MP5. La sovversione come necessità: “Sono quello che disegno”

I corpi, e quindi la politica, al centro delle opere dell’artistə di assoluto talento che passa dall’illustrazione alla street art fino alla moda senza mai perdere l'identità. Disegni che emozionano, manifestano, rompono schemi e che in Corpus escono dalle pagine per parlarci. L'intervista di THR Roma

Questa intervista a MP5 è pubblicata nell’edizione cartacea di The Hollywood Reporter Roma, Corpo Libero.

Corpi liberi, corpi prigionieri, corpi assetati e bramosi. Mutati, esanimi, svuotati. Corpi pensati come opere politiche, animati da un valore sociale e collettivo, che MP5 rappresenta in tutte le declinazioni possibili, con una forma d’espressione ibrida, a metà tra arte, attivismo e graphic design. E il desiderio di dare voce a una costellazione sempre più immensa di possibilità umane, partendo dall’idea per cui tutto ciò che è personale è anche politico.

Evasivə e indefinibilə fin dal suo nome – che racconta essere nato per sbaglio, da un malinteso, quando l’organizzatore di una mostra bolognese lo scrisse su un manifesto per presentarlə, e “mi disse che alla fine era carino” – MP5 rifugge ogni tentativo di categorizzazione. Che forse sarebbe anche superfluo per un’opera (e un’autricə) che rappresenta l’uomo come individuo in tutte le sue possibilità personali, e dunque politiche. Corpi sovvertitori, militanti, rivoluzionari e agitatori di folle, i suoi. Disegnati nella loro inerzia e nel loro irrefrenabile movimento. Solitari e isolati ma esseri umani sociali bisognosi di calore dei propri simili.

Mp5 li rappresenta tutti con un tratto di pennarello riconoscibile, liscio e pulito, che scorre sicuro, senza interruzioni. Alcuni lo individueranno nel libro (e nel podcast omonimo) Morgana di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri. Altri lo scorgeranno nella copertina del romanzo Corpi minori di Jonathan Bazzi e altri ancora nei manifesti dell’organizzazione Non una di meno. MP5 si ispira al panorama europeo, quello della sua formazione e in cui lavora da oltre vent’anni alla creazione di illustrazioni, dipinti, fumetti, performance artistiche, animazioni e opere di street art legate al movimento queer e femminista.

Sono oltre cinquecento, e le ha riunite tutte nel suo Corpus – un titolo gioco di parole che rimanda sia a un grande racconto archivistico della sua pratica artistica sia al corpo come soggetto protagonista di ogni suo lavoro – pubblicato lo scorso novembre da Rizzoli Lizard.

Mp5 Corpus

Copertina di Corpus, MP5, Rizzoli

Una mostra su carta, suddivisa in tre capitoli (e tre mondi possibili di questa entità-corpo) interscambiabili e funzionali l’uno all’altro: erotico, ermetico, eretico. Fatta di corpi raffigurati nel loro aspetto più intimo e insieme pubblico, in un gesto erotico performativo che ovunque venga ritratto “è un manifesto politico”. Fatta anche di corpi anonimi, resi noti da tratti distintivi come barba o capelli ma “privati della loro sessualità”, per abolire una certa visione della carnalità intesa come mero pretesto sessuale. “Un gesto erotico è un modo per dire io sono qua, esisto. E nessuno mi può dire qualcosa su quello che sto facendo. Disegnarlo è fondamentale, in un momento in cui la sessualità viene costantemente attaccata”.

E ancora corpi inanimati, privati anche della loro iride, “per sfuggire all’interpretazione”, che MP5 respinge fermamente, la evita in tutto e per tutto. Si propone l’obiettivo di decostruire le limitazioni di tutti i generi e di tutte le definizioni facendosi carico del potere politico connaturato al suo universo individuale e portandolo a uno stato più alto, per aprire una strada di confronto attraverso l’unico mezzo possibile, l’arte. Narra storie di “persone che vivono sospese. Anche se non saprei dire se vivono è il verbo adatto, e neanche saprei dire se sono delle persone”. Di certo, è facile dire che sono raffigurazioni universali, di sofferenza e di pulsioni. Fotografie vivide di mondi che, pur essendo unici e insostituibili, offrono un’idea comune e rivoluzionaria, di un futuro libero, “immaginabile e dunque possibile”, in cui “l’identità trascende il singolo corpo”.

