Vi ricordate di quella band strampalata, con il nome ispirato ad un noto filosofo e psichiatra, che tutte le domeniche pomeriggio vi teneva compagnia a Quelli che il calcio nelle edizioni condotte da Luca e Paolo insieme a Mia Ceran? Ebbene i Jaspers sono tornati con un nuovo album, con il loro stile decisamente eclettico e con una preparazione musicale impeccabile. Dopo aver concluso quell’esperienza televisiva il gruppo composto da Fabrizio Bertoli (Voce), Giuseppe Zito (voce), Francesco Sgarbi (tastiere), Eros Pistoia (chitarra) ed Erik Donatini (basso), si è messo a lavorare sul nuovo disco appena uscito dal titolo Come asini nel pozzo.
Il titolo prende ispirazione da una favola popolare che narra di una storia di crescita personale che parla della necessità di non smettere mai di lottare per uscire dalle difficoltà anche quando tutto sembra andare nel peggiore dei modi. Primo album ad essere stato interamente prodotto dagli stessi Jaspers, ha richiesto un processo lungo e sofferto, durato quasi due anni.
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Riscaldamento globale è il nuovo singolo tratto dal disco: THR Roma vi mostra in anteprima il videoclip. Un pezzo dal titolo inequivocabile che parla di quel che ci aspetta nel futuro a seguito dei cambiamenti climatici. Ma non con una visione apocalittica del mondo, bensì usando una delle cifre stilistiche della band: l’ironia.
La canzone si apre infatti con un coro angelico tutto al femminile, registrato dalle bambine del Piccolo Coro San Paolo ONLUS di Milano, che in maniera paradossale canta quanto sarà bello potersi abbronzare tutto l’anno grazie agli effetti del riscaldamento globale. Il video è interpretato da un sorta di artista di strada eccentrico, bizzarro, un giullare metropolitano che si aggira per la città, cantando e ballando, portando con sé un piccolo televisore vintage dove si vede proiettato il coro di voci bianche.
Il tema trattato nel brano è molto attuale.
A noi piace trattare argomenti, anche difficili o importanti, con ironia, con leggerezza. Visto che questo è un tema di cui si è iniziato a parlare fin dagli anni Settanta, ma solo ultimamente è diventato un punto molto discusso, se ne parla un po’ ovunque: c’è chi è più catastrofista, chi invece lo nega o comunque non pensa che sia così grave. Non è facile trovare qual è la verità. Noi siamo molto colpiti da questo problema e preoccupati dalle eventuali ripercussioni.
Un argomento che si presta poco all’ironia.
Abbiamo deciso di affrontare questo tema mettendoci la nostra ironia, ci siamo presi un po’ tutti in giro senza cercarne di fare una morale o di dare una lezione ma semplicemente dicendo la nostra. Abbiamo pensato quali fossero gli elementi più grotteschi e quelli più tristemente divertenti, come direbbe Caparezza. Immaginiamo se veramente il riscaldamento avesse delle grosse ripercussioni, allora da noi potrebbe diventare come l’Australia a Natale, ci sarà il sole, andremo al mare e saremo tutti abbronzati.
Caparezza è un vostro riferimento?
Non abbiamo mai avuto un riferimento in particolare, anche perché siamo in tanti e ognuno di noi ha le proprie influenze. Sicuramente Caparezza è uno degli artisti italiani a cui noi più assomigliamo: abbiamo preso tanto da lui, consciamente o inconsciamente. Penso anche agli spettacoli dal vivo, molto teatrali, che potrebbero essere un punto di riferimento.
Com’è nata l’idea del videoclip?
Non avendo un budget hollywoodiano, non potevamo andare fino a Los Angeles, in mezzo alle palme, sulla spiaggia a farci vedere prendere il sole. Abbiamo scelto un attore per interpretare quel che potrebbe essere la società di domani. Nel video si vede questo Rambo, a metà tra il clochard, il disadattato, il matto del villaggio, che gira tutto contento, sta nel suo mondo, non si rende conto di quello che sta succedendo, non si rende conto delle reazioni della gente, perché lui balla in questo suo modo, così, fuori da qualsiasi norma.
Dove avete girato?
L’abbiamo ambientato a Milano dove tutti noi viviamo. Davanti al Duomo, al Bosco verticale, in centro, metro.
Ma cosa sta a significare questo strambo soggetto?
Il nostro personaggio è un po’ inconsapevole, un po’ ingenuo, ma rimane comunque allegro: il senso è che alla fine tutti pensiamo che l’umanità sia quasi sempre ottimista, tutto sommato trova sempre il buono, un po’ si accontenta anche ed è sempre convinta che in qualche modo le cose andranno bene. Quindi finché non vedremo degli effetti catastrofici del riscaldamento globale, continueremo a fare le nostre vite come sempre, senza pensarci troppo, magari ci indigniamo, guardiamo i talk alla tv, leggiamo le varie opinioni, però poi non è che facciamo molto per cambiare le cose.
