Mare Fuori 4, parla Alessandro Orrei: “Mimmo è una pedina del mondo mafioso. Ha sempre subito la vita in maniera passiva”

"È giusto porre il focus di questa serie sull'errore, sullo sbaglio, sulla criminalità, in funzione di far capire che questi ambienti causano problemi a vita", spiega uno dei protagonisti della serie dei record, dal 1 febbraio su Rai Play e dal 14 febbraio ogni mercoledì su Rai 2. L'intervista di THR Roma

(Questo articolo contiene spoiler della terza e quarta stagione di Mare Fuori).

Occhi color ghiaccio, felpa col cappuccio alzato e volto imperscrutabile. Quello di Mimmo, uno dei giovani detenuti nell’IPM di Mare Fuori, è un personaggio ambiguo e complesso. È il motivo per cui Alessandro Orrei si è sentito da subito motivato nell’interpretarlo. “Non ho trovato neanche un punto in comune tra me e lui. E questa, da attore, è una cosa bellissima. Se non trovi un collegamento con il tuo personaggio significa che devi costruire un’altra entità da zero”.

Il suo Mimmo è un ragazzo di famiglia umile, che entra nella camorra per superficialità rispetto ad un mondo apparentemente patinato e redditizio. “Fin ora sono sempre stati gli altri a scegliere per lui”, spiega Orrei, preannunciando una nuova presa di coscienza nella quarta stagione. “Adesso che si trova a scegliere per sé stesso, si rende conto che il suo obiettivo è quello di allontanarsi dal mondo criminale e ricongiungersi con la sua famiglia. Ma per questo dovrà lottare. E non è certo che ci riuscirà”.

Perché Mare Fuori è anche l’esempio che non sempre una redenzione è possibile. A maggior ragione se si è parte di un meccanismo fatto di famiglie potenti e legami indissolubili. In cui fuggire è più grave di uccidere, e un ipotetico tradimento equivale a rischiare la vita.

La quarta stagione è disponibile per intero su RaiPlay e sarà trasmessa ogni mercoledì con due episodi su Rai2.

Mimmo è un personaggio difficile da inquadrare, perché si pone al margine di tutti i gruppi dell’IPM. Come lo vedremo evolvere in questa quarta stagione?

Difficile dirlo senza fare spoiler. Mimmo è sempre stato etichettato come il ragazzo dalla doppia faccia, anche a causa delle sue due famiglie. È un personaggio molto criptico e particolare. Ma forse proprio in questo risiede la sua vera evoluzione. Le maschere che lui indossa vengono pian piano a mancare, proprio perché nel tempo, crescendo e affrontando gli eventi della vita, Mimmo ha iniziato ad evolversi.

Come abbiamo visto nella terza stagione – dopo l’omicidio di Pirucchio, che è un evento chiave -, la sua storia inizia a cambiare. Riusciamo a vedere che sotto quella facciata di rabbia e frustrazione c’è in realtà una grande fragilità.

In effetti nella quarta stagione queste maschere iniziano a sgretolarsi sempre di più.

Dato il suo percorso e le sue scelte, Mimmo è un personaggio che ha sempre subito la vita in maniera passiva. Nel mondo mafioso è semplicemente una pedina: sono gli altri a scegliere per lui. Adesso che si trova a scegliere per sé stesso, si rende conto che il suo obiettivo è quello di allontanarsi dal mondo criminale e ricongiungersi con sua madre, con i suoi fratelli e la sua famiglia. Ma è molto più facile a dirsi che a farsi. Dovrà lottare. E non è certo che ci riuscirà.

Mimmo si è infilato dentro un meccanismo più grande di lui, e per questo gli altri detenuti lo etichettano. Mare Fuori mostra anche il codice tossico degli ambienti criminali. 

I detenuti hanno una visione completamente distorta della realtà: è chiaramente parte del mondo che vivono, nonché di un codice che regola la loro esistenza. Mimmo viene etichettato come un infame, ma andando a scavare nella sua storia sappiamo benissimo che ha fatto certe scelte solo ed esclusivamente per sentirsi parte di una famiglia, di un nucleo che lo facesse finalmente sentire incluso.

Avendo avuto un passato disastroso con la sua vera famiglia, quasi per un istinto primordiale va a ricercare l’affetto. È disposto anche a tradire chi lo ha preso sotto la propria ala al fine di trovare questo calore. Il tradimento è un concetto che all’interno del mondo mafioso viene considerato anche peggio di un omicidio. E di questa cosa, Mimmo ne porta il peso addosso ogni giorno.

Ha sempre saputo di voler recitare nella vita?

Direi di sì. Ne ho preso consapevolezza solo verso i 16-17 anni, ma era una sensazione che avevo da anni. Il fatto che fossi un amante del cinema, che guardassi tantissimi film e tantissime serie mi ha portato ad andare a scavare sotto i personaggi che vedevo. Volevo sapere come gli attori dietro la camera lavorassero sui loro ruoli. Poi, col tempo, ho capito che forse mi incuriosivo così tanto perché quello era esattamente il tipo di arte che volevo fare io.

