Melissa Barrera e Indya Moore tra i manifestanti pro-Palestina al Sundance. “Fermate il genocidio”

Davanti al Main Street Pizza & Noodle di Park City la situazione si è scaldata, con diverse centinaia di manifestanti allineati sul marciapiede in mezzo alla calca dei partecipanti al festival nell’affollato quartiere

Il traffico sulla Main Street di Park City si è bloccato completamente domenica 21 gennaio, in un pomeriggio di grande affluenza per il Sundance Film Festival, quando diverse centinaia di manifestanti pro-Palestina – tra cui le star Melissa Barrera e Indya Moore – hanno affollato il marciapiede al grido di “Palestina libera” e “Stop al genocidio”.

Gli appelli per un cessate il fuoco nella guerra tra Israele e Hamas e le proteste contro il conflitto hanno visto la partecipazione di esponenti del mondo dello spettacolo fin dall’inizio della guerra.

La star di Pose Moore, in città per la prima del film Ponyboi al festival, ha preso il microfono a un certo punto per dire: “Sono gay da morire, che Dio mi perdoni. Amo tutti. Amo le persone. Ho amici israeliani. Ho amici ebrei. Ho amici palestinesi. Tutti vedono quello che sta succedendo. Sono tutti d’accordo che ci deve essere un cessate il fuoco. Smettetela di dirci di odiarci a vicenda. Smettete di dirci che si odiano a vicenda. Sanno anche che i bambini palestinesi uccisi non sono responsabili della liberazione degli ostaggi in questo momento. Questa è solo la verità, giusto? I bambini sono innocenti”.

Mentre Barrera guardava, Moore ha continuato dicendo: “Se vi importa della vita, se vi importa della dignità, se vi importa della libertà, vi importa dell’autodeterminazione di tutti”. Sebbene i membri della comunità LGBTQIA+ debbano spesso affrontare violenze, persecuzioni e morte in Palestina, Moore ha risposto dicendo: “Qui si parla di vita. È per questo che sono qui. Sono trans, ok? Si parla di amore”. Poi ha detto: “La Palestina libera è una questione di uguaglianza per tutti”.

Tra raffiche di neve e temperature intorno a -1, la scena si è svolta proprio di fronte al Main Street Pizza & Noodle, un punto di riferimento di Park City, mentre il gruppo di manifestanti si scontrava con i partecipanti al festival che cercavano di farsi strada su e giù per l’affollato quartiere per raggiungere proiezioni, panel, pranzi ed eventi. A un certo punto, Chrissy Teigen è stata vista camminare verso la protesta seguita da un entourage.

L’apparizione della Barrera alla manifestazione arriva dopo l’estromissione dalla saga di Scream per i suoi post sui social media sul conflitto tra Israele e Gaza. L’attrice pro-Palestina ha dichiarato di aver avuto un “risveglio” che l’ha portata a diventare chi “dovrebbe essere” nella vita. È a Park City per la prima del suo nuovo film, Your Monster.

Il tentativo di soffocare la protesta pro-Palestina

Uno degli eventi domenicali sulla Main Street è stato un brunch organizzato dall’agenzia di talenti UTA di Hollywood. In quell’occasione, un anonimo addetto ai lavori ha dichiarato che era “incredibilmente inopportuno” che una simile protesta si svolgesse nel bel mezzo del festival. “Ci sono molti ebrei a questo festival e molti di loro non sono contenti di queste proteste che si svolgono in tutto il mondo”, ha detto la fonte, che proviene da New York, dove ha detto di aver parlato con molti di questi manifestanti, molti dei quali ritiene siano male informati. “In primo luogo non hanno informazioni sufficienti e devono essere più istruiti sulla storia e sugli eventi”.

La fonte ha citato in particolare il coro pro-Palestina molto diffuso “dal fiume al mare”, che secondo questa persona invita a “sbarazzarsi del popolo ebraico”. Questo, ha continuato, “è particolarmente allarmante in un contesto di aumento dell’antisemitismo in tutto il mondo”.

Durante la protesta, un uomo ha affrontato una manifestante pro-Palestina riguardo a questo coro, chiedendo alla donna, che era una delle organizzatrici dell’evento, se fosse a conoscenza dell’implicazione. La manifestante si è rifiutata di rispondere, ma quando The Hollywood Reporter ha avvicinato l’uomo per chiedere informazioni sull’appassionato scambio, lui si è aperto. Michael Sapers ha spiegato che vive a Park City durante l’inverno e di essere venuto a Main Street perché aveva sentito che ci sarebbe stata una protesta. In quanto ebreo, si è sentito ispirato a rappresentare una controargomentazione.

“Mi stupisce che la gente non capisca davvero cosa sta succedendo. Vedo che qui c’è un gruppo di gay che sostiene i palestinesi, ma in Palestina, in Cisgiordania e a Gaza, non si può essere apertamente gay. Vengono decapitati”, ha detto Sapers. “Israele è probabilmente uno dei luoghi più tolleranti al mondo verso gli omosessuali. Eppure qui gridano: ‘Dal fiume al mare’, che significa sterminio degli ebrei, giusto? Vogliono spostare gli ebrei verso il mare per sbarazzarsi di loro”.

