Addio a Steve Albini, l’anarchico produttore degli album dei Nirvana e dei Pixies che si faceva chiamare “ingegnere del suono”

Il purista della musica, amato da Kurt Cobain, si è spento a causa di un infarto a 61 anni. Era un outsider punk rock, combattivo e irriverente, che ha sempre rifiutato le regole dell'industria della musica. Negli ultimi anni aveva ammorbidito le sue posizioni: "Molte cose che ho detto e fatto, da una posizione di privilegio, sono orribili e me ne pento"

Steve Albini, l’esigente produttore e ingegnere del suono, nonché frontman dei gruppi indie rock Shellac e Big Black, è morto a 61 anni. Come riporta un membro dello staff dello studio Electric Audio Recordings di Albini a Chicago, si è spento a causa di un infarto.

Sebbene disdegnasse il termine “produttore”, preferendo invece “ingegnere”, Albini ha detto in un’intervista del 2018 di aver lavorato su più di 2.000 album, principalmente per band underground o indie, ma anche ai progetti di due delle band più importanti e influenti della fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, i Nirvana e i Pixies.

Oltre a registrare l’ultimo album in studio completo dei Nirvana, In Utero del 1993, Steve Albini ha anche lavorato all’amato album del 1988 Surfer Rosa di una delle band preferite di Kurt Cobain, i Pixies. Dagli album di major di prim’ordine (il sferzante album Rid of Me di PJ Harvey del 1993, Razorblade Suitcase di Bush) alle band indie della sua Chicago (Urge Overkill, The Jesus Lizard, Tar), Albini era anche un prolifico musicista. Tra i gruppi hardcore e noise cui ha preso parte ci sono Big Black, Rapeman e Shellac.

Steve Albini

Steve Albini, l’ingegnere del suono

Nato a Pasadena, in California, il 22 luglio 1962, Steve Albini è stato un convinto outsider nell’industria della musica, che considerava sfruttatrice di arte. Ha sempre rifiutato di accettare le tradizionali royalties del produttore per tutti gli album che ha registrato nel suo studio di Chicago.

Punk rock nel senso più puro del termine, combattivo, anarchico e sfrontato, come dimostra il nome di una delle sue band, “Rapeman”, che in seguito definì una scelta “irriverente”, Albini faceva rumore e musica non commerciale. I Big Black, il cui sound mescolava voci gutturali e distorte, martellanti tamburi industriali e chitarre ronzanti, non ebbero mai un manager, prenotarono in autonomia i tour e si sciolsero alla vigilia dell’uscita del secondo album. Albini era anche irremovibile sul non ricevere alcun credito nelle note di copertina dell’album. Quando doveva essere nominato chiese di essere chiamato “ingegnere del suono” invece che produttore.

I Nirvana, i Pixies e la musica underground

Cobain era determinato a registrare con Albini il secondo album. Si era innamorato del suono essenziale e grezzo delle produzioni precedenti di Albini, anche se la sua etichetta era contraria ad assumerlo, temendo un ritiro dalla mega-band dei Nirvana. Albini era anche famoso per le polemiche e le critiche contro quelli che considerava dei falsi nell’industria, come quando scrisse una lettera al critico del Chicago Reader Bill Wyman nel 1994 in cui etichettò gli Smashing Pumpkins “in definitiva, una band insignificante” e Liz Phair un “f-king compitino di scuola da ascoltare”.

Anche se a volte Albini si scagliava contro le band con cui aveva lavorato in precedenza – come quando descrisse i Pixies “quattro vacche ansiose di farsi portare in giro coi loro anelli al naso” – la sua buona fede indie lo teneva impegnato a lavorare sugli album degli artisti underground degli anni ’90, da Jawbreaker a Silkworm, Brise-Glace, Killdozer, Gastr del Sol, Smog, Pansy Division e Low, e molti altri.

La produzione di Albini dei primi anni 2000 fu impressionante ed espansiva, registrando dozzine di album e singoli di artisti del calibro di Jon Spencer Blues Explosion, Man or Astro-Man?, Zeni Geva, Robbie Fulks, Mogwai, Flogging Molly, The Breeders, Godspeed You! Black Emperor, Cheap Trick, Gogol Bordello, Joanna Newsome, The Stooges, Manic Street Preachers.

Steve Albini

Le critiche all’industria musicale e le scuse

Per un certo periodo Albini è diventato famoso per i suoi commenti spesso taglienti a quella che vedeva come un’industria musicale pomposa e corrotta e per attacchi spietati ai gruppi che considerava senza talento. Nel 2021 su Twitter però non ha risparmiato delle scuse per delle prese di posizione dettate più da questioni di principio che da riflessioni consapevoli.

“Molte cose che ho detto e fatto, da una posizione di privilegio, sono chiaramente orribili e me ne pento. Nessuno ha l’obbligo di trascurarle, ma io sento l’obbligo di riscattarmi… Un progetto che ho intrapreso pezzo per pezzo man mano che crescevo, mi evolvevo e imparavo nel tempo. Non mi aspetto alcuna grazia e, onestamente, mi sento come se io e gli altri della mia generazione non fossimo stati ritenuti abbastanza responsabili per le parole e i comportamenti che alla fine hanno contribuito a rendere la società più grossolana”.

Ha continuato il mea culpa, assumendosi la responsabilità di ispirare ciò che considerava “edgelord s–t” (soprattutto nel linguaggio legato ai social media significa un polemista professionale, “s–t” sta invece per il termine inglese “shit” – ndr). “Per me e per molti dei miei colleghi, qualcosa è andato storto. Pensavamo che le principali battaglie sull’uguaglianza e sull’inclusione fossero vinte, quindi non stavamo danneggiando nulla con la provocazione, lo shock, il sarcasmo o l’ironia. Se non altro, cercavamo di sottolineare la banalità, la noncuranza quotidiana, il tutto con la tacita e sbagliata convinzione che le cose stessero migliorando… Credetemi, ho incontrato la mia parte di punitori ai concerti e sono solidale”.

Gli ultimi lavori

Gli Shellac erano pronti a pubblicare il loro primo album dopo un decennio, To All Trains, la settimana del 13 maggio, e avevano prenotato una serie di spettacoli in Inghilterra a giugno e di date negli Stati Uniti a Chicago, New York e Los Angeles a luglio.

Lavorando spesso su dozzine di album all’anno, Albini ha mantenuto il suo ritmo, collaborando con la cantante folk Nina Nastasia nel 2022, oltre a lavorare sugli album di Black Midi, Spare Snare, Liturgy e Code Orange negli ultimi due anni.

Questa storia è apparsa per la prima volta su Billboard.com.