L’affondo di Stephen King sull’IA: “E’ come il denaro falso dei film: non può replicare un momento creativo”

Sulla rivista The Atlantic lo scrittore firma un saggio sulle prospettive dell’editoria all’interno di una tecnologia in evoluzione che si “allena” anche con i suoi romanzi

Di THR ROMA

L’intelligenza artificiale è come il denaro falso usato nei film, credibile a prima vista ma non così convincente dopo un attento esame: usa questa metafora lo scrittore Stephen King per parlare dell’intelligenza artificiale generativa come ChatGpt e Bard. Lo fa in un saggio pubblicato sulla rivista The Atlantic, facendo intendere che non teme questa tecnologia usata anche in campo creativo perché i risultati, appunto, non sono ancora convincenti.

Per supportare questa tesi, l’autore di Shining e Misery descrive una scena del suo ultimo libro, Holly, in uscita a settembre, in cui un personaggio arriva alle spalle di un altro e lo uccide con una pistola, sparando un colpo alla nuca. Quando il killer volta il corpo della vittima si accorge che il proiettile non è fuoriuscito ma ha lasciato un piccolo rigonfiamento sulla fronte che diventerà la sua ossessione. La trovata, spiega King, è frutto di “un vero momento creativo e deriva dall’essere nella storia e vedere ciò che vede l’assassino. È stata una rivelazione. Una macchina può creare quel rigonfiamento? Direi di no. Ma devo, con riluttanza, aggiungere non ancora”, dichiara.

Le riflessioni arrivano in un momento in cui il tema dell’intelligenza artificiale è centrale a Hollywood ma anche nel mondo dell’editoria. Diversi scrittori si sono ribellati all’idea che l’addestramento dell’intelligenza artificiale avvenga tramite i loro libri, sollevando anche conflitti con il diritto d’autore.

“La memoria dei computer è così grande che tutti i miei romanzi potrebbero stare in una pen drive – scrive King – ma c’è da chiedersi se la somma valga più delle parti. Per ciò che ho avuto modo di vedere, la risposta è ancora no”.

Lo scrittore, pur con tutte le cautele sostiene che resistere all’inevitabile marcia dell’intelligenza artificiale è inutile. “Vietare l’insegnamento, se questa è la parola, delle mie storie ai computer? Nemmeno se potessi”, osserva. “Diventerei il re Canuto che impedisce alla marea di salire. O un luddista che cerca di fermare il progresso industriale facendo a pezzi un telaio a vapore”.

(Ansa)