Roma. Quartiere Parioli, Piazza Euclide, tra le più note della Capitale. Ciò che non tutti sanno è che sotto l’imponente basilica del Sacro Cuore Immacolato di Maria sorge un patrimonio artistico inestimabile. Quasi come una cripta sotterranea, che conserva i resti sacri di un’eredità ormai persa, i Forum Studios portano chiunque vi entri in una dimensione parallela, fatta solo ed unicamente di musica. Con l’unica, essenziale, differenza che quell’eredità è viva, ora più che mai.
La storia della musica sotto la piazza “pariolina”
Gli studi furono fondati nel 1970 dalla quadriade sacra composta da Armando Trovajoli, Ennio Morricone, Luis Bacalov e Piero Piccioni, e sin da subito ottennero il primato di uno dei luoghi culturali più fervidi e di riferimento del panorama nazionale, casa della musica in tutte le sue forme.
Morricone vi trascorse la vita, fino agli ultimi suoi giorni; De André incise in una delle sale Storia di un impiegato; i Red Hot Chili Peppers, Kanye West, Chet Baker e Leonard Bernstein registrarono lì le loro composizioni romane.
Ma forse, e ancora di più, fu luogo di nascita delle più grandi colonne sonore della nostra filmografia. Ultimo tango a Parigi, La vita è bella, C’era una volta in America e Profondo Rosso sono solo alcune di quelle incise nei Forum Studios, che conservano ancora il “campanello” autore di quel loop ossessivo noto in tutto il mondo grazie al film di Dario Argento o lo stesso divano in cui Ennio si sedette per registrare le note d’accompagnamento di uno dei capisaldi di Sergio Leone.
“Se Mozart fosse vivo oggi scriverebbe colonne sonore”, dice Marco Patrignani, produttore, organizzatore culturale, figlio dell’acquisitore degli studi e conservatore della loro immensa storia. In effetti, il musicista animò la vita della Vienna del Settecento con composizioni per libretti e rappresentazioni teatrali, esempi di esperimenti strumentali vivaci ed evocativi. Il che, traslato al giorno d’oggi e al panorama attuale, è un po’ lo stesso intento del genere delle soundtrack, che viaggiano su un binario esattamente parallelo a quello del cinema.
Forum Studios, il regno delle colonne sonore
Per quanto subisca anch’essa la crisi dell’audiovisivo, la composizione cinematografica è in un periodo più florido che mai: si veda il trionfo del genere musical a Broadway e la presenza massiccia nelle classifiche di brani dalle pellicole più apprezzate dell’anno (prime tra tutte, Barbie e Guardiani della galassia). Ecco allora che prendono vita delle iniziative per contribuire alla divulgazione su larga scala di questo rapporto necessario e inestricabile.
Varie location capitoline ospitano la terza edizione del Roma Film Music Festival, manifestazione nata proprio per omaggiare questo legame. Tra vari incontri e talk con ospiti di spicco come Carlo Verdone o Peppe Vessicchio, l’Auditorium della Conciliazione accoglie 007 Skyfall in concert.
La pellicola di Sam Mendes rivive sullo schermo, accompagnata dall’Orchestra Italiana del Cinema, diretta dal maestro Anthony Gabriele. Novanta elementi, tra percussioni, archi e arpe, accompagnano quasi centocinquanta minuti di pellicola con migliaia di battute (solo i primi dieci minuti ne contano oltre quattrocento) – che riprendono la colonna sonora di Thomas Newman e Adele, ma anche momenti d’azione resi ancora più plateali dal sottofondo sinfonico – per dare alla visione una fruizione nuova e organica.
Quella notte al Colosseo
Già nel 2018, un’iniziativa simile aveva stregato Roma, quando dentro al Colosseo, Il Gladiatore di Ridley Scott era stato proiettato nell’ambiente più adatto al racconto di Massimo Decimo Meridio. “Fu proprio Russell Crowe a contattarmi per partecipare e vedere il film in quella location”, ricorda Patrignani di quel primo successo benefico, che oltre a donare cinque milioni di euro contro la poliomielite, contribuì a forgiare una nuova idea di colonna sonora.
Perché la musica è parte integrante del prodotto cinematografico finito. Contribuisce attivamente alla sua buona riuscita e contamina l’intera sceneggiatura: cambia tutto, può regalare una percezione nuova, “anche se spesso non le viene dato il valore necessario”, spiega Patrignani.
“La sovrintendenza dei Beni Culturali ha definito i Forum Studios uno dei musei più importanti del Novecento italiano”, aggiunge. E in effetti, le pareti dello Studio testimoniano il passaggio degli anni, il cambiamento delle tecnologie e dell’evoluzione musicale e delle colonne sonore.
Dai registratori analogici più ricercati degli anni Ottanta (gli stessi che usavano Quincy Jones e Michael Jackson) a quelli digitali di ultima generazione. Conserva compressori del suono, equalizzatori e strumenti ormai considerabili storici.
“Mi sento custode di questa storia”, continua. “E non è difficile preservarla, perché è talmente eccitante che trasmette emozioni. Forum è un sole enorme, il mio ruolo è solo quello di dare vita a dei raggi. È un’esperienza di divulgazione”. Che tuttavia, non è sempre semplice, perché quello delle colonne sonore è un campo in grande difficoltà, come tutto quello dell’arte e della cultura, più in generale.
Budget bassi, la battaglia sui diritti
“I budget sono sempre più bassi, c’è in corso una battaglia ancora aperta per ciò che concerne i diritti. Per questo, spesso, si scritturano musicisti di altri paesi, in cui il costo della vita è più basso e le stesse produzioni hanno costi diversi”. È proprio per questo motivo che risulta essenziale continuare a preservare questa branca artistica, questa cultura fondamentale di cui solo una decina di strutture in tutto il mondo si fanno ancora promotrici.
E forse, questo intento divulgativo, va cavalcato ancor di più nell’ottica di un recente ritorno alla cultura del suono, di cui la riuscita del disco in vinile è indice assoluto. “Sintetizza la necessità di avere un ascolto più profondo. Il vinile coglie tutte le frequenze, il file digitale mp3 è compresso, non permette di percepire lo spettro armonico allo stesso modo”. Motivo per cui, quasi tutti i brani e le colonne sonore dello scorso secolo, che ascoltiamo ora tramite le piattaforme streaming, subiscono una rimasterizzazione continua. Con l’intento di replicare quelle possibilità che – anche a distanza di decenni, dopo un’innovazione tecnologica ben più avanzata di ciò che si sarebbe potuto immaginare – solo la musica registrata in studio, su dischi fisici e vinili, sembra riuscire a restituire all’ascoltatore.
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