diretto dall’ex stuntman David Leitch con protagonisti Ryan Gosling ed Emily Blunt. Il regista è nella capitale tedesca accompagnato dai suoi due protagonisti e Kelly McCormick – “La donna produttrice di film d’azione più prolifica del pianeta” come la definirà Leitch nel corso della nostra intervista. La coppia (nella vita e nel lavoro) che con la loro 87North, casa di produzione e action design, sta cambiando le regole di un genere mostrando che intrattenimento e contenuto possono coesistere.

THR Roma li incontra in una stanza dell’hotel subito dopo la pausa pranzo di una giornata intensa. Il film – in anteprima nazionale il 26 aprile e dal 1° maggio al cinema con Universal Studios basato sull’omonima serie anni Ottanta (da noi chiamata Professione pericolo) – racconta la storia di Colt Seavers, uno dei più grandi stunt in circolazione (Gosling) che, dopo un brutto incidente sul set decide di cambiare vita. Almeno fino a quando non riceve una telefonata che lo costringe a tornare in azione per ritrovare Tom Ryder (Aaron Taylor-Johnson), star del cinema di cui era stato la controfigura scomparsa nel nulla. L’unico modo per salvare la riuscita del debutto alla regia dell’amata Jody (Blunt), allontanata dopo l’infortunio, con Metal Storm (omaggio all’omonimo titolo Universal dal destino infelice che strizza l’occhio a Mad Max e Dune) di cui Ryder è protagonista.

Ryan Gosling in una scena di The Fall Guy

Ryan Gosling in una scena di The Fall Guy

Colt non è l’action hero serio e sicuro di sé che abbiamo visto molte volte al cinema in altrettanti film di genere. Un’eredità della serie da cui è tratto The Fall Guy o una caratteristica inedita?

David Leitch: “Non è proprio in linea con il personaggio dello show televisivo sotto questo aspetto. Ma se c’era qualcuno che poteva farcela era Ryan: può interpretare in parti uguali il lato vulnerabile e cool del personaggio. È semplicemente una nuova interpretazione dell’eroe d’azione. Penso che sia un po’ estenuante vedere questi uomini eccessivamente macho che salvano il mondo da qualunque cosa. Volevamo solo creare qualcosa che fosse un po’ più umano, con cui potessimo identificarci e che ci potesse vedere dentro. E la cosa interessante di Colt è che gli stuntmen sono una specie di eroi non riconosciuti. Ecco: penso che il nostro fall guy sia un working class (action) hero non riconosciuto con cui molte persone possono identificarsi”.

The Fall Guy, sebbene sia un film di puro intrattenimento, abbraccia il concetto di fallimento. In un momento storico in cui quasi tutti cercano di mostrarsi al meglio, è arrivato l’ora di normalizzarlo?

Kelly McCormick:The Fall Guy è un film umano. E penso che volessimo evidenziare l’umanità in tutti i nostri personaggi, in particolare di Colt che sta lottando con il suo di fallimento. Sta lottando con il pensiero di essere invincibile. E quando finalmente arriva alla fine del suo arco narrativo, può comunicarlo a Jodie, senza riuscire nemmeno a capire davvero perché non fosse in grado di farlo prima. La cosa fantastica è che nella parte di realizzazione del terzo atto può tornare a tutte quelle abilità che ha come stuntman e usarle in modo positivo. Anche al di fuori del suo mondo”.

The Fall Guy mostra il carico di pressione che un regista deve gestire. Specie dall’alto. È qualcosa che le succede ancora oggi o il successo dei vostri film ha reso il processo più semplice?

