Fenomenologia di un Primo Maggio a ritmo di musica, impegno & polemiche. Segno di un’arte che non può essere zittita. Neanche dalla grandine

Un po’ Festivalbar, un po’ comizio e un po’ salotto televisivo, il Concertone ha accolto al Circo Massimo sessantamila persone in mezzo ad un diluvio che ha accompagnato incessantemente le quasi nove ore di diretta dell'evento. Tra comizio di Morgan, impegno politico di tanti, terrore di mamma Rai e tanta, troppa disorganizzazione

Sessantamila teste, tra cappucci delle mantelline, ombrelli e cappelli anti-pioggia occupano l’immenso e storico prato del Circo Massimo. Come da tradizione, il diluvio accompagna la festa dei lavoratori e le quasi nove ore di diretta del Concertone, ma ancora, come da tradizione, serve ben altro per porvi fine. Un po’ Festivalbar, un po’ comizio e un po’ salotto televisivo. Il Primo Maggio è di tutto e un po’, tra impegno politico di tanti (nota a favore tra tutte, quest’anno), tempeste incessanti e tanta, troppa disorganizzazione.

La scaletta è tra le migliori degli ultimi anni, e riunisce gli habitué ai volti nuovi, ai campioni di streaming delle piattaforme. Per quanto criticata dai soliti tradizionalisti, che avrebbero voluto una setlist più variegata e meno sanremese, va spezzata una lancia a favore di chi ha tirato le fila: la scelta dei cantanti è studiata su misura delle necessità e dei successi del mercato attuale, e compensa la nuova location, decisamente scarica e asettica rispetto alla consueta piazza San Giovanni.

Una pioggia fitta e instancabile, prima temporale, poi grandine, ha accompagnato praticamente tutta la giornata e gli artisti, soprattutto quelli del pomeriggio, tanti alle prime armi e in attesa di quel momento da anni. Salgono sul palco i primi, i Bloom, il nuovo gruppo rock guidato da Giusy Ferreri, ma il battesimo, a loro malincuore, non è dei migliori: problemi tecnici e audio impediscono l’esibizione. Allora si prova a cambiare la setlist: ci provano i Cor Veleno, con il fare truce di sempre, noncuranti, a maniche corte sotto la grandine. Ma niente, lo stesso: black-out. Nel backstage girano voci sull’annullamento dell’evento, tutti si riparano stretti nei pochi tendoni al chiuso, dalla capienza limitata, tra attrezzature coperte alla ben e meglio e scarpe infangate. Il diffuso senso di panico parte alle 15 e finisce solo ad evento concluso, rendendo la conduzione evidentemente trattenuta e la scaletta impossibile da seguire alla perfezione.

La musica: antidoto contro il maltempo

A salvare i resistenti, in fila dalla mattina e in mezzo al fango in attesa dei propri beniamini, arriva in soccorso il performer e neopresentatore Ermal Meta. Sale sul palco armato di chitarra acustica, tranquillizza il pubblico e intona lo storico brano di Leonard Cohen, Allelujah. Le nubi si allargano e piano piano, quasi a mo’ di miracolo, invocato dalla canzone, esce il sole sul Circo Massimo.

Il Concerto inizia definitivamente, con radi intervalli di bel tempo e frenetiche piogge che tuttavia non fermano la tenacia di artisti e fan. Si parte col 1M Contest, che premia la vincitrice del 2024, Giglio. Sale poi sul palco Leo Gassmann, che coinvolge i presenti con Dammi un bacio ja’ – colonna sonora della serie Rai Un professore, con protagonista il papà Alessandro – e completa il quadretto familiare con la madre, l’attrice Sabrina Knaflitz, che lo accompagna ballando con lui il nuovo singolo Take That.

Il set di Achille Lauro al Concerto del Primo Maggio

Il set di Achille Lauro al Concerto del Primo Maggio

È poi la volta della neo-conduttrice Big Mama, che varca il terreno del Concertone per il secondo anno anche in veste di artista, e ne approfitta della visibilità ottenuta per appellarsi alla sua generazione. “Siamo circondati da un mondo che ci porta a pensare che sbagliare non sia qualcosa di umano. I voti devono essere sempre alti. Quando sbagli il tuo errore viene sottolineato e si trasforma immediatamente in un forte senso di imbarazzo. Invece dobbiamo capire che il fallimento è qualcosa di prezioso. Ricordatevi che sbagliare è umano, fallire è prezioso e insegna tantissimo”, chiude. E attacca con La rabbia non ti basta, brano presentato a Sanremo 2024 e ormai divenuto un inno all’accettazione di sé.

