La meglio gioventù, storia di un’impresa fortunata (anche se non sopporto la nostalgia e le sue recriminazioni)

Un film che ha fatto epoca, che riuscì a superare non poche avversità (a cominciare da un drastico taglio del budget). Merito del produttore Alberto Barbagallo e di un cast di attori all'epoca quasi tutti "vergini" e sconosciuti, messo insieme dribblando le raccomandazioni. Che diede l'impressione dell'irruzione della vita reale sul grande schermo

Ho sempre avuto difficoltà con ricorrenze, festeggiamenti e compleanni che fin da bambino mi rifiutavo di celebrare, rinunciando per orgoglio perfino ai regali. Non riuscivo ad accettare il passare del tempo, lo scorrere implacabile che mi strappava alla beata stagione dei castighi per consegnarmi all’adolescenza che vedevo anticipata nei miei fratelli maggiori, più che di emancipazione fucina di disordini e dolori precoci.
Le cose col tempo sono migliorate, anche se all’avvicinarsi del compleanno cerco di allontanarmi e passarlo sotto silenzio, anche per evitare quel sentore di bilanci da trarre, righe tracciate, voltare di pagine. Evito di guardare indietro, non sopporto la nostalgia e le sue ricattatorie recriminazioni. Sono in grado guardare al passato soltanto nei film, forse perché ricostruendolo si ha l’illusione che torni in vita e palpiti di nuovo. L’orologio si ferma, tutto accade di nuovo in obbedienza alle indicazioni e si ha perfino l’illusione di poter governare le cose come avresti voluto. È la grande illusione non solo del cinema ma di qualsiasi spettacolo, anzi di qualsiasi opera possa rimettere in pista la vita.

La meglio gioventù fu impresa fortunata al punto da aver assorbito tutte le contrarietà che dovette affrontare per venire al mondo. La prima fu la drastica riduzione del budget, che qualche malevolo volle interpretare come tentativo di sabotarla.

Non credo ci fosse questa intenzione e comunque il colpo fu assorbito tagliando tutti i compensi sopra la linea, le paghe di artisti e produttori, non volendo infatti ridurre le ambizioni né la qualità di quel che si sarebbe visto sullo schermo. Ambienti, costumi, luoghi (il film è ambientato in varie città e location d’Italia come Roma, Torino, Firenze, Milano, la Val d’Orcia, nonché una costosa trasferta in Norvegia) e soprattutto tempi di lavorazione necessari per fare le cose bene anziché tirar via.

Merito del produttore Angelo Barbagallo e di un cast di ragazzi che rovesciò completamente il concetto di “popolarità” televisiva. Erano infatti quasi tutti “vergini” e sconosciuti, e scritturarli dribblando la selva di raccomandazioni fu la carta vincente de La meglio gioventù. Quel cast diede l’impressione, oltre che di novità assoluta, della vita reale che faceva irruzione a dispetto delle abitudini e del divismo entrobordo del cinema italiano, una cosa che funziona solo nella testa di chi elargisce (o decurta) i soldi che servono.

Mi fa piacere qui ricordare il cast di La meglio gioventù (che ebbe la soddisfazione di vedersi assegnare tutto in blocco i Nastri d’Argento per donne e uomini) in rigoroso ordine alfabetico, a cominciare dalla mia adorata Adriana Asti per continuare con Sonia Bergamasco, Alessio Boni, Valentina Carnelutti, Camilla Filippi, Fabrizio Gifuni, Claudio Gioè, Luigi Lo Cascio, Maya Sansa, Riccardo Scamarcio, Andrea Tidona, Jasmine Trinca, Lidia Vitale, senza dimenticare quelli che non ci sono più ma che ricordo con grande amore: Gaspare Cucinella, Walter Da Pozzo, Giovanni Martorana, Pippo Montalbano e l’indimenticabile professore interpretato dal jazzista Mario Schiano: la scena dove consiglia al brillante Lo Cascio di andarsene dall’Italia è una delle più viste sul web.