Helmut Berger, il sex symbol che dava il volto a dei, angeli e assassini

Amato da Visconti, lanciato dai film di genere e con un lungo tramonto lastricato scandali, droghe ed alcol, l'attore austriaco è morto a Salisburgo. Ma più dei film del grande Luchino, furono pellicole come La belva col mitra di Sergio Grieco a trasformarlo in un volto-feticcio degli anni Settanta. L'omaggio di THR Roma

Si dice “Helmut Berger”, e immediatamente si pensa a Luchino Visconti. Ed è giusto: senza il grande regista milanese, che si innamorò di lui incontrandolo per caso durante le riprese di Vaghe stelle dell’orsa, quando lavorava solo come modello, e fece di lui un attore contro tutto e tutti, la vita di Berger sarebbe stata molto diversa. Ma la fama internazionale che ha accompagnato Berger anche dopo la morte di Visconti, si può dire fino ai giorni nostri, è in realtà legata ad altri titoli che magari noi italiani abbiamo trascurato e dimenticato, ma che nel mondo tengono viva la leggenda del nostro cinema di genere, di quella “serie B” i cui incassi garantivano i capolavori. Anche quelli di Visconti.

L’omaggio di Quentin

Basta pensare a una famosa scena di Jackie Brown, secondo molti il miglior film di Quentin Tarantino: Samuel Jackson, Robert De Niro e Bridget Fonda guardano in tv un film dove appare un assassino psicopatico biondo bello e di gentile aspetto, come il Manfredi dantesco. Il film che Tarantino cita in questa scena è La belva col mitra di Sergio Grieco, uno dei “poliziotteschi” più feroci, parossistici e politicamente potenti del nostro cinema degli anni ’70.

Berger era la belva del titolo, che all’inizio del film, appena evaso dal carcere, uccide seppellendolo con la calce viva l’autore della soffiata che l’ha mandato in galera e contemporaneamente stupra la donna di lui, che poi sequestra e costringe a diventare sua complice e sua schiava sessuale (la donna, che compone con Berger una coppia ad altissima tensione erotica, era Marisa Mell). Né Sergio Grieco era un regista qualunque: aveva quarti di nobiltà comunista superiori a quelli di Visconti, essendo figlio dell’ex segretario del PCI Ruggero Grieco e avendo fatto l’aiuto-regista di Pudovkin durante l’esilio sovietico del padre.

Mostri, assassini e dei

La belva col mitra è del 1977: Berger lo gira subito dopo la morte di Visconti, nel ’76, ed è uno dei film di genere che – ben più di Ludwig, con tutto il rispetto – fanno di lui un sex-symbol di quel decennio. Vanno ricordati anche Il bel mostro di Sergio Gobbi (1971), dove è un sadico che tortura la povera moglie Virna Lisi; Una farfalla con le ali insanguinate di Duccio Tessari (sempre 1971), dove è un pianista-assassino psicopatico; Così bello così corrotto così conteso ancora di Gobbi (1973), dove è un croupier del casino di Cannes ricattato da una perfida Françoise Fabian; e naturalmente Salon Kitty di Tinto Brass (1976), dove è un tenente delle SS.

Berger era adatto a questi ruoli perversi, perché la sua abbagliante bellezza si accoppiava a uno sguardo maligno che la rendeva lievemente inquietante. È quel che Visconti sfrutterà sia in La caduta degli dei (1969) dove l’attore interpreta Martin von Essenbeck, un personaggio ai limiti del disgusto, e in Gruppo di famiglia in un interno (1974) dove è il mantenuto della contessa interpretata da Silvana Mangano, che rovina la vita del colto professore Burt Lancaster.

Fra quei due film, però, Visconti volle dare al suo protetto la chance di una vita scegliendolo come protagonista di Ludwig (1973), il famoso kolossal sulla vita di Ludovico II di Baviera. Berger, che funzionava in ruoli da cattivo (magari accanto ad attori e attrici dal talento superiore al suo), non aveva la forza attoriale per reggere un ruolo così romantico e impegnativo. Autentici “mostri” come Romy Schneider, Trevor Howard, Gert Frobe e Helmut Griem lo misero in ombra, e il film si rivelò un fantasmagorico colosso con i piedi di argilla, intimamente debole come il suo protagonista.

Droghe assortite

Dopo la morte di Visconti, sulla quale dichiarò di essere rimasto “vedovo a 32 anni”, Berger soffrì di violente crisi depressive e si abbandonò agli stravizi, abusando di alcool e droghe assortite. Visse alcuni matrimoni turbolenti, sia con donne sia con uomini (nel 2015, avendo sposato un ragazzo, fu addirittura accusato di bigamia). A un certo punto parve fosse ridotto sul lastrico, e lamentava che molte produzioni italiane in cui aveva lavorato non gli avessero versato i contributi (cosa non impossibile) e l’avessero, in sostanza, truffato.

Ha continuato a lavorare fino all’ultimo, con un ulteriore sussulto di popolarità nel 1992 quando Madonna lo volle al suo fianco nel video musicale di Erotika. Ripercorrendo tutte le vicissitudini della sua vita, è quasi sorprendente che sia morto solo oggi, a pochi giorni dal 79esimo compleanno: era infatti nato a Bad Ischl, Austria, il 29 maggio 1944, ed è morto a Salisburgo, da bravo austriaco, quando in Italia forse tutti pensavano che fosse banalmente tedesco.