DADA’: anteprima esclusiva del videoclip “Passione eterna” ispirato alla Napoli velata di Ferzan Özpetek

Il videoclip dell'artista napoletana è diretto da Byron Rosero, che prende spunto anche dall'estetica di Paolo Sorrentino e dalla realtà del film Gueros del regista messicano Alonso Ruizpalacio

Nota al grande pubblico per aver partecipato nel 2022 al talent show X Factor nel roster di Fedez, DADA’, nome d’arte di Gaia Eleonora Cipollaro, 28 anni, si è messa in luce per l’originalità della sua proposta musicale, tra tradizione e innovazione, con uno stile in cui il pop incontra la musica da ballare.

Il suo marchio di fabbrica è l’innata capacità di unire il cantautorato napoletano alla musica elettronica, dando vita a un nuovo genere musicale, che strizza l’occhio a una world music ricca di contaminazioni sonore.

È il caso della cover del brano Passione eterna di Mario Merola, che la musicista napoletana fa rimbalzare in un sofisticato mondo R&B. Il video del brano, che THR Roma vi propone in anteprima, porta la firma del giovane regista Byron Rosero e racconta Napoli e le sue contraddizioni, “quelle che mi hanno permesso di tornare alle mie radici, dopo essermene allontanata sia con la testa che fisicamente. Perché sono i napoletani che vogliono somigliare a Napoli, e non viceversa” racconta DADA’ in una pausa del suo tour estivo in giro per i festival della penisola.

Possiamo dire che Napoli è la grande protagonista della musica di DADA’?

Il progetto mette in parallelo me e Napoli. Come se fosse un diario segreto personale della città attraverso le caratteristiche della mia personalità. Sono contenta che venga apprezzato soprattutto dal pubblico ‘di fuori’, che magari non ne conosce certe sfaccettature, certe atmosfere culturali.

Passione Eterna è un omaggio a un’istituzione come Mario Merola.

È un bellissimo brano. Non avrei mai pensato di toccare il suo repertorio. Ci sono tanti pregiudizi, per via della sceneggiata napoletana, e in generale sui cantanti neomelodici. In realtà Merola apre le porte alla sceneggiata napoletana e solo in seguito approda al neomelodico.

Cosa l’ha colpita di questo brano?

Il testo. Che parla del bene: quello che ci si fa l’un l’altra, ma anche quello che ci incatena. È un bene che è veleno. Una passione irremovibile, incancellabile, quasi inguaribile.

Non ha avuto paura a trasformare la canzone?

L’ho fatto a modo mio, interpretandola in maniera meno disperata rispetto al maestro Merola. L’ho intesa con un’accezione più larga della vita. La dualità dell’amore che può essere ‘sentito’ da qualsiasi punto di vista, non per forza sentimentale. Negli ultimi anni ho scoperto che, senza un’altra persona accanto, non riuscirei ad essere ispirata né a confrontarmi col prossimo.

Quale è stata la personale chiave di lettura di DADA’?

L’ho inteso come un brano in cui mi specchio nella persona per cui provo questa passione. Uno specchio in cui appare il mio riflesso ma anche quello dell’altro.

Pensa che Mario Merola sarebbe stato contento del lavoro fatto sul pezzo?  

Non lo so. Credo che in generale gli artisti napoletani siano sempre contenti quando viene ripresa la propria musica. Quindi non so se la mia versione della sua canzone gli sarebbe potuta piacere. Ma sono certa che non si sarebbe arrabbiato.

Chi ha ideato il video?

Tutto parte da idee scritte da me, che poi ho rielaborato insieme al team e al location manager Alfonso De Angelis, lo street artist Trallallà, che è anche l’autore delle famose Ciacione (le sirene ‘in carne’ disegnate dall’artista sui muri delle strade di Napoli, ndr) che campeggiano un po’ in tutti i vicoletti. Insieme a lui abbiamo scelto la location, il cortile interno dell’ex Lanificio. Una struttura innovativa, perché non era stata ancora occupata.

Ci sono dei riferimenti cinematografici nel video?

Nel periodo in cui abbiamo girato, il Napoli stava vincendo lo scudetto. Ho cercato di evitare tutti i luoghi in cui figuravano gli striscioni dei tifosi. Nella città c’era troppo azzurro e troppo bianco (i colori del Napoli calcio, ndr). Io invece volevo trasportare lo spettatore in un mondo più onirico, in quella Napoli velata raccontata da Ferzan Ozpetek e da tantissimi altri registi, come per esempio Paolo Sorrentino.

Cosa vuole raccontare con le immagini?

Ci piaceva l’idea di rappresentare questa coppia visibilmente anziana in uno spazio quasi grezzo, nullo, vuoto. Ho chiesto al regista di far emergere l’idea del prendersi cura l’uno dell’altra in maniera simbolica, attraverso l’applicazione dei cerotti sulla pelle. Inizialmente la coppia è vestita, poi rimane in canottiera.

DADA'

DADA’

Ci racconta delle riprese?

Sul set abbiamo improvvisato le inquadrature, in base alla personalità dei protagonisti. Due persone che hanno un legame così profondo e che in qualche modo lo stanno dimostrando semplicemente a gesti. È stato un momento carico di pathos.

Come ha scelto i protagonisti?

Sono i nonni ottantataquatrenni di una mia amica delle elementari. Li ho scelti perché, se penso al concetto di amore, inteso come un legame da instaurare, difficile e semplice al tempo stesso, mi sono venuti in mente loro. Li ho sempre visti scherzare e litigare, ma il loro legame è rimasto vivo nel tempo. Mi verrebbe da dire elegantemente popolare. Per fortuna hanno accettato con entusiasmo.

