Mare Fuori, parla Pia Lanciotti: “Stiamo per girare la quinta stagione, ma mi piacerebbe tornare presto a teatro”

L'attrice della serie dei record, disponibile su Rai Play e ogni mercoledì su Rai 2: "Giorgio Strehler avrebbe approvato le mie scelte, non aveva pregiudizi, era uno molto avanti". L'intervista di THR Roma

“Mi piacerebbe tornare quanto prima a teatro, perchè mi manca quella qualità di lavoro così lunga, così profonda e sorprendente, anche se più faticosa ma di quella fatica bella” ci confida Pia Lanciotti che molti conoscono come l’interprete della boss della camorra Donna Wanda Di Salvo di Mare Fuori, disponibile su Rai Play e ogni mercoledì in prima serata su Rai2.

Recentemente l’abbiamo ammirata anche nella serie Circeo nel ruolo di Tina Lagostena Bassi,  agguerrita avvocata nel processo ai responsabili del massacro degli anni ’70 e paladina dei diritti delle donne. Origine campane (di Battipaglia in provincia di Salerno) ma milanese di adozione è cresciuta alla scuola del Piccolo di Giorgio Strehler perché è il teatro il suo primo grande amore.

“Mi piacerebbe lavorare con Filippo Dini, poi rifare qualcosa con Claudio Tolcashir, che è questo regista argentino meraviglioso. Poi ho lavorato benissimo, purtroppo una volta sola, con un giovane meraviglioso che si chiama Giacomo Bisordi” ci confida Pia Lanciotti in un momento di relax nella sua casa milanese, prima di tornare a Napoli per girare la quinta stagione della serie cult prodotta da Rai Fiction e Picomedia.

Come è fare la cattiva di una serie di successo?

Per educazione acquisita in teatro e poi nella vita sappiamo che i cattivi non esistono. Nel senso che alla fine sono un po’ il ricettacolo delle ombre di tutto il mondo e loro manifestano semplicemente quel buio. Una cosa che mi ha sempre affascinato.

Quando ho fatto la scuola del Piccolo Teatro c’era in scena il Faust di Goethe con Strehler che lo dirigeva. Nell’opera c’è una battuta meravigliosa di Faust che chiede a Mefistofele: ‘Tu chi sei?’ e Mefistofele risponde: ‘Io sono parte di quella forza che vuole il male ma opera per il bene’. Vuol dire che quello che noi chiamiamo male o che identifichiamo col buio in realtà è fondamentale affinché la luce si manifesti.

Pia Lanciotti in Mare Fuori

Pia Lanciotti in Mare Fuori

Quanto c’è di lei nel personaggio?

Gli attori non si giudicano mai dai personaggi. Di Donna Wanda, che apparentemente è così cattiva e senza scrupoli, a me preme raccontare la necessità di questa donna, di questa madre, di proteggere suo figlio a tutti i costi. Suo figlio Carmine ha fatto una scelta che lei nel profondo sicuramente approva e probabilmente sarebbe stata anche la sua se se solo avesse avuto il coraggio. Quella forza che ha avuto invece suo figlio per cui lei continua a proteggerlo nonostante tutto. In questa quarta stagione si vedrà dove affonda il loro amore e dove poi è nato invece questo attrito feroce di suo figlio contro di lei.

Però fa il contrario della madre di Rosa interpretata da Antonia Truppo, che per salvare i figli dalla faida viene punita dal marito Don Salvatore.

Strepitosa! Secondo me è meravigliosa. Infatti lei non ce la fa mentre Wanda ha una forza differente.

La scena più difficile che ha dovuto affrontare?

In questa stagione ce ne sono un paio. Una col comandante e una con mio figlio. Entrambe emotivamente molto toste, per cui ho dovuto preparami ad affrontarle sia verbalmente che fisicamente. Difficili ma molto belle.

Donna Wanda e il comandante

Donna Wanda (Pia Lanciotti) e il comandante Massimo Esposito (Carmine Recano)

Si ricorda il provino che ha fatto per questo ruolo?

Non ho fatto un provino. Mi ha chiamato direttamente il regista Carmine Elia. La casting neanche mi aveva considerato e non mi voleva. Disse al regista ‘lei è così aristocratica, viene da Strehler, dal Piccolo, stiamo cercando un boss della camorra!’

In verità anche io non volevo farlo perché mi sono detta ‘mamma mia non ce la farò mai, mi sgameranno subito che non sono napoletana”. Poi invece mi ha convinto il fatto di lavorare con una lingua che in fondo appartiene comunque al mio orecchio anche se io non ho mai parlato in dialetto. Mi sono rimessa a studiare.

