Leo Gassmann è Califano: “Un maestro che non si è mai nascosto. Racconto il suo lato umano in un debutto che preparo da tempo”

Il musicista recita per la prima volta, da protagonista, nel film televisivo per la Rai di Alessandro Angelini. "Musica e cinema sono due progetti paralleli che voglio portare avanti e che mi regalano emozioni diverse, ma altrettanto forti". L'intervista di THR Roma

È la terza generazione di attori in famiglia, quella a cui dà inizio Leo Gassmann con il suo ruolo da protagonista in Califano, il film televisivo andato in onda in prima serata su Rai 1 lo scorso 11 febbraio e ora disponibile su RaiPlay.Un ruolo che mette insieme canto e recitazione e che proietta il giovane Gassmann verso un secondo capitolo della sua carriera, parallelo al primo amore che resta sempre la musica.

In Califano si mette alla prova, per la prima volta, per “chiudere il racconto di una storia che è rimasta a metà”, quella del Califfo, conosciuto più per la sua vita frenetica che per il suo lato umano. Quello su cui il film di Alessandro Angelini vuole concentrarsi.

Chi è Califano per un ragazzo della Generazione Z? E come lo spiegherebbe a un suo coetaneo?

Califano è stato un poeta, anche attore, attore, poeta, cantautore e autore straordinario, che ha scritto una pagina della musica italiana, forse anche due. Un grande lottatore, una persona che si è costruita da sola, che ha preso a morsi la vita e ha ricevuto morsi dalla vita a sua volta. Ed è un grande esempio, un esempio raro oggi, perché è una persona che ha raggiunto il successo da adulto. Credo sia stimolante per i ragazzi conoscerlo, perché spesso siamo abituati a fenomeni che scoppiano da un momento all’altro. A volte si pensa che se non si esplode a vent’anni, a venticinque anni, la tua vita è finita, invece Franco è la dimostrazione opposta.

È stata la sua prima esperienza sul set da attore. Ricorda la sensazione o i pensieri al primo ciak?

Il primo ciak è stato particolare. Anche se in realtà il primo giorno di set non mi sembrava fosse il primo giorno davvero. Mi ero preparato al punto da essere pronto a ogni evenienza. Però ero molto emozionato, mi sono divertito, sembrava di andare al parco giochi.

Davvero non aveva mai recitato prima, nemmeno un corso di teatro da bambino?

Da piccolo sì, mi era capitato di fare il Gobbo di Notre Dame in francese, dato che da piccolo parlavo francese, poi purtroppo tra il conservatorio, la scuola e gli amici l’ho un po’ dimenticato. Però sì, ho fatto il Gobbo di Notre Dame quando avevo circa nove anni. Ero uno dei tanti in realtà, ce n’erano diversi che ballavano e cantavano.

Con Califano adesso e con il brano Dammi un bacio per Mare fuori ha già esplorato due aspetti del rapporto tra cinema e musica. Tre se se si include anche il doppiaggio del film Croods 2. Quale preferisce e quale è più probabile che ripeterà in futuro?

L’unico che non so se ripeterò è il doppiaggio, ma non perché non mi sia piaciuto. Ma perché ho un grande rispetto per i doppiatori. È un lavoro molto sottile e lo lascio fare a chi lo fa da tutta la vita, ma l’ho fatto con grande piacere perché mi è stato chiesto e mi sono divertito. Invece il cinema e la musica sono due cose che continuerò a esplorare e con cui creare per tutta la mia vita, mi auguro. Penso che siano due progetti paralleli che voglio portare avanti e che mi regalano emozioni diverse. Ma altrettanto forti, per cui quale vale la pena lottare.

Leo Gassmann. Foto di Fabio Lovino

Leo Gassmann. Foto di Fabio Lovino

Quindi si può dire che dopo Califano proseguirà con la carriera da attore?

Sì, certo, certo che proseguo!

Questa decisione come è stata accolta in famiglia?

Sono stati tutti molto felici. Inizialmente c’erano dei dubbi sul fatto se avessi potenziale o meno. C’è sempre paura da parte di un genitore. Non sai se il figlio sta facendo le scelte giuste, le cose giuste. Poi, però, hanno visto il film e sono rimasti piacevolmente sorpresi e felici. Mi ha fatto tanto piacere.

E perché ha deciso di provare adesso con la recitazione?

In realtà non ho provato adesso. Dopo essermi laureato, circa due anni e mezzo fa, ho deciso di iscrivermi al corso di Alessandro Prete, il preparatore con cui ho fatto una specie di accordo. Ovvero, siccome era una grande responsabilità allenare una terza generazione di attori ci siamo detti che fino a quando non saremmo stati pronti, non avremmo fatto nessun provino. Perciò ho lavorato tanto in questo tempo e quando mi sono sentito pronto, e Alessandro era d’accordo con me, ho iniziato a fare i provini. Così è capitato Franco. È stato un percorso lungo, come sono abituato ormai a fare quando sono bambino. Sono abbastanza abituato agli esami e alla pressione. È stata una grande conquista, una grande opportunità e sono molto onorato di averla avuta.

Cosa l’ha messa più in difficoltà in questo primo ruolo, cosa invece le è venuto più naturale?

Forse all’inizio era difficile intuire e capire il motivo per il quale Franco aveva fatto certe scelte nella vita. Poi però, studiando la sua persona, leggendo tanto, lavorando sul mio corpo, sulla mia mente, ho capito e ho dato una mia interpretazione. Ho trovato la soluzione e una quadra. Ciò che mi è riuscito in maniera più semplice, invece, è stata l’empatia con il grande senso e sentimento di ingiustizia che ha subito Califano nella sua vita.

Valeria Bono (Ornella Vanoni) e Leo Gassmann (Califano) in Califano

Valeria Bono (Ornella Vanoni) e Leo Gassmann (Califano) in Califano. Foto di Marco Bellucci

Ci sono aspetti di questa storia che sente di aver dovuto smussare per il pubblico di una prima serata di Rai 1?

Sicuramente è una tematica su cui è giusto riflettere, nel senso che quando si va in onda su un canale nazionale è giusto comunque farsi portatori di “buoni valori”. Non penso però che sia necessario concentrarsi troppo su questo. Su Franco sono state dette molte cose mentre era in vita e anche dopo che è morto. Nell’immagine collettiva quando si pensa a Franco Califano si pensa alla sua vita frenetica, legata alle droghe e alle donne. E lui non l’ha mai negato, non l’ha mai nascosto. Non si è mai nascosto. Questo film contribuisce a chiudere il racconto di una storia che è stata raccontata a metà. È un tributo non solo a un grande maestro ma a una grande persona che non si è mai nascosta davvero dietro un dito, che però non ha mai avuto la possibilità di spiegare il motivo per il quale ha iniziato a fare una vita del genere e quindi credo che sia importante ricordarlo concentrandosi sul suo lato umano. Spero che il film possa aiutare il pubblico a capirlo di più, a capire che non si nasce così, ma ci si arriva a determinate cose nella vita.

Nel film canta, fra tanti, un brano rappresentativo, La mia libertà. Qual è la sua libertà come artista e come uomo?

La mia libertà è scegliere sempre storie che mi piace raccontare, sia dal punto di vista musicale che recitativo. È la possibilità, la libertà di amare le persone che sono intorno a me, di non essere mai giudicato ma essere valorizzato per le qualità che ho e valorizzare le persone intorno a me per le qualità che hanno. E poi la libertà è divertirsi, la vita non è che un soffio, va vissuta fino all’ultimo e va morsa con tutti i denti che abbiamo in corpo.