La parità di genere nel cinema? Al ritmo attuale verrà raggiunta solo nel 2215 in Canada e nel 2085 nel Regno Unito

Uno studio interdisciplinare che analizza l’impatto delle politiche sulla gender equity nell’industria cinematografica britannica, canadese e tedesca, ha rilevato “modesti” miglioramenti nei numeri ma pochi cambiamenti nelle dinamiche di potere

Un nuovo studio sull’impatto delle politiche sulla parità di genere nell’industria cinematografica internazionale mostra alcuni miglioramenti nella rappresentazione delle donne nel settore, nel Regno Unito, in Germania e in Canada, ma il progresso è lento.

I risultati dello studio Re-Framing the Picture verranno presentati al Festival del Cinema di Berlino martedì 20 febbraio. Un team di ricerca internazionale e multidisciplinare ha analizzato l’impatto delle politiche sulla parità di genere nell’industria cinematografica dei tre Paesi tra il 2005 e il 2020. Lo studio ha anche esaminato 12000 film da 34 Paesi per mostrare l’impatto di politiche diverse, ad esempio il rispetto di standard sulla diversity come criterio per ricevere finanziamenti statali.

Sebbene il rapporto abbia riscontrato alcuni piccoli miglioramenti nel numero di donne e rappresentanti di minoranze di genere che lavorano nei settori cinematografici dei Paesi analizzati, progressi che il rapporto attribuisce in parte alle nuove politiche sulla parità di genere, i risultati non sono affatto entusiasmanti. I ranghi delle posizioni creative chiave e quelli delle “élite dei network” sono ancora dominati dagli uomini. In Germania, in media, il 74% di tutte le posizioni creative chiave e l’86% di quelle nell’élite dei network erano uomini. Nel Regno Unito le percentuali erano rispettivamente del 78% e dell’81%. In Canada, le percentuali erano del 77% e dell’82%.

“Al ritmo attuale, la parità di genere, in cui le donne occupano il 50% delle posizioni creative chiave, sarà raggiunta solo nel 2215 in Canada (cioè tra quasi 200 anni), nel 2085 nel Regno Unito (tra più di 60 anni) e nel 2041 in Germania (tra più di 15 anni)”, si legge nel rapporto.

Uno degli autori del rapporto, la professoressa Deb Verhoeven della Università dell’Alberta, esperta di analisi delle reti, ha affermato che la ricerca sottolinea la necessità che le politiche di parità di genere affrontino questioni sistemiche, non solo la rappresentazione numerica. “L’industria del cinema non ha solo bisogno di più donne, ma di donne nelle posizioni giuste”, ha affermato Verhoeven.

Verhoeven ha sottolineato che “i modesti miglioramenti ottenuti dalle donne e dalle minoranze di genere non sono avvenuti a spese degli uomini ma sono stati il risultato di un’espansione del settore anziché di una rimozione degli uomini”.

Il rapporto chiede di aumentare e migliorare le politiche sulla parità di genere con “forti meccanismi di responsabilità, incentivi finanziari e la capacità di guidare attivamente il cambiamento del settore”.

“Il compito ora è quello di integrare le politiche nella pratica del settore e di creare responsabilità”, ha dichiarato l’analista Doris Ruth Eikhof della Università di Glasgow. “È anche chiaro che considerare le donne come ‘colpevoli’, in quanto prive di esperienza o di fiducia in sé stesse, non porterà al cambiamento sistemico di cui abbiamo bisogno. Le donne devono avere accesso a posizioni influenti all’interno dell’industria cinematografica, non solo all’industria in generale”.

Il rapporto Reframing the Picture può essere scaricato a questo link.

Traduzione di Nadia Cazzaniga