Mentre l’intelligenza artificiale minaccia di sconvolgere il panorama dei media, le principali società di giornali e riviste si trovano ad affrontare un dilemma: prendere i soldi dai giganti dell’IA con accordi di varia natura oppure combattere a colpi di cause legali. La seconda direzione l’ha presa il prestigioso New York Times.
Il quotidiano statunitense ha intentato una causa contro OpenAI, l’azienda gestita da Sam Altman che ha realizzato ChatGPT, la popolare chat utilizzata da oltre 100 milioni di utenti dal momento del suo lancio alla fine del 2022. ChatGPT sfrutta i dati presenti sul web come una sorta di archivio di informazioni e così fornisce risposte personalizzate alle richieste che riceve. L’archivio dell’universo digitale è naturalmente composto anche dagli scritti dei siti dei giornali.
Se i consumatori si rivolgessero sempre più ai chatbot per leggere le notizie, ciò potrebbe, per esempio, rendere le singole pagine web – gli URL che gli editori monetizzano tramite la pubblicità – una reliquia, costringendo a rimodellare radicalmente il futuro online dei giornali.
La causa del New York Times contro OpenAI
Il New York Times afferma di aver contattato OpenAI nell’aprile del 2022 per trovare un accordo sulla licenza dei suoi contenuti, in vista di ottenere “garanzie tecnologiche che consentano uno scambio di valore reciprocamente vantaggioso”. Ma l’accordo non c’è stato: “Questi sforzi non hanno portato a una risoluzione”.
Il quotidiano statunitense “si è opposto dopo aver scoperto che gli imputati stavano usando i contenuti del Times senza autorizzazione per sviluppare i loro modelli e strumenti”. Dunque l’azione legale è stata avviata “per chiedere di rispondere dei miliardi di dollari di danni dovuti per la copia e l’uso illegali delle opere di valore unico del Times“.
In uno degli esempi che riporta il New York Times, la denuncia rileva come OpenaAI abbia creato un set di dati, intitolato WebText, ricavato da una grande quantità di contenuti su Reddit. All’interno dei post degli utenti su Reddit, “è presente una quantità impressionante di contenuti del Times“.
L’azienda giornalistica inoltre ha affermato che ChatGPT consentirebbe agli utenti di aggirare il suo paywall, allegando uno screenshot che mostra una richiesta del primo e del secondo paragrafo dell’articolo Snow Fall, vincitore del premio Pulitzer nel 2013, cui il bot risponde con una copia.
“Come parte della formazione dei modelli GPT, Microsoft e OpenAI hanno collaborato allo sviluppo di un complesso sistema di calcolo su misura per ospitare e riprodurre copie del set di dati di formazione, comprese copie di contenuti di proprietà del Times“, si legge nella denuncia. “Milioni di opere del Times sono state copiate e immagazzinate – più volte – allo scopo di formare i modelli GPT degli imputati”.
Causa anche contro Bing, motore di ricerca di Microsoft
Il Times sostiene che Microsoft abbia già violato il suo copyright da quando ha aggiunto funzioni di intelligenza artificiale al suo motore di ricerca Bing. “Microsoft e OpenAI continuano a creare copie non autorizzate del Times sotto forma di risultati di ricerca. Microsoft raccoglie attivamente copie di Times Works utilizzate per generare tali risultati nel processo di crawling del web per creare l’indice del suo motore di ricerca Bing”, si legge nella denuncia.
La causa è stata intentata due settimane dopo che un’altra grande casa editrice, Axel Springer, proprietaria di Politico e Business Insider e del quotidiano tedesco Bild, ha scelto un approccio diverso nei confronti di OpenAI e ha accettato il pagamento. In base all’accordo presentato il 13 dicembre, marchi come Politico saranno utilizzati per formare i prodotti OpenAI, in quello che l’amministratore delegato di Axel Springer Mathias Döpfner ha definito uno sforzo per “esplorare le opportunità del giornalismo potenziato dall’intelligenza artificiale”.
Altri editori valutano le mosse nei confronti dell’IA
Altri editori, tra cui l’impero News Corp. controllato da Rupert Murdoch, che possiede il Wall Street Journal e il New York Post, e la IAC guidata da Barry Diller, che possiede People e The Daily Beast, stanno valutando le loro opzioni. “Stiamo guardando al futuro anche per massimizzare il valore dei nostri contenuti premium per quanto riguarda le IA. Siamo in fase avanzata di discussione con una serie di aziende digitali che prevediamo porteranno entrate significative in cambio dell’utilizzo dei nostri contenuti”, ha dichiarato l’amministratore delegato di News Corp. Robert Thomson. “I motori generativi di intelligenza artificiale sono tanto sofisticati quanto lo sono i loro input e hanno bisogno di essere costantemente riforniti per rimanere aggiornati”.
Diller aveva dichiarato che i principali editori si trovavano di fronte a una resa dei conti. “Quando Internet è nato, tutto era gratuito. All’epoca fu decretato che tutto era libero e quindi tutti gli editori dissero che non avevano altra scelta”, ha detto. “Se gli editori non dicono: non potete rubare i nostri contenuti, non potete prenderli, non potete trasformarli”, lo fanno a loro rischio e pericolo.
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