Rhea Seehorn, star di Better Call Saul: “Non dimenticherò mai Kim Wexler”

"Lo sciopero? Affrontiamo il problema e troviamo una soluzione", ha dichiarato la candidata agli Emmy parlando della sua visione dei picchetti. L'attrice ha anche parlato con THR della sua esperienza nell'ultima stagione della serie cult della AMC

Ogni volta che si trova in una stanza circondata dalle più grandi star della tv, Rhea Seehorn cerca sempre Bob Odenkirk. “È il mio partner in crime“, dice la star di Better Call Saul del suo co-protagonista. Questa stagione dei premi probabilmente non sarà diversa, dato che Seehorn, Odenkirk e la serie AMC sono nuovamente candidati agli Emmy.

Per il secondo anno consecutivo, Seehorn ha ottenuto una nomination per la sua interpretazione di Kim Wexler, un ruolo che ha ricoperto per sei stagioni e sette anni. Ma questa è l’ultima volta che Seehorn recita nei panni del personaggio, dato che la serie si è conclusa con l’ultima stagione nell’agosto del 2022.

Dopo la nomination dell’anno scorso, l’attrice non si dice meno entusiasta del caos che arriverà – eventualmente, visto che la cerimonia stessa è stata posticipata al 15 gennaio 2024: “Sono una persona perennemente non avvilita”, ha dichiarato, aggiungendo che intende usare “un pizzico di sarcasmo e di ironia per assicurarsi che non siate troppo pieni di voi stessi”, se dovesse accadere l’inconcepibile.

Seehorn ha parlato con The Hollywood Reporter la mattina della sua nomination, raccontando dei momenti emozionanti dell’ultima stagione di Better Call Saul, dei suoi show preferiti in tv al momento e dello sciopero del sindacato degli attori SAG-AFTRA, iniziato due giorni dopo questa intervista.

Questa è la sua seconda nomination consecutiva: come ci si sente?

Sono entusiasta, è molto emozionante. Sono felicissima che lo show sia stato nominato e sono molto orgogliosa di come Peter (Gould, lo showrunner, ndr) ha gestito gli ultimi sei episodi, nonché la scrittura e la regia.

Come fan della serie, oltre a farne parte, ho pensato che fosse molto rispettoso nei confronti degli appassionati, dei personaggi e della storia. Quindi, essere invitati nuovamente alla festa è un’occasione per rivederci, visto che siamo tutti sparpagliati a fare le nostre cose. Siamo un gruppo unito.

È stata anche una stagione diversa dalle solite. In qualche modo avevamo subito preso consapevolezza che stavamo girando il finale di una serie. Anche se sono d’accordo con Bob. Per lui questa comprensione non è arrivata finché gli episodi non sono andati in onda. Ed è lì che inizi a capire: “Oh, non torneremo indietro”.

Perché di solito si aspetta a lungo, si va in onda e poi si torna a produrre. Ma questa consapevolezza è arrivata dall’inizio, queste erano le ultime storie che stiamo raccontando, almeno per ora. Per fortuna, il finale è stato appropriato. E soprattutto autentico.

Quali sono stati gli aspetti più impegnativi nell’interpretare Kim in quest’ultima stagione di Better Call Saul?

Dal punto di vista emotivo, le scene finali – la sequenza della prigione, la camminata nel cortile del carcere e la scena finale in cui si fuma – sono state difficili.

Anche riuscire a capire cosa prova Kim è stato molto difficile, ma tecnicamente Impianto d’irrigazione (episodio 12), la puntata della Florida in bianco e nero, è stata molto, molto impegnativa. E ne sono felice, perché so che molti attori la pensano come me: è un dono dire “Porca miseria, non so se ce la faccio” e poi avere persone meravigliose che dicono “Beh, provaci”.

È stata una cosa davvero interessante da affrontare con Peter. Chi è Kim in quel momento? Inoltre, facendo così tante scene senza nessuno dei miei abituali partner di scena, mi sono sentita come un pesce fuor d’acqua, nel senso buono del termine.

Potrebbe essere l’ultima volta che interpreta questo ruolo. Che cosa trarrà da questa esperienza?

Non credo che la dimenticherò mai. Spero che un giorno ci sia l’occasione di rivedere questi personaggi. Interpretarne uno per sette anni, con l’enorme margine di evoluzione, di sottotesto e di crescita che ci hanno permesso di avere, mi fa sentire molto tridimensionale come persona. Ci sono parti di lei che, come attrice e come essere umano, sto ancora cercando di capire, ma non ci riesco del tutto. Non ho la “faccia da poker” come lei. Vorrei non riempire nervosamente i silenzi.

È stato molto significativo per me incontrare i fan e rendermi conto che gli spettatori sono spesso i suoi più grandi confidenti, perché non lascia che le altre persone nella stanza sappiano cosa sta pensando.

Oltre a Better Call Saul, c’è qualche serie che ha seguito quest’estate?

Ho guardato tantissima televisione. Ogni volta che incontro persone che dicono: “Non guardo la tv”, io dico: “Va bene, ci penso io”. Io e il mio fidanzato Graham amiamo Beef e The Bear, Fleishman a pezzi e Love & Death. Naturalmente anche The White Lotus, mentre sono indietro con Succession, ma so che è brillante. Tutti quegli attori sono bravissimi.

Sto anche riguardando PEN15, che credo diventerà un’ossessione per il resto della mia vita. L’ultima stagione di Happy Valley, che ho aspettato a lungo, è stata davvero emozionante da guardare. E poi adoro Bad Sisters.

Come membro della SAG-AFTRA, sindacato degli attori, perché lo sciopero è importante per lei?

Mi addolora il fatto che così tante persone, anche quelle che incontro tra il pubblico, pensino: “Si tratta di scrittori e attori che ricevono un milione di dollari e ora vogliono due milioni di dollari a episodio?”. Non siamo tutti come in Friends di 20 anni fa. Non è di questo che stiamo parlando e non si tratta di essere avidi.

Si tratta solo delle piattaforme e del modo in cui le cose vengono trasmesse in streaming, e il modo in cui le produzioni guadagnano è cambiato. Nessuno lo mette in dubbio. Tutti coloro che sono coinvolti nella realizzazione di questi prodotti devono partecipare al loro successo. Qualunque sia il suo aspetto. 

Non si tratta solo di residuali, ma anche dell’IA. È il problema dell’intelligenza artificiale. È bene che ci sia qualcosa che protegga tutti. Dobbiamo creare un sistema che permetta alla scrittura televisiva di essere una professione, non un hobby che si aggiunge ad altri tre lavori. Non vogliamo un mondo, credo, in cui i nostri autori non possano guadagnarsi da vivere.

Dobbiamo trovare una soluzione. Non sono abbastanza intelligente da sapere come, ma sono abbastanza intelligente da sapere che questo problema deve essere affrontato.

Traduzione di Pietro Cecioni