Super/Man: The Christopher Reeve Story, al Sundance il debutto del documentario sul primo Uomo d’acciaio

Diretto da Ian Bonhote e Peter Ettedgui, è stato presentato a Park City accompagnato dai tre figli dell'attore: "Papà non avrebbe voluto una sua celebrazione cronologica, ma qualcosa di vero e di autentico"

Di THR ROMA

“Papà non avrebbe voluto una sua celebrazione cronologica, ma qualcosa di vero e di autentico, ed è quanto abbiamo qui, una visione olistica di una vita straordinaria”. Lo ha detto William Reeve il più giovane dei tre figli di Christopher Reeve che hanno accompagnato al Sundance Film Festival il debutto mondiale del documentario sul padre, Super/Man: The Christopher Reeve Story firmato da Ian Bonhote e Peter Ettedgui.

Il film non fiction fonde e alterna nel racconto, fra pubblico e privato, il racconto delle due parti della vita del newyorchese Reeve (scomparso nel 2004 a soli 52 anni). Insieme al suo percorso come attore, vicino anche ad amici fraterni come Robin Williams (erano stati compagni di stanza e di studi alla Julliard School negli anni Settanta), fino a diventare una star globale come interprete cinematografico di Superman.

Il viaggio di Reeve

Una realtà sconvolta dalla caduta da cavallo che nel 1995 ha reso Reeve paralizzato dal collo in giù e l’ha costretto a usare un respiratore artificiale. Un presente affrontato mettendo in primo piano insieme alla moglie Dana Reeve (scomparsa anche lei prematuramente, per un tumore, due anni dopo il marito), il suo impegno da attivista, anche creando una propria fondazione, per i diritti delle persone con disabilità.

Un viaggio arricchito nel film da filmati della famiglia Reeve mai visti prima e dal contributo, condividendo ricordi ed emozioni, dato dai i tre figli dell’attore che oggi portano avanti il lavoro della fondazione.

Christopher Reeve ha rappresentato una parte iconica della nostra cultura – hanno spiegato i due registi introducendo il film al Sundance – ma più conoscevamo la sua vita dopo l’incidente più emergeva la sua dimensione di straordinario essere umano anche per il suo lavoro con la fondazione”. Quello “che mi rende felice del film – sottolinea Alexandra Reeve – è che non si veda solo il personaggio pubblico, ma si esplori anche mio padre nella sua umanità”.

Lei spera che “del film rimanga il fatto che i veri eroi sono quelli che nella vita di tutti i giorni, di fronte a drammi simili, trovano la propria forza e si ritrovano l’un l’altro. È quello che è successo anche nella nostra famiglia”.

(Ansa)