Sembravano possibilità opposte tra loro, il cantautorato, il pop psichedelico e la musica elettronica, rette parallele incapaci di incontrarsi. Erano i primi anni 2000, e tra echi di dance, house e scarti di elettronica, in Italia si fa molto lentamente strada una tendenza nuova. Marco Jacopo Bianchi (nome d’arte, Cosmo) è il primo a cavalcarla, e inizia a mixare tra loro tutti quei generi noti, tentando di preservarne le caratteristiche e le peculiarità. E tra synth, sottofondi ambient e basi italo-pop dà vita ad un genere ibrido, un antipop.
A sua volta, tra morbide psichedelie e pellicole sgranate, il regista Jacopo Farina racconta la lucida evoluzione dell’artista che ha saputo rendere miscellaneo il panorama underground italiano.
A vent’anni dalla sua uscita con il gruppo rock Drink To Me e a dieci dall’album solista d’esordio, Disordine – anticipato dalle cover di Abbracciala, abbracciali abbracciati e Io ti venderò di Lucio Battisti e Ritornerai di Bruno Lauzi – , la figura di Cosmo prende forma in Antipop, il documentario sulla sua vita disponibile su Mubi e distribuito in varie sale selezionate dalla stessa piattaforma.
Farina, già noto autore di videoclip per alcuni degli artisti più famosi dell’indie italiano – Tutta la vita di Gazzelle, TRAUERMARSCH di Tuttifenomeni, e lo stesso Sei la mia città di Cosmo –, porta con sé il suo backgruound da videomaker d’avanguardia, evidentemente svincolato da ogni convenzione e da ogni assioma accademico. Nel suo esordio dietro la macchina da presa Farina ricostruisce tramite materiali d’epoca e un voiceover dello stesso protagonista l’ambiente casalingo di Cosmo, l’ingombrante ideologia politica respirata già dall’infanzia in famiglia e la tanto nominata città natale, Ivrea. Tra il grigio delle industrie e i colori al neon dei locali, in una realtà fatta di opposti che convivono in armonia, metafora della sua stessa produzione artistica.
Antipop
Cast: Cosmo
Regista: Jacopo Farina
Sceneggiatori: Jacopo Farina, Marianna Schivardi
Durata: 60 minuti
Il potere extra-artistico della musica
Non è solo musica, non è solo elettronica. Antipop racconta un’arte ben più viscerale, e lo fa in maniera quasi astratta. Ci si immedesima subito in quella realtà tanto intima quanto collettiva, fatta di fabbriche, club e studi di registrazione. E la modalità di raccolta cronologica, che spesso finisce per banalizzare certi lavori biografici e per sovrastarne le possibilità creative, acquisisce ora una forma più interessante, permettendo di capire l’artista Cosmo (e ancor prima il ragazzo Jacopo) tramite gli ambienti e le convinzioni che hanno l’hanno forgiato.
Perché l’ambiente in cui nasce e vive Cosmo è piuttosto particolare. Figlio di un padre convinto ed estremo nelle sue posizioni politiche, nipote di nonni animati da un forte desiderio di lotta di classe, e fratello di un uomo d’industria, immerso in quell’altra parte di Ivrea molto meno neon e molto più ordinaria, quella delle fabbriche. Da un contesto familiare come tanti, fatto di minimi scontri, incomprensioni e convinzioni diverse, Cosmo inizia a sperimentare. Cerca il suo percorso, la via artistica più congeniale a sé, e forse più distante dalle sue radici.
È così che la musica, a partire dal suo intento puramente edonistico, diventa possibilità evolutiva, tendenza onirica. Frenetica, rumorosa ed elettronica. E lo fa in contemporanea col cambiamento di fotografia del documentario, che senza avvertire, dal grigio delle industrie passa indistintamente ai carichi colori saturi della vita notturna tra locali.
I sessanta minuti scarsi di Antipop danno un’idea vivida e precisa di chi è Cosmo, di chi è Jacopo Marco Bianchi e forse, ancor di più di chi è Jacopo Farina. Ci mostra a pieno la storia dell’artista, nel modo a lui (e allo stesso Cosmo) più congeniale. Ciò in cui il documentario riesce particolarmente bene è il racconto del successo e contemporaneamente la paura di fallimento: una realtà ambivalente tanto diffusa quanto resa nascosta, quasi fosse un tabù.
Tra le disparate ispirazioni dai Sonic Youth e i Radiohead ma anche dall’ultimo Battisti o da Battiato, Antipop, invece, è quasi un elogio alla possibilità di fallire, allo smettere di crederci, e poi, subito dopo al sapersi reinventare in nome della volontà. Al coraggio di essere diversi nonostante le pretese del mercato, e alla capacità di saperlo condividere. Nonostante la paura.
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