Sotto una tempesta apparentemente incessante, gli Ex-Otago portano con sé Elisa Casaleggio, ragazza transgender che condivide con il Circo Massimo la sua testimonianza e parla di discriminazioni sul lavoro per le persone non cisgender, un tema fondamentale ma apparentemente invisibile. “Per noi il tasso di disoccupazione è doppio rispetto a quello che ci riguarda tutti come società. Sono cresciuta in una società che non mi ha detto che potevo essere trans, mi ha fatto sentire sbagliata. Noi siamo stati bambini trans che non hanno avuto gli strumenti per comprendersi”. E conclude dando il microfono alla band, anticipandola con una frase del loro brano La nostra pelle, in apertura del set. “Vogliamo ricordare che la nostra pelle ha valore inestimabile: qualunque pelle abiti tu non tradirti mai”.

Morgan, Rutti e le critiche al governo

Il momento più alto del pomeriggio arriva con l’esibizione di Morgan, che dopo due canzoni annuncia il suo discorso. Nel backstage aleggia il terrore, e probabilmente anche tra i vertici Rai, in attesa di un nuovo “Le brutte intenzioni, la maleducazione”. E Castoldi parte: “Diciamo ai signori politici che noi italiani siamo inventori della musica in tutto il mondo. Lasciare gli artisti privi di tutela legale nelle mani del becero mercato squalo è segno di grande arretratezza. Vivere senza canzoni, senza musica, è una vita peggiore”. Continua il comizio presentando un testo inedito, dal titolo Rutti. Prosopopea del mercato discografico attuale, che secondo Morgan dà voce solo a hit preconfezionate e tormentoni estivi: “Qui si esagera e pubblicano tutti. Non mi va di andare contro tutto e tutti. Signore e signori, ecco a voi i miei rutti”, intona, davanti a un pubblico attonito (ma forse neanche troppo).

E il set si chiude con Altrove, il più noto tra i brani dei Bluvertigo, che il cantante suona accompagnato da Noemi, che lui stesso lanciò nella seconda edizione di X Factor. Forse per una divertente coincidenza, o forse per altro, l’esibizione viene sfumata dall’inizio del Tg3, che come di consueto, divide lo slot pomeridiano del concerto da quello più ambito della sera.

Dopo un dj set di Ema Stockholma, che trasforma le rovine del Circo Massimo nella sala della discoteca techno Spazio 900, riparte lo spettacolo in grande stile, con una performance corale di Bella Ciao, quasi a mettere a tacere tutte le faccende di cui si è resa protagonista la Rai negli ultimi mesi, e a sancire di essere sempre, seppur senza dirlo mai esplicitamente, un’emittente antifascista. Almeno nella musica.

Achille Lauro e i diritti umani al Primo Maggio

Segue un monologo sulle donne di Noemi, che denuncia la condizione lavorativa femminile e lo squilibrio tra i sessi, a livello finanziario ma soprattutto di trattamento. «In Italia si continua a dire che dovremmo fare più figli, ma non si fa abbastanza per conciliare maternità e lavoro. E solo con l’indipendenza economica le donne possono difendersi dai soprusi e dalle violenze. Quando si ribellano, il rischio è di rimanere senza soldi, senza lavoro e con un bimbo da mantenere. Per questo è così difficile denunciare”. E le fanno eco, a modo loro, La rappresentante di Lista, che dedicano la propria performance a “tutte le sorelle a cui hanno tarpato le ali”.

L’impegno sociale prosegue ancora, ricordando, di tanto in tanto (per fortuna) il vero senso della manifestazione. Stavolta con Achille Lauro, che dopo aver dimostrato ancora una volta di padroneggiare perfettamente il palco, recita uno stralcio della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. “Articolo 2: Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione. Articolo 4: Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù”.

Da Geolier a Stefano Massini al rapper iraniano

Poi arriva Geolier, che anche in una location diversa dalla sua amata e osannata Napoli, dà prova del fenomeno – inspiegabile e insensato ai più puristi, ma del tutto insindacabile – della sua musica. Prima di I’ p’me, tu p’ te dice al microfono: “Una voce va a tutte quelle persone che vengono trattate in modo diverso per il luogo di provenienza o il colore della pelle, una voce per tutti quelli che si aggrappano al lavoro senza sicurezza, una voce va alle donne che sono troppe a subire. Siamo tutti uguali sotto lo stesso cielo”. E chiude con l’immancabile dose di attaccamento patriottico: “Viva la mia città, Napoli, che mi fa da madre e da padre”.

