Brian Eno conta le sue Biennali: pittura, architettura, scultura e ora musica. “Mi manca solo la danza!”. E sono scrosci di risate e applausi alla cerimonia di conferimento del Leone d’Oro alla carriera per l’inventore della musica ambient che qui ha presentato in anteprima assoluta il suo concept Ships prodotto dalla Biennale: “Adoro l’Italia, è l’unico posto dove mi chiamano maestro, ma io non sono un maestro, tantomeno un genio, sono una persona che è stata molto fortunata, fortunata a crescere in una cultura in cui l’arte ha un ruolo importante. Ringrazio Lucia per avermi istigato a realizzare questa opera”.
Lucia Ronchetti, direttrice della Biennale Musica, lo aveva appena introdotto con parole di enorme stima, collegandolo addirittura a Monteverdi, spiegando come il premio sia andato ad un uomo che “è stato capace di assumersi grandi rischi e che ha operato per la qualità e la bellezza nella diffusione della musica digitale”.
Algoritmi per dividere le persone
Quei rischi Brian Eno ha continuato a prenderseli durante tutta la chiacchierata con Tom Service, giornalista musicale del Guardian e di BBC Radio3 che lo ha pubblicamente intervistato. Ha parlato di tragedia in Palestina, pericoli dei social e degli algoritmi costruiti appositamente per dividere le persone, falsi guru odierni (come Trump o i miliardari dell’high tech), cambiamento climatico e socialismo. Anacronistico? Mai così attuale, in verità.
E’ un Brian Eno che ha compreso a fondo, negli anni, come la musica, così come la vita, sia un intreccio di umanità, e come i grandi traguardi siano una questione di incontri: “Non esistono maestri, niente viene da una persona sola. Nell’America tecnocratica si continua ad esaltare il mito del self-made man, ma l’uomo non si fa da solo, si fa in relazione: nella società, nella sanità, nella cultura, la filosofia, l’arte”. Così come è deviante oggi il concetto di genio: “Viviamo in un’epoca in cui sono considerati geni persone com Elon Musk o Steve Jobs”.
La parabola della tecnologia
C’è anche spazio per il ricordo degli esordi: “Quando studiavo arte da ragazzo, negli anni Sessanta, erano tempi di grandi scoperte musicali, erano appena nati i sintetizzatori e le nuove tecniche di registrazione. Arrivai a collezionare 31 registratori a nastro, quelle nuove possibilità mi eccitavano moltissimo”.
Poi la sua fiducia in una tecnologia positiva: “Un tempo abbiamo creduto che la tecnologia ci avrebbe salvato, ora c’è la possibilità che ci rovini. Da quando abbiamo inventato i social abbiamo diviso le persone. Ma sono gli algoritmi a dividerci. Non che gli algoritmi siano sbagliati a priori, voi stessi avete sentito ieri musica costruita con algoritmi! Ma quando l’algoritmo è creato per fare soldi, allora sarà un algoritmo che vuole dividere la gente, inasprire i rapporti, creare frizioni, esasperare le differenze”.
E così il precursore dell’uso dell’IA in musica, l’uomo che ha creato app e algoritmi per creare e modificare suoni e parole, prende le distanze dalla tecnologia con il fine di lucro: “Dove ci sono soldi c’è divisività. L’arte no, l’arte è sicura, è impegnata ad immaginare altri mondi, possibilità, è un’esperimento di libertà. La tecnologia dei social invece è fatta per fare soldi e quindi oltre a dividerci vuole farci discutere di argomenti residuali quando i problemi sono ben altri, il mondo sta andando in fiamme! In Palestina si sta consumando un genocidio, e il governo Netanyahu è il peggiore governo che ci sia mai stato”.
Eccolo il Brian Eno politico, quello che da anni è in prima fila nella difesa delle vittime palestinesi (ma è anche nella campagna di librazione di Julian Assange, che attende l’estradizione negli Stati Uniti dove lo aspettano centinaia di anni di prigione).
Lo humor nero di Brian Eno
E poi pensieri foschi ma con humor nero sulle sorti del pianeta: “Gli scienziati sono chiari, stiamo andando verso la fine della nostra civiltà. Una volta chiesero a Ghandi: cosa ne pensa della civiltà occidentale? E lui rispose: sarebbe un’ottima idea!”.
Ma Eno regala anche un po’ di speranza sul da farsi: “Dobbiamo fare qualcosa per questo mondo che si sta andando a schiantare. Io sono un socialista e sostengo che la speranza sia una sola: dare stesse possibilità a tutti, le persone che arrivano da altri paesi, le donne, i diversamente abili, uguaglianza per tutti. E poi smetterla con questa capitalismo cieco, con questo volersi arricchire senza fine. Comportiamoci veramente in maniera civile, democratica, non come fanno personaggi come Trump, Netanyahu o Bolsonaro, gente che è sempre certa di aver ragione e procede senza dubbi pensando di poter compiere qualsiasi nefandezza. Dobbiamo reagire a questo, fare qualcosa uniti. La forza dell’umanità sta nel cooperare”.
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