
Stiamo parlando della telecronaca su Rai 2, realizzata da Franco Bragagna e Alberto Romagnoli e di quella su Eurosport, condotta da Dario Puppo e Massimiliano Ambesi. Commentatori sicuramente bravissimi nel raccontare eventi sportivi, ma totalmente inadatti a narrare una cerimonia di inaugurazione come quella a Parigi di ieri, che ha osato rispetto ai canoni precedenti ed ha provato – a nostro avviso con successo – a far passare messaggi universali, francesi ma quindi anche europei, di inclusione, di parità, di uguaglianza e di pace. Senza banalità eccessive, con uno straordinario sforzo artistico degno di una nazione che sa bene fare i conti con la modernità. Del resto, questa è la Francia di Emmanuel Macron, piaccia o non piaccia: una Francia ancorata al proprio passato, ma capace di mordere il futuro, contro chi vorrebbe alzare i muri contro il multiculturalismo, l’inclusione, l’apertura a tutte le minoranze.
Nella telecronaca della tv pubblica italiana, l’impreparazione è stata palpabile. I telecronisti avevano enormi difficoltà a riconoscere i protagonisti, sia gli artisti che si esibivano (il comico Jamel Debbouze? Neppure citato) ma anche gli agonisti tedofori (“Un campione passa la torcia ad un altro campione, che poi la consegna all’ennesimo campione…”). Ma soprattutto non hanno saputo minimamente decriptare ai telespettatori i “quadri” che si susseguivano: la cerimonia infatti si componeva di dodici capitoli, “quadri”, dedicati a incanto, sincronicità, libertà, fratellanza, sorellanza, sportività, festività, oscurità, solidarietà, solennità ed eternità. Dodici affreschi pensati per esprimere i valori di una Francia contemporanea, inclusiva e multiculturale, femminile e attenta ai diritti LGBTQIA+, fiera di sé come solo i cugini d’Oltralpe sanno essere ma anche capace di aprirsi, con artisti non solo francesi, con la Torre Eiffel splendidamente illuminata dai colori della bandiera europea o i penultimi tedofori tutti stranieri. E al di là dell’incapacità di capire che, quando canta Lady Gaga o Céline Dion, si sta zitti, specie se si ha poco da dire, e si fa ascoltare ai poveri telespettatori la voce degli artisti, non è andata per niente meglio quando parlavano. Tutt’altro, visto che il grazioso archetto di trionfo dei giardini delle Tuileres è diventato l’arco di trionfo sull’Avenue des Champs-Élysées. Peggio ancora l’infelice commento su Eurosport su una delle tante scene colorate “qui si sono lasciati andare la mano” o l’infelice battuta sul quanto fosse migliore della pioggia parigina lo stadio della cerimonia di Tokyo: era vuoto per il COVID, perdio! (ed il professor Burioni si è inalberato e lo ha fatto subito notare sui social).

Screenshot di FB del Professor Roberto Burioni
Un altro drammatico esempio di impreparazione? I telecronisti continuavano a parlare dell’ ”uomo misterioso” per descrivere il tedoforo file-rouge di tutta la cerimonia, senza accennare al fatto che fosse un palese omaggio al videogioco Assassin’s Creed. E poi i rumorosissimi silenzi di fronte alle scene più complesse che andavano spiegate: neppure una parola sulla straordinaria opera di ricostruzione di Notre Dame dopo l’incendio del 2019 o sulla scena di decapitazione di Maria Antonietta e al chiaro riferimento al musical Les Misérables. Infine la censura totale: la scena evidentemente poliamorosa della biblioteca nazionale neppure spiegata o le drag queen del quadro “festività” in un quadro che – apriti cielo – ricordava l’ultima cena di Leonardo neppure citate come tali. Eh sì, rispetto alla complessità artistica del quadro, un mix straordinario di musica, danza, teatro, illusionismo ed arti varie, con omaggi a cinema, videogiochi, pittura e tutte le arti visive, Rai ed Eurosport hanno proposto commentatori da palazzetto dello sport, bravissimi nel loro campo, ma non in questa occasione. Non fornire informazioni sui messaggi di ogni quadro, sui personaggi rappresentati, ha svilito un lavoro artistico importante. La salvezza? Su Eurosport bastava cambiare audio e selezionare la lingua inglese, con i commentatori anglosassoni di Eurosport, rispettosi, mai invadenti e spesso anche molto divertenti.
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