Geolier al Concerto del Primo Maggio

Geolier al Concerto del Primo Maggio ph. Marta Ferro

Sale poi sul palco l’habitué Tananai, già ospite alla scorsa edizione, che canta Baby Goddamn e il nuovo singolo Veleno. Poi è il momento della struggente Tango, a scatenare le lacrime dei presenti, anche per l’omaggio al rapper iraniano Thomaj Salehi, condannato a morte negli scorsi giorni per la sua vicinanza alle proteste femminili del 2022 e per aver pubblicato musica contro il regime. “Tango è per lui”, dice il cantante, variando la dedica ma non l’impegno che ha accompagnato il brano sin dall’inizio, quando fece uscire il videoclip che riprendeva la storia d’amore a distanza di Olga e Maxim, coppia ucraina costretta a separarsi dopo lo scoppio del conflitto con la Russia.

Poi è il turno dell’intermezzo di Stefano Massini e Paolo Jannacci, già presentato in forma simile a Sanremo, a sensibilizzare sulla tematica della sicurezza e delle morti sul lavoro. “Ogni volta che qualcuno muore sul lavoro è una catastrofe, è uno sfascio, un massacro. Io, allora, oggi sono ‘antifascista’ perché se oggi dici antifascista ti identifica la digos”, dichiara con coraggio Massini, criticando strutture e sovrastrutture di un sistema che in quel momento gli sta dando visibilità.

“Chi muore sul lavoro muore più volte: la prima volta quando vieni stritolato e bruciato dalle fiamme, la seconda quando ti dicono che la colpa era la tua, la terza quando non frega un cazzo a nessuno e la quarta quando saprai di essere morto invano e da uomo diventi fotografia”, continua lo scrittore, accompagnandosi al grido di “mai più”.

Tananai sul palco del Circo Massimo

Tananai sul palco del Circo Massimo. PH: Roberto Panucci

Il monologo di Ermal Meta al Primo Maggio

A poco a poco, le piogge si placano, e sale di nuovo sul palco il presentatore Ermal Meta, che presenta un monologo socio-filologico sulle pari opportunità e sull’uguaglianza, partendo dalla sua testimonianza e dal difficile passaggio dall’Albania all’Italia e alle scuole italiane. “A volte, però, pur nell’uguaglianza siamo diversi e qualcuno può partire svantaggiato nel proprio cammino. Ed è così che ci rendiamo conto che la parola uguaglianza, da sola, non è sufficiente. È a questo punto che ci viene in soccorso un’altra bellissima parola: ‘equità’. Mentre l’uguaglianza ci mette tutti sullo stesso piano, l’equità si muove dalla diversità di ciascuno, per offrirgli ciò di cui ha bisogno per realizzare sé stesso, perché tutti devono poter guardare l’orizzonte del proprio futuro in egual modo”, spiega l’artista. In uno dei momenti più belli e sensati dell’intera giornata.

Critiche alla Rai e provvedimenti disciplinari

La pioggia finisce definitivamente, nel frattempo. Il pubblico aumenta e si lascia andare sempre di più, e l’atmosfera, pian piano, torna magica. Arriva Dargen D’Amico che fa ballare centomila braccia a ritmo del suo impegno politico sotto forma di dance, con Dove si balla e Onda Alta. “La Rai è un lavoratore speciale di quelli che fanno il doppio lavoro, lavora per sé e per la concorrenza. Gli ascolti stanno andando benissimo e l’anno prossimo il Concertone andrà sul Nove”, ironizza, affondando il dito in una piaga fresca e profonda più che mai, soprattutto in questi giorni.

Un frame dal set di Cosmo

Un frame dal set di Cosmo. PH: Claudia Rolando

A prendersi le proprie “responsabilità” (come si è soliti dire oggi per giustificare il proprio attivismo) ci pensa anche Cosmo. Porta la bandiera palestinese sul palco, e quello che aveva presentato come un dj set volto a far ballare si trasforma presto in un rave, di quelli banditi di recente, tra topless, politica, giochi di ruolo, spicchi di pizza (e provvedimenti disciplinari in arrivo?).

Chiude la serata Piero Pelù, tra i più impegnati e vicini al vero senso del Concerto. “Viviamo in un’epoca di guerra, di fake news, di diritti negati”, ringhia, quasi interrotto dalla chiusura ufficiale e dai saluti dei conduttori. “L’unico antidoto è essere cittadini informati, consapevoli e uniti. Soprattutto nel pogo”, elemento trainante dell’intera giornata infinita. Antidoto contro gli imprevisti, i problemi e il maltempo.