Ha continuato dicendo che Israele ha “fatto passi da gigante” per migliorare il suo rapporto con i Paesi vicini “eppure il 7 ottobre sono stati attaccati e 1.200 persone, tra cui donne e bambini, sono state uccise. Le donne sono state violentate. È orribile. Cosa avrebbe dovuto fare Israele? Dovevano reagire. So che è terribile e orribile che donne, bambini e persone palestinesi innocenti, non appartenenti a Hamas, siano state vittime di tutto questo”, ha continuato Sapers. “Ma è una vergogna. Vorrei poter educare le persone, ma prima ho fatto delle domande, e nessuno qui ha voluto rispondere alle domande. È una vergogna. Mi sento triste per loro, perché non credo che vogliano davvero capire. Non credo che abbiano fatto i compiti. Non credo che abbiano fatto ricerche”.

La risposta del Sundance

La notizia che ci sarebbe stata una protesta era arrivata venerdì 19 gennaio, quando un post sui social media con lo slogan “Lasciate vivere Gaza” invitava gli interessati a Main Street per una marcia che avrebbe avuto inizio alle 12:30 di domenica 21 gennaio. “Park City è la sede del più grande festival del cinema indipendente degli Stati Uniti, decine di migliaia di persone arrivano da tutto il mondo per partecipare all’evento. Anche se non siamo contrari al Sundance nel suo complesso, vogliamo far sapere agli spettatori e ai giornalisti che lo Utah è al fianco della Palestina”, si legge nel post su Instagram.

La protesta non è affiliata al Sundance Film Festival. La Palestinian Solidarity Association dello Utah ha fatto notare che la sicurezza della protesta sarebbe stata gestita dagli Armed Queers di Salt Lake City, con sede nello Utah.

“Siamo stati informati della manifestazione e del suo impegno a mantenere un’atmosfera pacifica”, aveva dichiarato il Sundance Institute in un comunicato. “Sebbene gli organizzatori non siano affiliati al festival, la sicurezza e l’incolumità dei partecipanti al nostro festival sono sempre al centro delle nostre preoccupazioni e lavoriamo costantemente con le forze dell’ordine locali per mantenere un ambiente accogliente, stimolante e sicuro per tutti i partecipanti”.

Come spesso accade al Sundance, l’ambiente sociale, politico e culturale si riflette sul grande schermo e nella programmazione con eventi, panel, proteste e raduni. Alcuni giorni fa, un’organizzazione chiamata Film Workers for Palestine (Lavoratori del cinema per la Palestina, ndr) ha pubblicato una lettera aperta in cui si chiede a “registi e lavoratori del cinema di schierarsi per la fine del genocidio e per una Palestina libera”, secondo il sito web. Tra i firmatari figurano registi e artisti con progetti al Sundance.

Le reazioni degli attori al festival

Venerdì 19 gennaio, l’iniziativa Bring Them Home, dedicata agli ostaggi, ha organizzato una serata di solidarietà a Park City. Secondo l’organizzatore Jacob Shwirtz, l’evento è durato tre ore ed è stato qualcosa che “non dimenticherò mai finché avrò vita”, come si legge sul suo profilo Instagram. L’evento è servito a puntare i riflettori sugli ostaggi detenuti da quando sono stati rapiti il 7 ottobre dal gruppo militante Hamas mentre partecipavano al Nova music festival.

“Siamo riusciti a portare la storia della crisi degli ostaggi al centro del Sundance Film Festival”, ha scritto. “Ci sono state lacrime e abbracci, emozioni e storie, e credo davvero che sia stata un’esperienza indimenticabile e potente”.

L’attrice Emmanuelle Chriqui ha detto durante la serata: “Siamo potenti e si sta facendo molto. Stasera ve ne andrete amplificando tutti questi messaggi, in modo che riusciamo a portarli a casa ora”.

La regista Allison Norlian ha partecipato e ha condiviso i suoi pensieri su Instagram, scrivendo: “Ieri sera, invece di partecipare a un’altra proiezione, a una festa o a un panel, ci siamo riuniti in solidarietà con gli ostaggi e le loro famiglie. Abbiamo ascoltato i genitori e il fratello di due ostaggi ancora prigionieri a Gaza e una donna che è fuggita dal Nova music festival. È stato commovente e crudo, e il mio cuore è infranto per tutto quello che queste persone hanno passato e continuano a passare”.

Un altro evento che ha puntato i riflettori su Israele è stato organizzato dallo Shabbat Lounge, che domenica 21 gennaio ha ospitato una tavola rotonda di Filmmakers Against Anti-Semitism (Registi contro l’antisemitismo, ndr), in collaborazione con il Jewish Filmmaker Network.

Tra le altre proteste che si sono svolte in anni recenti a Park City durante il Sundance Film Festival, citiamo la Women’s March del 2017, organizzato da Chelsea Handler, e una protesta contro Red State fuori dalla prima del film di Kevin Smith.

Traduzione di Nadia Cazzaniga