C’è qualche aneddoto che può raccontare delle riprese?

Lo scenario molto romantico che si è creato ha fatto commuovere tutti. Perché loro erano sfacciatamente simpatici e anche grotteschi. Facevano battute, si prendevano in giro. Avevano una grande complicità, scherzavano molto con il regista. Byron dava un’indicazione e loro di proposito facevano l’opposto. Ma alla fine era talmente perfetto che abbiamo lasciato tutto.

Che cosa le ha trasmesso questa esperienza?

Mentre giravamo è stato molto importante affrontare un’esperienza per me nuova insieme a due persone che conosco da quando ero piccolina. Il giorno delle riprese dovevamo mantenerci su un piano professionale,  avere un atteggiamento diverso rispetto a quello privato. Ho imparato a mettere a loro agio le persone, anche se all’inizio c’era un po’ di imbarazzo, le mani che tremavano. Sono contenta di essere riuscita ad integrarli in una dimensione più giocosa che lavorativa. È stato bello vederli emozionati. Tutti nel team abbiamo pianto.

Cosa ha dato X Factor a DADA’?

In termini oggettivi è stata una vetrina notevole, perché ha accorciato le distanze con il pubblico portando alla luce percorsi che prima erano sotterranei. Mi ha trasmesso la consapevolezza della forza e della fragilità che convivono in me. Era un momento in cui pensavo di essere molto debole e invece ho scoperto di avere una grande forza dentro, anche dal punto di vista creativo. Non significa sfacciataggine o sicurezza a tutti i costi: la forza può nascondersi anche in una delicata timidezza.

Come potremmo definire il suo genere musicale: elettrofolk?

Non saprei. Vengo dalla musica classica e quindi ho alle spalle studi da puristi. Poi sono passata anche per il folk. Credo di aver attraversato in maniera curiosa tutta la musica. Ho capito che se vuoi vivere al meglio la musica sia come artista che come ascoltatore non puoi che essere aperto a tutto. Per ora non ho ricevuto nessuna faccina all’ingiù né da persone adulte, né da giovani. Sono anzi contenta perché i nonni novantenni dei miei amici amano le mie canzoni e i video. Mi mandano pure i video saluti. Se mai dovessi mettere le mani in qualche posto sbagliato, me ne scuso. Però vorrà dire che mi andava di farlo.

Byron Rosero, regista di Passione eterna durante le riprese

Byron Rosero, regista di Passione eterna durante le riprese

La parola a Byron Rosero, regista del videoclip di DADA’

Ha partecipato all’ideazione video?

Tutto è partito da DADA’. Voleva ispirarsi alla sua città. Quando mi chiamò mi disse che voleva raccontare Napoli con le sue bellezze e le sue bruttezze, voleva una storia  reale. Non cercava una Napoli urbana già vista e rivista, quindi niente motorini o ragazzi che vanno in giro a fare marachelle. Napoli è umana, è donna, è empatica. Lei voleva il sentimento.

Come definirebbe questo suo ultimo lavoro?

Passione Eterna è un video concettuale. Ci sono due anziani che si guardano, che cercano di curare vicendevolmente le proprie ferite: a livello psicologico è qualcosa che chiunque, su questa terra, sta facendo. Finché non si muore, finché non si smette di respirare,  preoccuparsi dell’altro è un processo quotidiano. Quando si incontra un partner – e in questo caso la signora ha incontrato il suo lui – inizia un processo di cura bilaterale.

Tutti si possono riconoscere nel video?

Certo. Qualsiasi tipo di coppia nel mondo, di qualsiasi età, di qualsiasi etnia. L’obiettivo della coppia è darsi amore reciproco, curare  ferite mai sanate, cicatrici dell’infanzia, mancanze dell’amore materno o paterno. Se devo essere sincero ho notato tante fragilità in queste due persone, che hanno semplicemente interagito seguendo i propri sentimenti. Se una persona condivide una vita intera con l’altra, certi traumi, certe paure, certe mancanze sono sanate. Semplicemente perché spesso basta non stare soli.

Dove avete girato il video?

All’ex Lanificio di Napoli, mentre c’era una mostra in allestimento.

In quanto tempo?

Praticamente un’ora, molto rapidamente.

Che tecniche ha usato?

Un’inquadratura fissa. Una camera immobile mentre i protagonisti si muovevano. Abbiamo rubato tutto quello che potevamo in quei 5 minuti. Ci siamo avvicinati con la camera a mano, ma i due protagonisti erano restii nell’interagire spontaneamente con l’obiettivo. Non essendo professionisti erano un po’ impacciati. Abbiamo quindi dovuto ‘rubare’ tutto il movimento.

Avevano un copione da seguire o li avete lasciati fare?

Loro sapevano solo che durante le riprese avrebbero dovuto mettersi dei cerotti a vicenda. Sul set ho spiegato che per me era importante che si sentissero liberi di fare quell’azione con i loro tempi, e che avrebbero potuto parlarsi. È stato tutto molto naturale. Erano già stanchi dopo tre minuti di riprese. Quello che si vede nel video possiamo definirlo un freestyle genuino.

Ha contato la sua esperienza nel campo della moda?

Sì. Ogni scena è estetica, tutto molto pulito a livello di movimenti, montaggio e luce. Anche DADA’ voleva un’estetica poetica.

Si è ispirato a qualcuno?

Ad alcuni film di Alonso Ruizpalacio, un regista messicano. I suoi film sono molto crudi, veri. Da ragazzo latino cresciuto in Italia, non avendo mai vissuto il cinema sudamericano, è stato un colpo al cuore.

C’è un suo film che vuole consigliarci?

Gueros. Un film potentissimo.