Come si racconta la vita di una delle più grandi voci della musica moderna data in pasto ai tabloid? Ci ha provato Matt Greenhalgh, lo sceneggiatore di Back to Black, il biopic diretto da Sam Taylor-Johnson (qui la nostra recensione) – in sala dal 18 aprile con Universal – dedicato ad Amy Winehouse interpretata da Marisa Abela.
Back to Black e il punto di vista di Amy
“Sapevamo che c’erano molti luoghi e storie oscure in cui avremmo potuto addentrarci, ma non era quella la nostra missione. Abbiamo sempre voluto far luce sul suo personaggio che forse era stato trascurato in passato. Volevamo che Amy diventasse il modello che avrebbe potuto essere e che il film celebrasse davvero la sua vita. Mi sono sentito davvero fortunato di poter avere l’opportunità di scriverlo”, racconta a THR Roma lo sceneggiatore già dietro altri due film biografici musicali, Nowhere Boy e Control, dedicati rispettivamente all’adolescenza di John Lennon e alla vita di Ian Curtis dei Joy Division.
“Abbiamo iniziato cercando di raccontare il film dal punto di vista di Amy. Sentivo che tutti gli altri documentari e molti altri resoconti sulla sua vita provenivano dall’esterno. Invece di essere la storia del pesce rosso nella vasca dei pesci rossi con tutti che hanno un’opinione, qui è il pesce rosso che racconta la sua storia” sottolinea la produttrice del film Alison Owen. “È il punto di vista, l’esperienza e la prospettiva di Amy che abbiamo cercato di ottenere dalle canzoni, dai testi, dai quaderni. Matt ha abitato il suo mondo e ha cercato di sperimentare quello che è successo come Amy lo avrebbe sentito. Non volevamo cercare nessuno da incolpare. La dipendenza è l’unico cattivo nel nostro film”.
Amy & Blake
E parlando di “cattivi” è impossibile non fare un accenno a Blake Fielder-Civil, marito della cantautrice londinese che la introdusse alle droghe pesanti e con la quale ebbe una relazione complessa e a tratti violenta. “È stata una corda tesa da camminare, ma sentivo che eravamo dalla parte giusta”, confessa la produttrice.
“Volevamo mostrare Blake attraverso gli occhi di Amy perché era spesso rappresentato dalla stampa dell’epoca come una specie di drogato schifoso. Non volevamo giudicare se fosse vero o meno, ma volevamo mostrarlo attraverso il suo sguardo perché nessuno si innamora di uno schifoso drogato. Si innamorano di come li vedono. E per Amy, Blake era una specie di James Dean che incontra Joe Strummer che incontra Romeo. Una figura ribelle e affascinante con cui aveva un’alchimia straordinaria”.
I testi di Amy Winehouse come stella polare
Per raccontare la sua storia dal suo punto di vista, Matt Greenhalgh ha usato i testi delle canzoni di Amy Winehouse come stella polare capace di indicargli la via da percorrere.
“Sono entrato nell’intero mondo di Amy e ho ascoltato incessantemente il significato dei suoi testi e cosa significavano per me e per le altre persone. Sono due cose ben diverse. Tutto dipendeva dal fatto che riuscissi a trasporli nella parte giusta della storia della sua vita per avere il maggiore impatto e intrattenimento. Sono stato davvero pignolo. Ricordo di aver scritto la sequenza di Back to Black e sapevo esattamente quale immagine fosse, dove sarebbe stata Amy nel mondo e cosa stava pensando in ogni singola riga di quel testo. Nella maggior parte dei testi c’era un significato così profondo dietro, ma non puoi mai affermare di sapere esattamente cosa sta succedendo. Puoi capirlo solo quando lo ascolti”, sottolinea lo sceneggiatore.
“È ciò che volevamo mostrare, ma non volevamo nemmeno sottrarci al fatto che lei e Blake usassero droghe insieme. C’è una scena nel film in cui Blake torna con Amy perché lei sta diventando famosa e lui pensa che potrebbero esserci dei soldi in ballo. Abbiamo provato a mostrare entrambi i lati della medaglia, indipendentemente dal fatto che vada bene o meno. È in linea con l’intero film e volevamo mostrarlo attraverso gli occhi di Amy, ma senza rifuggire dalla realtà”.
Back to Black e la luce sull’oscurità
Poco più di due ore in cui, dall’uscita del suo primo disco, Frank, al successo planetario con Back to Black, il film mette al centro la musica di Amy Winehouse. “La nostra visione per il film era quella di riportarla in vita. Viene ancora suonata molto, ma sentivamo che l’eredità della tragedia, della dipendenza e della sua morte prematura stavano prendendo il sopravvento sulla celebrazione del suo immenso talento nel canto e nella scrittura. Volevamo concentrarci di nuovo su quello e sulla luce nella sua vita piuttosto che sull’oscurità. Non volevamo lasciare diventasse la sua eredità”, continua Owen.
“Ed è quello che spero il pubblico porterà con sé: sentire il dolore che Amy ha attraversato. Ma anche essere in grado di superarlo e festeggiare la sua vita, celebrare il suo talento, tornare a casa, mettere su quei dischi e ascoltare la musica, la passione e il talento che c’erano. Non eviteremo il fatto che sia stato triste che sia morta, ma non era quello il fulcro della sua vita”.
Un aspetto interessante del biopic è quello del racconto della figura della nonna paterna di Amy Winehouse, Cynthia, interpretata da Lesley Manville. Un punto di riferimento emotivo e musicale per la nipote che il film mostra per le prima volta sul grande schermo. “Per me è stata una vera gioia trovare quel personaggio. Un carattere così forte e materno nella sua vita che è stato poi una parte così importante della sua educazione musicale e stilistica che ne ha influenzato la forza caratteriale”, racconta lo sceneggiatore.
Un film di Matt Greenhalgh e Amy Winehouse
“Potevi vedere Cynthia dentro Amy nel suo atteggiamento e nel modo in cui affrontava le cose nel mondo. Non è stato realmente discusso e approfondito prima. E per uno scrittore è semplicemente fantastico perché ti è permesso entrare nella loro relazione senza tutti i malintesi che circondano la storia così com’è. Cynthia mi manca ogni giorno, tanto quanto mi manca Amy. Quella relazione è stata fondamentale per decifrare il codice per far funzionare l’intero film.
L’interpretazione di Marisa Abela pone l’accento sull’intensità con la quale la cantautrice vivesse la sua musica, al punto da scontrarsi con le case discografiche più interessante al marketing che al talento. “Mi ha colpito il fatto che fosse così viscerale come artista. Tutto veniva da dentro, dalle sue esperienze. Non mentiva quando diceva che doveva vivere le sue canzoni. Penso che sia allora che inizi davvero a parlare alle masse. Perché le persone non sono stupide, possono sentire l’emozione. E penso sia questa l’eredità di Amy: la sua onestà e la capacità di produrre suoni meravigliosi” chiosa Greenhalgh.
“Scrivere la sceneggiatura è stata probabilmente una delle esperienze di scrittura migliori, creative e più facili della mia vita. Ho usato la maggior parte dei suoi testi e delle sue citazioni. Penso Amy sia stata la coautrice. Dovrebbe avere credito per questo. Un film scritto da Matt Greenhalgh e Amy Winehouse”.
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