David Leitch: “Abbiamo molto tempo come team e abbiamo un lungo guinzaglio da parte dello studio che ha molta fiducia in noi. Ma la natura dell’essere un regista è che ogni giorno è un assalto di domande, decisioni e negoziazioni. E non solo con lo studio, ma con la logistica della realizzazione di un film, le restrizioni finanziarie, i problemi creativi con un dipartimento. Reinventi o negozi costantemente. È come avere un sacchetto di biglie. Le butto sul tavolo e per il resto della giornata devo cercare di mantenerne il maggior numero. Alla fine di quello stesso giorno ne avrò la metà. Ma saranno mie”.

Ryan Gosling, Aaron Taylor-Johnson, gli stunt Ben Jenkin, Logan Holladay e Justin Eaton con David Leitch

Ryan Gosling, Aaron Taylor-Johnson, gli stunt Ben Jenkin, Logan Holladay e Justin Eaton con David Leitch sul set di The Fall Guy

Il film è anche una sorta di avvertimento per Hollywood contro l’uso massiccio di CGI, VFX e intelligenza artificiale. Credete in un cinema più concreto e reale?

Kelly McCormick: “Non penso sia un avvertimento, ma penso che sia fantastico che abbia funzionato così bene nella nostra trama. In modo che sia un po’ come una briciola. Comunque è un fenomeno del quale dobbiamo capire le giuste dinamiche. La tecnologia che usiamo nell’industria cinematografica finisce per lavorare molto contro il nostro protagonista, ma lui riesce comunque a trovare la vittoria nella verità. La nostra speranza è che diventi una conversazione positiva, quella che tutti noi potremmo avere con l’intelligenza artificiale”.

In The Fall Guy spesso viene detto che nessuno vede gli stuntman. È qualcosa che ha provato anche lei?

David Leitch: “La maggior parte della mia carriera da stunt è stata un’esperienza fantastica. E come stuntman in qualche modo hai l’aura di essere super cool perché stai facendo delle cose molto pericolose. E devi affrontarle con un po’ di spavalderia. Ma c’è una sorta di mancato riconoscimento. Come quando ti chiedono di fare un’altra ripresa. Dici: ‘Beh, le prime due hanno fatto davvero male’. E loro rispondono: ‘Sì, ma sei uno stuntman’. Come se fossi invincibile o qualcosa del genere. ‘Ma davvero abbiamo bisogno di dodici ciak in cui cado per le scale?’. A volte è come se ci fosse una sconnessione, come se si dimenticasse che chi fa lo stunt è un essere umano e non è invincibile. E penso che nel film stiamo smantellando alcune di queste cose grazie a Colt. “Sono stoico, ma fa male”. Il fuoco fa male, cadere da una finestra fa male. Tutto fa male”.

The Fall Guy è anche un film che parla di rappresentazione. Colt esorta Jody a finire il suo film che potrebbe spingere un domani qualche giovane ragazza a diventare regista. Kelly, da produttrice, quanto è importante per lei sottolineare che i film d’azione non sono solo un genere maschile?

Kelly McCormick: “Non mi piace molto fare interviste, divento davvero nervosa. Ho uno strano rapporto con questo aspetto del lavoro perché David è il regista, quello che le persone vogliono sentire parlare. Ma realizziamo film in modo estremamente collaborativo e gli piace coinvolgermi nella conversazione. La mia publicist dice sempre: ‘La gente ha bisogno di sentirti. Sei una donna in un ambiente dominato da uomini. E questa è una storia importante per il futuro’. È uno dei motivi per cui finisco per sedermi qui con lei. Perché penso che abbia ragione, per quanto sia difficile.

Il personaggio di Jodie originariamente era una truccatrice. E c’erano molti elementi interessanti che potevano accadere lì, perché lei era più grande di Colt e avevano una sorta di dinamica da sorella maggiore e fratello minore. Ma volevamo di più. Lo stesso Ryan voleva una storia d’amore tra i due. È stata una mia idea trasformarla in una regista esordiente. Se vogliamo avere qualcuno come Emily Blunt nel cast, abbiamo bisogno che anche lei abbia molta posta in gioco. E parlando di rappresentazione, mettendo una donna al centro su quella grande sedia da regista, penso sia stato un grande passo verso quel tipo di conversazione”.

