The Grand Getaway, la follia di Wallace & Gromit alla conquista di Venezia

Il videogioco VR con elementi puzzle basato sul franchise dello studio Aardman è approdato al Lazzaretto Vecchio durante la Mostra del Cinema, tra le poche esperienze realmente ludiche in concorso a Venice Immersive

Lo follia di Wallace & Gromit conquista anche la Mostra del Cinema di Venezia. I due personaggi creati dallo studio Aardman, celebre per il suo stile di animazione in stop-motion e la realizzazione del film d’animazione di culto del 2000 Galline in fuga (ora in arrivo il secondo capitolo L’alba dei nugget), sono arrivati anche nello spazio espositivo di Venice Immersive, con un’avventura in realtà virtuale di grande intrattenimento, caratterizzata da un’eccellente umorismo britannico e da una sceneggiatura folle e coinvolgente.

Questa è la prima volta che il franchise di Wallace & Gromit incontra la realtà virtuale, e si tratta anche dell’esperienza più ludica di tutta la selezione assieme a Pixel Ripped 1983 di Ana Ribeiro e Another Fisherman’s Tale di Vertigo Games.

Nella prima scena di The Grand Getaway, Wallace e Gromit stanno preparando i bagagli per partire per le tanto agognate vacanze. Ma Wallace ha confuso le date, dimenticandosi di dover essere dall’altra parte del Paese in pochissimo tempo. Per cui, la scelta più ovvia – nella logica follia del franchise – è prendere come mezzo di trasporto il loro razzo spaziale. Un viaggio che porterà i due in un’assurda epopea spaziale graziosa e visivamente accattivante, con annesso atterraggio su Marte.

Sperimentazione VR e animazione

La sperimentazione in questo mercato – che rappresenta, più che altro, una nicchia – non è nuova per lo studio Aardman, che in passato aveva realizzato The Big Fix Up, un prodotto in realtà aumentata con protagonisti i due scanzonati personaggi. “Quello è stato una sorta di inizio del nostro viaggio in queste tecnologie, che ci ha aiutato a preparare il terreno e poi ad approdare nel mondo della VR”, ha raccontato Finbar Hawkins, co-direttore dello studio Aardman, in un’intervista a The Hollywood Reporter Roma.

Un complesso lavoro di design e animazione, con l’obiettivo di trasporre la forte identità dello studio Aardman e dei suoi lavori in un videogioco complesso con elementi puzzle. L’azienda di Bristol ha come marchio di fabbrica una tecnica chiamata stop-motion e con personaggi realizzati in plastilina (rinominata claymation), caratterizzati da espressioni esagerate e quasi grottesche.

“In genere la computer grafica è molto elastica e morbida, ma con la stop-motion bisogna rispettare la fisicità dei pupazzi,” spiega Bram Ttwheam, co-direttore di Aardman. “Un buon esempio è Wallace: il suo torso è un pezzo solido, quindi non può torcersi – continua Ttwheam – abbiamo cercato quindi di trasporre questa cifra stilistica realizzando qualcosa di un po’ robotico, facendo andare i personaggi a 12 fotogrammi al secondo, mentre l’esperienza viene fatta girare a 72 o più”.

Una schermata di Wallace & Gromoit in the Grand Getaway

Una schermata di Wallace & Gromoit in the Grand Getaway. (Courtesy of Aardman)

La follia narrativa

Un altro aspetto molto importante in una produzione di Wallace & Gromit è la narrazione, che deve essere in qualche modo amalgamata con le meccaniche di gioco. In un rapporto in cui le interazioni raccontano la storia, mentre la storia giustifica le interazioni. Un aspetto ampiamente sviluppato all’interno della produzione, soprattutto visti ancora i limiti della realtà virtuale e dei visori, che non ti permettono grande spazio di manovra (insomma, non siamo ancora ai livelli dello spielberghiano Ready Player One).

Per questo motivo gran parte dell’azione è gestita attraverso movimenti con i due controller, oppure le situazioni prevedono scene molto stazionarie. “Quando si vestono i panni di un personaggio diverso, si gioca in un modo verosimile per quel personaggio”, racconta Lawrence Bennett, direttore creativo della casa di sviluppo NoGhost, che ha lavorato al progetto in collaborazione con lo studio Aardman. “Nelle fasi in cui si interpreta Gromit, si aggiustano le cose in giro per il razzo, mentre impersonando Wallace si compiono azioni stravaganti – aggiunge – diventando invece AutoCaddy, il gameplay è più meccanico, perché è un assistente”.

In un qualunque progetto di Wallace & Gromit, ha spiegato Bennett a THR Roma, è il rapporto e la relazione tra i due personaggi a muovere la narrazione e la comicità, a rendere appassionanti le loro storie. “Il gameplay deve rappresentare e deve permettere a questa chimica di prendere vita”, conclude.

In concorso a Venice Immersive

Wallace & Gromit sono in concorso quest’anno alla Mostra del Cinema di Venezia, un grande traguardo per lo studio Aardman che tra poco vedrà uscire anche l’atteso sequel di Galline in fuga diretto da Sam Fell (già regista di Giù per il tubo). Ma l’azienda creativa con sede a Bristol sta lavorando anche a un altro progetto cinematografico con protagonisti i due stravaganti personaggi di plastilina dall’accento britannico per la regia di Nick Park, come aveva dichiarato il fondatore dello studio Peter Lord in un’intervista a THR Roma.

Per quanto riguarda il futuro in realtà virtuale dei personaggi, Finbar Hawkins è molto chiaro: “Abbiamo tante altre idee che bollono in pentola e sarebbe fantastico poterle realizzare”.

Poster ufficiale di Wallace & Gromit in the grand getaway. (Courtesy of Aardman)

Poster ufficiale di Wallace & Gromit in the grand getaway. (Courtesy of Aardman)