Lei ha comunque origini campane.

Io sono nata a Salerno, sono cresciuta a Battipaglia, mio padre è abruzzese ma da me non si parlava il dialetto e io ero negata, per cui il primo giorno sul set ero terrorizzata e mi ricordo che incontrai Antonio D’Aquino (Milos) che mi aiutò molto con le mie battute.

Ha mai pensato il perchè di tutto questo successo?

No e credo che sia  come una specie di salto quantico. Tutto è cominciato come un piccolo successo, poi è diventato un successo, poi un grande successo e infine un fenomeno. Ed è così grazie ai ragazzi, che secondo me sono straordinari, e grazie all’energia che si è creata intorno a questo progetto.

Strehler avrebbe approvato questa sua scelta televisiva?

Guardi lui era molto avanti, molto intelligente, pensi che durante il Faust, quindi parlo del 94, c’era una scena in cui Faust  combatteva e lui chiese la spada laser di Star Wars, si rende conto? Quindi credo che sì, l’avrebbe approvata, perché non aveva pregiudizi.

Il ricordo più bello che conserva di quel periodo?

Una cosa bellissima, adesso non si può più, ma nel teatro prima non esistevano le luci di sicurezza, c’era il buio e tu non vedevi nemmeno quello seduto accanto a te. Quando ero ancora a scuola, durante la prima del Faust, parte seconda, si apre con il prologo del cielo degli angeli con questo buio in sala e quindi già avevi un attimo di smarrimento A un certo punto una luce, piano piano, iniziava ad apparire con una cosa un po’ dodecafonica.  Mi ricordo che ebbi una specie di attacco di panico perché non capivo dove fossi, non capivo dove fossero quegli angeli, non capivo di che sostanza fossero, perché era un traghettamento da una dimensione, che è quella nostra, ordinaria, piccola se vuoi, a una dimensione imperiale dell’anima, bellissima.

Pia Lanciotti

Pia Lanciotti

Strehler amava molto le donne… ci ha provato anche con lei?

No, ero troppo piccola, ma siccome avevo questi capelli lunghi, rossi, perché al Piccolo Teatro sono tutte rosse e con la pelle bianca, lui mi amava molto. Ma ci ho litigato anche e per ben due volte. Non avevo remore.

Per quali motivi?

Perché l’autorità tout court non la supportavo. Lui amava chi lo sfidava. Mi ricordo durante L’Avaro una feroce litigata, perché al tempo c’era la sua amante in sala, io non lo sapevo, non avevo idea. Siccome somigliavo come figura vagamente alla sua meravigliosa moglie, con i capelli rossi lunghi, probabilmente lei si era ingelosita. Lui per timore che lei credesse chissà cosa, mi trattò male in scena, ma male veramente!

In che modo?

Voleva anche darmi uno sberla a un certo punto, io gli fermo la mano e lui mi guarda e silenziosamente con questa sua voce mi fa “Lanciotti Pia che carattere di merda”. Io ero terrorizzata delle conseguenze e invece il giorno dopo era tutto amore. Era come stare sulle montagne russe. Sembrava stesse provando la litigata con la moglie che evidentemente avrebbe fatto in seguito. Poi Andrea Jonasson era meravigliosa, un amore.

La seconda?

Al telefono, perché non volevo fare il ruolo di una contadina in una Mother Coraggio che si faceva con Giulia Lazzarini. Consideri che ero una ragazzina appena uscita da scuola e giustamente Strehler mi aveva dato un piccolo ruolo senza battute. Io gli dissi, Maestro voglio andare a fare invece quest’altra cosa, perché mi aveva chiamato nel frattempo Glauco Mauri per fare La tempesta. Lui naturalmente si offese. Io non so da dove mi veniva quella caparbietà, che adesso non ho, allora però era incredibile.

Avete comunque recuperato quel rapporto? 

Alla fine debuttai con Amleto, facendo Ophelia con Elio De Capitani, a cui devo l’unica telefonata al Maestro perché non volevo andare a fare quel ruolo per fare invece I giganti della montagna. Avevo il timore che mi mandasse via e invece De Capitani chiamò Strehler e gli disse te la mando lì a calci in culo. E così andai a Budapest a trovarlo. Era lì perché aveva uno spettacolo e io ero lì per un seminario dove lui stesso mi aveva inviato. Fu una bellissima chiacchierata dove lui mi diceva di non preoccuparmi. Poi morì un anno dopo. Ho dei ricordi fantastici legati a lui, era un teatro che non si vede più.