MP5

Cattedrale immaginata, MP5. L’immagine è anche la copertina del libro Corpi minori di Jonathan Bazzi, Mondadori

Ha preso parte a vari mondi: dalla moda, all’attivismo, dall’illustrazione fino al graphic design. C’è un universo nel quale si ritrova più che negli altri? 

A me sembra di aver attraversato sempre un unico mondo, quello del disegno. Ci sono volte in cui quello che faccio inizia e si conclude sul tavolo del mio studio, altre volte in cui devo salire su una gru e dipingere a trenta metri di altezza. Cambia il luogo o il supporto, ma l’esperienza è sempre la stessa.

Sfogliando il catalogo delle sue opere, vengono in mente Banksy, Escher, ma anche il teatro greco. Sente l’influenza di qualche artista?

È impossibile rispondere a questa domanda. In generale tutto ciò che riguarda l’ispirazione per me è ondivago, non saprei dire davvero chi e cosa mi ha ispiratə nel tempo. Ci sono idee, film, opere d’arte che mi ossessionano per mesi ma che poi lasciano spazio a cose nuove, per poi magari tornare a darmi ispirazione. Tutte le espressioni creative smuovono qualcosa in me, ma non so dire quanta di quell’energia poi prenda posto nel mio lavoro.

Come nasce la sua inclinazione per il disegno? 

A 16 anni sono statə psichiatrizzatə e il disegno si è rivelato una cura migliore dei farmaci. Da allora non ho mai più smesso, mi sembra quasi di non avere mai davvero scelto il lavoro che faccio, per me è un processo necessario e organico.

Il suo talento ha anche una fortissima “voce” politica. 

Anche questo è stato un processo automatico, sono un’artista ma sono anche unə cittadinə e le due cose sono naturalmente compenetrate. Io sono quello che disegno.

Ha dichiarato “L’identità trascende il singolo corpo”: si spieghi meglio.

Penso che niente e nessuno possa essere rappresentato nella propria interezza. Con il disegno intendo dire che l’identità di genere non corrisponde al corpo biologico.

Raffigurare quante più diversità è un modo di dar spazio a chi non ne ha? 

Io rappresento solo e unicamente il mio di mondo e in quel mondo non esistono diversità. Non credo nel concetto di diversità, piuttosto in quello di unicità. Quando disegno non ho alcuna sovrastruttura, ognuno poi è liberə di farsi emozionare come preferisce o, più razionalmente, trarre conclusioni.

Come può un’opera soggettiva come il corpo umano diventare espressione collettiva?

L’espressione artistica è la materia soggettiva per eccellenza, per me di oggettivo non esiste nulla.

Ha detto “A volte ho potuto ritrarre le persone che mi stanno più vicine e i loro corpi, corpi che cambiano, fuori norma”. Esiste davvero un concetto di norma? È necessario lavorare affinché questo venga sempre più arginato?

Ho citato un termine cui io do un mio personale significato. Il principio è che non esiste una norma, esiste solo ciò che è fuori norma. E mi piace sottolinearlo.

Il tratto lineare e semplice del suo disegno è in netto contrasto con la complessità dell’umano, al centro della sua opera. È una dicotomia voluta? 

Non userei la parola complesso, ogni umano mi sembra piuttosto unico, è quello l’aspetto che mi interessa. Il tratto lineare e semplice è il culmine di un processo, sia stilistico che personale, di cui sicuramente questa dicotomia fa parte ma che, di nuovo, è difficile per me razionalizzare.

Perché è essenziale rappresentare l’atto erotico? 

Perché l’atto erotico ha la stessa forza di quello politico. Il nostro corpo è lo spazio che occupiamo nel mondo, la differenza tra privato e pubblico è soltanto un’illusione.

Essere artisti implica necessariamente una presa di posizione politica?

Vivere nel mondo comporta una presa di posizione politica. Di riflesso ogni artistə contiene un’identità politica, che la si voglia mostrare o meno.