Profili falsi: perché gli impostori sui social media sono una minaccia per le star

Proliferano account di impostori che si spacciano per attori famosi, spesso con fini nefasti. Così le star si rivolgono a Kevin Long, il "Mr. Wolf" dei social

Basta digitare il nome di una qualsiasi celebrità su Instagram o Twitter per trovare almeno una manciata di account falsi – se non di più – che si spacciano per loro, usando la stessa immagine del profilo e condividendo foto e video presi dai loro veri account. Alcuni sono innocui account di fan che condividono con altri appassionati gli ultimi aggiornamenti sulle loro star preferite. Ma altri – i veri impostori – possono causare danni molto più gravi, inviando messaggi agli ignari utenti per truffarli, chiedendo loro foto di nudo o sfruttando in altro modo lo status della celebrità che impersonano.

Truffatori grazie all’intelligenza artificiale

Sebbene le piattaforme di social media dispongano ormai di una sofisticata tecnologia basata sull’intelligenza artificiale che può aiutare a eliminare i possibili truffatori tra i loro milioni di utenti, i personaggi pubblici devono ancora fare i conti con la possibilità che la loro immagine venga sfruttata per il profitto di qualcun altro. Il programma di verifica di Twitter è stato lanciato nel 2009 dopo che l’allora manager degli St. Louis Cardinals Tony La Russa aveva fatto causa a Twitter per stress emotivo dopo che un utente aveva creato un account a suo nome e aveva twittato commenti offensivi.

Da allora, la spunta blu è stata adottata dalla maggior parte delle piattaforme social per identificare gli account reali di personaggi pubblici, aziende e giornalisti, per aiutare gli utenti a distinguere gli account legittimi da quelli falsi. Eppure esistono ancora profili falsi e, oltre a collaborare direttamente con la piattaforma per identificarli e rimuoverli, non c’è molto che le star e i loro team possano fare per contenere la loro proliferazione.

Ecco perché alcune star si affidano a servizi come Social Impostor, che si occupa di aiutare i talenti a identificare i falsi e collabora con le piattaforme social per eliminare gli account. Il servizio è gestito da Kevin Long, che dice di occuparsi da 12 anni della rimozione dei profili falsi per le star e i personaggi pubblici (Long rifiuta di fare i nomi dei suoi clienti a causa di accordi di non divulgazione).

Il Mr. Wolf degli account falsi

Quando ha iniziato, Long ha sviluppato un proprio strumento informatico che analizzava le API (interfacce di programmazione delle applicazioni) di ogni piattaforma e passava al setaccio gli account fasulli. Da lì, esaminava gli elenchi manualmente e collaborava con i dipendenti delle piattaforme social per chiudere i profili falsi. Long racconta che dopo lo scandalo Cambridge Analytica di Facebook del 2016 – una massiccia violazione della privacy che ha portato alla raccolta dei dati di decine di milioni di utenti di Facebook da parte di una società di analisi dati per creare modelli di elettori statunitensi – la maggior parte delle piattaforme ha posto dei limiti importanti alla capacità del suo strumento di effettuare lo scraping dei dati degli account. Di conseguenza, Long deve cercare manualmente i nomi dei profili, rendendo il suo lavoro molto più noioso e lungo.

Inoltre, Long sostiene che le piattaforme social non diano priorità alla rimozione degli account degli impostori, e ognuna ha le proprie linee guida che stabiliscono cosa comporterà la rimozione di un profilo. Anche le tempistiche variano, e gli utenti possono dover aspettare giorni o settimane prima che vengano presi provvedimenti.

“Le persone che hanno un valore elevato, ossia rappresentano delle priorità per le aziende di social media, sono gli ingegneri e chi continua a sviluppare prodotti che portano denaro o fonti di guadagno. Sono più importanti delle persone che sono lì per cercare di revisionare gli account che sono stati rimossi o per rimuovere gli account”, dice Long. “Alla fine, vogliono avere più account attivi, non meno, quindi è una battaglia costante”.

Le azioni legali sono sconsigliate

Le star possono anche prendere in considerazione l’idea di intraprendere un’azione legale contro le persone che gestiscono account falsi, anche se gli avvocati non lo consigliano. “Non ne vale la pena”, afferma Greg Korn, associato dello studio legale Kinsella Weitzman. “I risarcimenti non sarebbero abbastanza elevati e le spese sarebbero enormi per cercare di rintracciare qualcuno. Non c’è nessun vantaggio”.

Questo non ha impedito all’ex star di Real Housewives, Bethenny Frankel, di fare causa a TikTok lo scorso ottobre, sostenendo che la piattaforma ha tratto profitto dalla mancata identificazione e rimozione di partner pubblicitari che si sono appropriati della sua immagine per vendere prodotti. Ma in quel caso, che è stato portato in sede giudiziaria a gennaio, la Frankel ha citato in giudizio la piattaforma stessa e non l’individuo o l’azienda che, a suo dire, avrebbe usato impropriamente la sua immagine per promuovere un cardigan in una pubblicità.

Anche le agenzie di talenti possono essere coinvolte per aiutare i clienti che hanno a che fare con account falsi. Alla UTA, per esempio, il team IQ Talent Strategy segnala gli account falsi alle piattaforme per ottenere assistenza. Per i clienti di alto profilo, il processo è solitamente più semplice, ma il team può incontrare problemi se un account si spaccia per il manager o l’agente di un cliente.

Le spunte blu sono inutili

Il processo è più facile con piattaforme come Meta che su Twitter, che non dispone più di una divisione per le partnership nel settore dell’intrattenimento per facilitare tali richieste. E nonostante il presidente di Twitter Elon Musk si dichiari contrario agli account falsi, il suo approccio permissivo alla verifica sembra favorirli. Twitter sta promuovendo il suo prodotto in abbonamento Twitter Blue, che consente a chiunque abbia un numero di telefono e 8 dollari al mese da spendere di ottenere la verifica; da allora gli utenti hanno cercato di dimostrare l’inutilità della verifica a pagamento sfruttando le scappatoie e creando account che si spacciano per altre persone o organizzazioni.

Anche se molti di questi sforzi sono stati fatti per scherzo, ci sono state conseguenze reali per alcune aziende: a novembre scorso, mentre Musk stava ancora implementando il suo piano di verifica a pagamento, un account che si spacciava per l’azienda farmaceutica Eli Lilly ha annunciato che avrebbe reso gratuita l’insulina. Dopo aver cercato di eliminare l’account, Eli Lilly ha ritirato i fondi pubblicitari da Twitter e ha visto le proprie azioni scendere del 4%, anche se non è del tutto chiaro quanto il calo delle azioni fosse dovuto al falso annuncio.

Livelli di tolleranza

Meta – la società madre di Facebook e Instagram – ha seguito l’esempio lanciando un programma di verifica a pagamento, offrendo badge di verifica blu per 14,99 dollari al mese con un processo di accertamento leggermente più severo che richiede un documento d’identità governativo e un video selfie.

“Ognuno ha diversi livelli di tolleranza per i danni che un account impostore potrebbe arrecargli, e a volte è solo quando si arriva alle situazioni peggiori, quando qualcuno ha chiesto nudi a un adolescente o ha in qualche modo ingannato un membro della tua famiglia… che finalmente si dice: “Ok, basta””, dice Long. “Ma è una cosa che dovrebbe far parte del pacchetto di ogni agente o avvocato per aiutare a garantire la sicurezza informatica degli artisti in questi tempi. Perché non si può mai sapere cosa fanno o dicono le persone che usano il tuo nome, e non si vuole che i fan o i follower siano vittime di queste persone”.