Ogni tanto appare un piccolo televisore vintage che trasmette il coro delle bambine.
Molte delle cose che noi sappiamo le vediamo in televisione. Siccome sarebbe stato troppo complicato far venire tutte le bambine del coro a girare il video insieme, in mezzo alla città, abbiamo deciso di riprenderle mentre in teatro cantano la loro parte nel brano. Abbiamo poi trovato questo stratagemma di inserire il girato nel piccolo televisore, perché loro sono comunque il simbolo dell’innocenza e rappresentano il futuro. Sono proprio i nostri bambini che vedranno più effetti di questo riscaldamento globale e quanto sarà grave. Quindi volevamo creare questo forte contrasto, la divisione tra il personaggio che si aggira nella realtà quotidiano e – attraverso uno schermo – quello che sarà il suo futuro, quello che poi ne subirà le conseguenze.
Come è stato scelto l’attore?
L’attore lo conoscevamo di persona, si chiama Eugenio Fea, molto in gamba, ha studiato recitazione qua a Milano e teatro classico in Sicilia. A noi serviva un personaggio che avesse una forte mimica. Gli abbiamo spiegato qual era il progetto, che avrebbe dovuto anche ballare, cantare un po’ il pezzo, tutto il più naturale possibile.
Cosa rappresentano gli oggetti che trova per strada?
Sono dei piccoli rimandi alla band. Ogni oggetto che lui trova è una cosa che di solito viene usata da uno di noi quando suoniamo dal vivo. Chi ci conosce meglio li saprà riconoscere. Un rimando al gruppo, che non è presente nel video.
Perché la scelta di non apparire voi stessi nel video?
Nella maggior parte dei nostri video ci siamo. Questa volta volevamo provare anche qualcosa di diverso, senza essere sempre così opprimenti, non so come dire, volevamo un po’ aprire la scena anche a qualcos’altro.
È appena uscito anche il vostro terzo album, Come asini nel pozzo.
È un lavoro che abbiamo fatto con tutte le nostre forze, la nostra anima, il nostro cuore. Nel senso che oltre ad aver avuto una gestazione lunga, è il primo lavoro che abbiamo realizzato in modo completamente indipendente. Per noi ha un grosso significato, comunque vada sarà il nostro album più importante. Sono tutti pezzi in cui crediamo, che secondo noi valeva la pena mettere su un disco. Sono brani molto diversi l’uno dall’altro, sia dal punto di vista musicale che da quello dei testi.
La parola al regista Elio Nubes De Filippo
Com’è nato questo questo video?
L’idea è nata da una mia prima stesura e poi da un lungo confronto con la band in cui mi hanno spinto su un’idea di videoclip molto diversa da quelli che faccio di solito. Mi hanno spinto a sperimentare una linea più grottesca e ironica su tematiche importanti come quella del riscaldamento globale. Lo spunto finale c’è stato dopo l’incontro con l’attore.
Qualche reference a cui si è ispirato?
Avevamo l’idea di collegarci ai videoclip importanti del rock degli anni 2000 come ad esempio Walk e Learn To fly dei Foo Fighters, ma anche a quelli ironici degli Elio e le Storie Tese. E un po’ anche al film Un giorno di ordinaria follia di Joel Schumacher.
Anche l’idea di inserire il televisore ricorda qualcosa…
È stato un mio escamotage per unire le riprese dei bambini che erano state fatte in un momento precedente alle riprese, mi sembrava l’unico modo, essendo anche due formati video diversi, per unire l’idea di tecnologia evasiva dalla realtà e l’idea di bambini che sorridono grottescamente, cantano allegramente di una tematica così dura all’interno del videoclip. La cosa difficile è stata trasportare il televisore per tutta la città, però l’hanno fatto i ragazzi.
Come avete scelto i luoghi di Milano dove girare?
Abbiamo provato ad utilizzare tutti i luoghi più iconici della città che è sicuramente una città bellissima, ma è anche tra le più colpite dall’inquinamento, quindi quella che va più sensibilizzata. Io vivo a Salerno e devo dire che Milano ci accoglie sempre in maniera gradevole e fantastica.
È stata sua l’idea di non mostrare la band nel video?
Questo videoclip è il culmine di un percorso artistico che abbiamo fatto insieme alla band. È il terzo videoclip con i Jaspers. Il primo, Rockstar, era esclusivamente suonato in playback e la nostra intenzione è stata proprio quella di trasmettere l’idea del live, che è poi il fondamento del rock. Nel secondo video, La lais c’est beau, il protagonista è un cane che passeggia nella città. In questo ultimo abbiamo scelto di riferirci ad entrambi i video precedenti, unendo la città con alcuni oggetti che sono riconducibili ai componenti della band.
In quanto tempo lo avete girato?
Abbiamo girato tutto in un giorno e quasi totalmente con luce naturale, una scelta di Jessica Squillante, direttrice della fotografia, perché cercavamo una fotografia più moderna, al passo con i tempi.
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