Matteo Garrone: “Io Capitano è un film sull’ingiustizia. E sui giovani che lottano per la vita”

Il Palm Springs Film Festival di quest'anno ha visto due tavole rotonde sui film internazionali. "L'idea è partita dal desiderio di mostrare e dare finalmente una forma visiva a una parte del viaggio che di solito non vediamo", ha raccontato il regista in corsa per gli Oscar

Il Palm Springs Film Festival di quest’anno ha visto non una, ma ben due tavole rotonde sui film internazionali ospitate da The Hollywood Reporter. La prima ha messo in luce alcuni dei film non in lingua inglese più interessanti dell’anno. Io capitano di Matteo Garrone è il candidato italiano agli Oscar di quest’anno e segue due ragazzi in un’avventura fiabesca attraverso i continenti.

Era presente anche J.A. Bayona col suo La società della neve, il film presentato dalla Spagna, che segue la storia vera dell’incidente aereo del 1972 sulle Ande e l’estenuante lotta per la sopravvivenza dei passeggeri che si sono salvati. Niente candidato per la Francia, che aveva selezionato come suo titolo per gli Academy Awards La Passion de Dodin Bouffant di Trần Anh Hùng, un racconto che si estende su più decenni, su due chef che si innamorano mentre creano alcuni dei piatti più sontuosi mai visti al cinema.

Al PSIFF di quest’anno, la tavola rotonda ha visto ogni regista spiegare le sfide uniche che si celano dietro i loro apprezzati progetti e la passione dietro le loro idee iniziali, che hanno contribuito a portare tutti i loro film al traguardo della shortlist e li hanno ispirati a creare.

Le parole di Matteo Garrone su Io capitano

Durante la tavola rotonda Matteo Garrone ha spiegato perché ha realizzato Io capitano: “L’idea è partita dal desiderio di mostrare e dare finalmente una forma visiva a una parte del viaggio che di solito non vediamo. Io vengo dall’Italia e siamo abituati da anni a vedere le barche con i migranti che arrivano nel Mediterraneo. A volte arrivano, a volte no. C’è questo conteggio rituale di persone vive e morte. E con il tempo, diventano solo numeri. Quindi, abbiamo cercato di umanizzare questi numeri, di fare un controcampo, di mettere la macchina da presa dall’altra parte, non dalla nostra parte, ma da quella di chi ha fatto, come ha detto lei, questo viaggio epico. Sono loro i portatori dell’epica contemporanea oggi. E quindi, naturalmente, per fare questo film era necessario avere l’aiuto e la fiducia dei veri protagonisti di questo viaggio”.

Continua il regista e sceneggiatore: “Ho iniziato ad ascoltare la loro storia, a scrivere la sceneggiatura con loro e anche sul set ero sempre con il vero protagonista della storia. Quindi, ho avuto questo privilegio. A volte dico che spesso non mi sentivo un regista ma uno spettatore. Ero una sorta di regista-spettatore, in un certo senso, perché a volte, lavorando con loro, dicevo “Azione”, e loro rivivevano sul set qualcosa che avevano vissuto in passato. Spesso non cercavo di dirigere, ma di seguire questa umanità. È anche un film sui sogni. È un film sulla giustizia, è un film, soprattutto, sull’ingiustizia, ed è un film sui giovani, ma non tutti i giovani, quelli che lottano per la vita, per i sogni ad occhi aperti, per questo desiderio umano di scoprire il mondo e cercare una vita migliore. È stata questa l’idea che ci ha spinto a fare questo film”.

Traduzione di Nadia Cazzaniga