Ha raccontato di aver ricevuto una lettera da un educatore di un IPM che le ha raccontato realtà molto simili a quella di Mare Fuori. Cosa l’ha aiutata nell’interpretazione del ruolo?

Quando ho iniziato a lavorare sul personaggio di Mimmo ho cercato di trovare dei punti in comune con Alessandro. Grazie a Dio non ne ho trovato neanche uno, e questa, da attore, è una cosa bellissima. Se non trovi un collegamento con il tuo personaggio significa che devi costruire un’altra entità da zero. Perciò ho iniziato a dar vita al personaggio di Mimmo a partire dalle cose del tutto differenti da Alessandro. Ho lavorato al negativo rispetto a me stesso, e poi da lì in poi ho iniziato ad asciugare, fino ad arrivare ad un personaggio realistico, che portasse la sua verità alla serie.

I personaggi di CardioTrap, Pino, Carmine e Mimmo

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Che evoluzione vorrebbe per il suo personaggio?

Mi piacerebbe che riuscisse a ritrovare l’amore della sua famiglia. Gli augurerei di ritornare a fare una vita normale e di non dimenticare il passato e le scelte sbagliate. Non perché siano una cicatrice, piuttosto sono un insegnamento per il futuro.

Quando è entrato nel cast della serie aveva idea di star prendendo parte a quello che sarebbe potuto essere un fenomeno globale?

Era letteralmente impensabile. Se anche avessimo voluto immaginare il successo, non avremmo mai potuto pensarlo in questi termini. È stato qualcosa di travolgente, un evento che ha stravolto inesorabilmente la mia vita. Ma d’altronde, come sarebbe potuta andare diversamente?

Si è mai chiesto perché proprio Mare Fuori e non una delle altre numerose serie teen drama?

Mare Fuori non è nata e non si è sviluppata come una serie che voleva puntare al successo. Aveva la sua costruzione, aveva i suoi piccoli obiettivi e cercava di perseguirli al meglio raccontando storie in modo crudo, senza fare giri di parole. Parlare un linguaggio vero significa parlare una lingua universale, che tutti possono capire. Di conseguenza è molto più facile che tutti empatizzino con quella verità, è una reazione a catena.

Uno dei suoi punti di forza è il fatto che non vuole edulcorare la realtà del carcere. Piuttosto si impegna nel mostrare la possibilità di ricominciare dei giovani protagonisti.

Le storie che raccontiamo non nascono per idolatrare o edulcorare, ma per il semplice fatto che se non racconti il marcio, se non racconti le cose che non funzionano, non potrai mai cambiarle per farle diventare migliori. È giusto porre il focus di questa serie sull’errore, sullo sbaglio, sulla criminalità. Per far capire che certe scelte causano problemi a vita. Se vedi un ragazzo come Mimmo e lo giudichi subito, potresti perderti delle sfumature di quella persona. Invece c’è tutto un mondo sotto, degli strati che nascondono una persona fragile e debole.

Basti vedere l’uccisione di Pirucchio. Guardare a posteriori quella scena dà una percezione ben precisa di quello che la serie vuole dimostrare: non basta la forza di volontà a tirarsi fuori dalla camorra.

Esattamente. Non ci vuole poco, soprattutto perché la camorra non è un gioco in cui decidi di entrare ed uscire quando vuoi.

Quella dell’omicidio Pirucchio è stata tra le scene più devastanti della serie. Come ha lavorato per rendere credibile il sangue freddo di Mimmo?

Sono molto contento che l’abbia percepita come devastante, era quello l’obiettivo (ride, ndr). È stata una di quelle scene che ti coinvolgono al cento per cento. Ti isoli da tutto e vivi solo quello che stai facendo in quel momento, non esiste altro. Hai pieno focus su quella cosa perché richiede sia il tuo fisico che le tue emozioni e tutta la tua anima.

Lo dico sempre, a me Mimmo fa tanta tenerezza. È un personaggio davvero fragile che si ritrova in delle situazioni che non vorrebbe che accadessero. Fa male vederlo agire contro la sua volontà, perché è un ulteriore e chiaro segno della sua impotenza.

Quale altro personaggio di Mare Fuori le sarebbe piaciuto interpretare se non Mimmo?

Sarà che ci sto troppo dentro, ma il mio personaggio lo trovo splendido a livello interpretativo. Forse mi piacerebbe vestire i panni di Cucciolo, che come lui vive in una situazione complicata alla quale deve forzatamente trovare delle soluzioni. Tuttavia Mimmo ha veramente una grande profondità, tanti stati d’animo che mi diverto tantissimo a mostrare e a vivere.

Dunque è soddisfatto della sua evoluzione.

Assolutamente sì. Vivendo insieme a questo ruolo da tre anni è stato inevitabile per me crescere insieme a lui. Si è creata una strana chimica tra attore e personaggio che ricorderò per sempre. In fondo, il percorso che ho fatto con Mimmo è stato come una lunga camminata a braccetto nella quale abbiamo imparato sempre di più a conoscerci ed esplorarci. Sia io nei suoi confronti, sia lui nei miei.