Emily Blunt e David Leitch sul set

Emily Blunt e David Leitch sul set

Una battuta del film si riferisce alla possibilità di una categoria degli Oscar per gli stunt. In passato ne avevate già parlato apertamente. Ci sono novità all’orizzonte?

David Leitch: “Ce ne sono molte. Quest’anno siamo stati davvero fortunati a produrre il segmento degli Oscar con Ryan ed Emily in cui hanno presentato un tributo alla comunità degli stuntmen. Internamente c’è stato un gruppo di loro che ha lavorato per molti anni per aprire la strada. E penso che ci sia una vera trazione positiva. In parte è l’Academy che lo vuole e ne ha bisogno e ci ha mostrato un supporto positivo, in parte stiamo capendo cosa dovrebbe realmente essere quel premio. Quello che conta davvero è il contributo artistico del dipartimento.

Non è tanto il fatto che la singola persona abbia bisogno di un premio come il miglior attore. Si tratta più di qualcosa simile ai miglior costumi o alla miglior scenografia.  Quei due minuti nell’evento televisivo sono stati davvero importanti. Potevano essere usati in molti modi diversi. Concederceli per celebrare le acrobazie e rendere un tributo alla comunità degli stuntmen, per me è un’azione che parla forte come lo sono le loro parole, piene di speranza e molto calorose. Ci siamo sentiti davvero onorati di far parte dell’evento quest’anno”.

Spesso nei film action le sequenze d’azione sembrano scollegate dal resto della trama. In The Fall Guy, invece, c’è fluidità narrativa. Come avete lavorato con Drew Pearce per raggiungere questo scopo?

Kelly McCormick: “Drew è fantastico ed è un grande collaboratore. Crediamo però anche che la sceneggiatura sia solo una sorta di progetto, di planimetria. Andiamo in molti posti diversi mentre giriamo una pellicola. C’è un vecchio adagio secondo cui un film si fa tre volte: sceneggiatura, produzione e post-produzione. È assolutamente vero nel nostro caso. Penso che David integri sempre questo bellissimo intreccio di molte cose diverse che accadono. In questo caso, la storia d’amore è davvero speciale. È la colonna vertebrale. Abbiamo scoperto nel corso degli screening test che i focus group volevano più romanticismo, il che è un’impresa enorme per un regista d’azione (ride, ndr).

David Leitch: “La sequenza del camion della spazzatura, ad esempio, è collegata alla storia d’amore. Riuscire ad unire l’azione e lo spettacolo alla vera posta in gioco emotiva del personaggio e non solo alla posta in gioco della trama: questo è il trucco. All’inizio Colt è davvero arrugginito. Poi nella scena del fuoco sul set di Metal Storm inizia a trovare il suo ritmo. Comincia a migliorare. E inizia anche a riconquistare fiducia agli occhi di Jodi. Fino all’ultima, incredibile, acrobazia in cui dimostra semplicemente di essersi ripreso. Tutto è connesso all’arco narrativo del suo personaggio”.

Ryan Gosling e David Leitchsul set di The Fall Guy

Ryan Gosling e David Leitch sul set di The Fall Guy

Un’ultima domanda: nella vita quanto è importante sapere come cadere?

David Leitch: “Penso che non si impari nulla dai propri successi. Si impara solo dai propri errori. Gli stunt cadono, si rialzano e ricominciano. E lo fanno quando sentono ancora tutti i colpi e i lividi. È davvero notevole. La cosa fantastica del titolo del film è il suo triplo senso. Cadere e rialzarsi metaforicamente è fantastico. Nel mondo di Colt succede più volte. Ma essere abbastanza coraggioso da innamorarsi (in inglese to fall in love with, ndr) e mostrare la propria vulnerabilità con quella persona è tutta un’altra cosa. Saper cadere è fondamentale”.