Cè qualcuno che ha raccolto la sua eredità?

No! Se penso a tutti questi grandi maestri, come anche Luca Ronconi, Eimuntas Nekrošius, Peter Stein, alla fine tutto si esaurisce nel loro esempio. Perché non sono stati dei padri, se vuoi, generosi, non è nella loro natura. Sono generosi in tutto quello che offrono durante la loro meravigliosa vita artistica.

Il lavoro più bello che ha fatto in teatro?

Almeno tre. Il primo quando avevo trent’anni: Il gabbiano di Cechov per la regia di Nekrošius, con Fausto Russo Alesi che faceva mio figlio, nonostante fossimo coetanei. U regista straordinario che diceva sempre: ‘dobbiamo capire quanto cielo abbiamo sopra le nostre teste e quanto mare sotto i nostri piedi’. Con lui abbiamo veramente attraversato il mondo dell’anima. Uno spettacolo memorabile che ci ha legati proprio tutti i personaggi. Alcune persone si persino sono sposate. Io e Fausto abbiamo iniziato un’amicizia millenaria ormai, siamo come fratelli.

Poi I demoni di Dostoevskij con la regia di Peter Stein, meraviglioso. Abbiamo girato il mondo e anche lì una grande esperienza. 12 ore di spettacolo con la gente che rimaneva tutto il tempo. Siamo stati anche a Napoli, eravamo all’ex Peroni, perché poi erano spazi non ortodossi. Siamo stati a Parigi, a New York.  Infine uno spettacolo piccolo, Emilia di Claudio Tolcachir, che ho amato molto, soprattutto le prove,  dove c’era Giulia Lazzarini e Sergio Romano. Bellissima esperienza del cuore.

Pia Lanciotti è Tina Lagostena Bassi in Circeo

Pia Lanciotti è Tina Lagostena Bassi in Circeo

A che punto è oggi il teatro in Italia?

Il problema fondamentale in questo paese è che non esistono le risorse per l’arte in genere. Perché si pensa che non produca. L’arte invece produce uomini migliori. Non sono partite di calcio. Senza risorse, senza energia, è difficile, può diventare difficile. Però ci sono delle oasi in cui accadono cosa incredibile. Ora a Milano i teatri sono pieni. C’è la necessità di relazionarsi a qualcosa di vivo che accade e che ti racconta di te. E il teatro, anche grazie ai testi che si possono affrontare, dà realmente la possibilità di attraversare mondi un po’ più ampi di quelli per esempio delle fiction nel nostro paese, che appunto a parte rari casi, non è che racconti delle storie grandi.

Pia Lanciotti in Mare Fuori

Pia Lanciotti in Mare Fuori

È migliorata secondo lei la fiction in Italia?

Esistono anche lì, grazie a Dio, delle scritture più evolute, però siccome spesso non incontrano il piacere del grande pubblico, le storie più rare vengono marginalizzate. Se si continua a mercanteggiare tutto questo, non si andrà da nessuna parte. Bisogna anche osare, il pensiero delle persone può mutare, ma ci vuole un’educazione, ci vuole un’abitudine a qualcosa di diverso.

Io per esempio ho visto Severance su Apple+, l’anno scorso e non vedo l’ora che arrivi la seconda stagione. Noi in Italia non potremmo neanche concepire una scrittura di quel tipo con degli attori straordinari, tra l’altro la regia di Ben Stiller che non è uno stronzo. Uno potrebbe dire ma quello fa il comico e invece la profondità che ha avuto quest’uomo nel dirigere e credo abbia partecipato forse anche alla scrittura per noi è quasi impossibile.

Le dispiace essere diventata popolare per una serie come Mare Fuori?

No, mi diverte tantissimo e sono grata, perché poi alla fine è tutto un percorso. Non sono una che è arrivata, sono una che ha ancora molto cammino da fare. Il mio cammino è molto lento, come una specie di tartaruga. Mare Fuori  ha aperto in me un desiderio e un divertimento di esplorare per esempio tutto quello che può essere audiovisivo. Una cosa che mi piacerebbe è fare ancora dei personaggi come Donna Wanda, dargli più spazio, ampliarne il punto di vista. Personaggi  di quel tipo alla fine sono sempre più interessanti, quelli più scuri sono sempre quelli che ti diverti più a farli.