Sciopero degli sceneggiatori: Hollywood si ferma, ma gli spettatori se ne accorgeranno?

Molte cose sono cambiate dal 2007, e il mezzo stesso che ha ispirato lo sciopero - lo streaming - potrebbe contribuire a isolare il pubblico dagli effetti della protesta

Gli sceneggiatori di Hollywood sono in sciopero per la prima volta in quindici anni, ma il panorama radicalmente mutato che ha ispirato le contestazioni – un’industria che si è concentrata sui contenuti in streaming – renderà anche più difficile per gli spettatori accorgersi della loro protesta. Non si tratta di giudicare le ragioni che hanno spinto gli sceneggiatori a scioperare.

Come hanno chiarito le loro reazioni indignate all’attuale fase di trattative, ci sono questioni reali sul tavolo, scatenate dal cambiamento dell’intero modello di distribuzione del settore, e gli Studios non sarebbero disposti a impegnarsi, secondo la Writers Guild of America.

Il precedente sciopero è iniziato nel novembre 2007, proprio all’inizio della stagione televisiva e in un momento in cui le quattro grandi reti erano ancora la principale fonte di intrattenimento per la maggior parte delle persone. Secondo l’ultimo rapporto Gauge di Nielsen, a marzo lo streaming ha assorbito il 34% degli spettatori della tv, contro il 23% delle emittenti. Il flusso di quel tipo di produzioni – che lanciano episodi con sei-otto settimane di anticipo rispetto alla messa in onda – si è rapidamente esaurito. Questa volta, lo sciopero è iniziato proprio quando la stagione si sta concludendo, e c’è un universo di altre opzioni di streaming disponibili.

I programmi più colpiti dallo sciopero degli sceneggiatori

I programmi di tarda serata chiuderanno rapidamente – perché si continua a scrivere fino al momento della messa in onda. I late night show hanno però altro di cui preoccuparsi, tra il calo degli ascolti e una recente ondata di conduttori che lasciano la conduzione (ultimo, in ordine di tempo, James Corden). Nel 2022 è stato trasmesso un numero record di 599 programmi originali che prevedevano una sceneggiatura, con un aumento del 7% rispetto al 2021, che si aggiunge alla crescente e insormontabile quantità di potenziali spettatori on-demand. Tutto questo mentre ci troviamo a un paio d’anni post pandemia e da un blocco dell’industria.

Il covid ha fermato l’intera industria per mesi (non solo gli show di tarda serata e le produzioni, ma anche i reality e lo sport, che invece andranno avanti durante lo sciopero). Le opzioni di visione si sono certamente ridotte, ma molti fan hanno usato il rallentamento del flusso durante la pandemia come scusa per recuperare i contenuti che avevano perso. Gli Studios sono rimasti significativamente feriti – e di certo non vogliono un’altra chiusura – ma ora sanno anche quanto possono sopravvivere a un rallentamento.

Inoltre, a differenza della pandemia, che ha colpito all’improvviso, gli Studios si sono preparati in silenzio per lo sciopero della WGA per mesi, adottando misure come l’accumulo di programmi non sceneggiati e la distribuzione di rinnovi anticipati. E non abbiamo nemmeno accennato a tutte le altre forme di intrattenimento che gli spettatori hanno a disposizione oggi rispetto al 2008: TikTok, Instagram, i podcast (un’industria molto più grande di quella di quindici anni fa), YouTube (che aveva solo 3 anni durante l’ultimo sciopero). Naturalmente, anche gli spettatori che non sono appassionati di late night show o di altre trasmissioni tv si accorgeranno dello sciopero, se si protrarrà abbastanza a lungo.

Quanto durerà lo sciopero?

In teoria, però, potrebbe essere necessario che lo sciopero si protragga molto più a lungo di quanto si possa pensare. Il che non significa che gli Studios non abbiano motivo di preoccuparsi. Ogni interruzione del lavoro è una difficoltà economica, soprattutto se si considera l’ascesa di forme di intrattenimento rivali come i social media e i videogiochi. “Siamo in competizione (e perdiamo) con Fortnite più che con la HBO”, hanno scritto i dirigenti di Netflix in una lettera agli azionisti nel 2019. Tuttavia, alcune fonti dicono che gli studios non sono ancora in “modalità panico”, dato che sono preparati a un’astensione di tre o quattro mesi.

“Abbiamo fatto tutto il possibile per prepararci e per chiudere lavori dell’ultimo minuto”, afferma un dirigente veterano di uno studio cinematografico. “Il lato televisivo è molto più colpito. L’unica questione su cui ci sarà subito una vera preoccupazione è se i registi e gli attori si uniranno… E se lo sciopero si prolunga oltre i quattro mesi, allora cominceremo davvero a preoccuparci”.

Pamela McClintock ha contribuito a questo articolo.

Traduzione di Nadia Cazzaniga