Oppenheimer lanciato verso l’Academy, alla Francia fischiano le orecchie

L'indicazione che esce dai Golden Globes 2024 sembra chiara: il film di Christopher Nolan si avvia ad una lunga serie di vittorie, Barbie potrebbe doversi accontentare degli incassi ultra-miliardari. E poi c'è il caso Anatomia di una caduta: a questo punto, non averlo candidato agli Oscar assume i tratti del suicidio. A meno che...

Da quest’anno i Golden Globes non sono più organizzati dalla Hollywood Foreign Press Association, ovvero l’associazione dei giornalisti stranieri che lavorano a Los Angeles. Dopo la disdicevole dismissione della HFPA, ora se ne occupa un ente creato appositamente nel 2023, la Golden Globe Foundation. Continuano a essere un premio prestigioso e un po’ ridicolo.

Prestigioso perché comunque i big di Hollywood continuano a partecipare (dalla serata di ieri circola sui social un grazioso tête-à-tête fra Martin Scorsese e Steven Spielberg, peccato non si senta cosa si dicono) e i premi, andando ai film più importanti dell’anno solare appena concluso, sono sempre indicativi della cosiddetta “awards season”, la stagione dei premi che culminerà nell’Oscar.

Ridicolo perché il meccanismo è rimasto assai bizantino, con premi “raddoppiati” in molte categorie per accontentare più persone e un voto comunque assai ristretto. Prima votavano i giornalisti stranieri, appunto, accreditati a Hollywood: c’erano stati episodi di corruzione, i votanti erano pochi e alcuni erano ben più che ottuagenari, negli ultimi anni era esploso il tema della “correttezza politica”: tutti bianchi, o quasi. Del resto, finché si parlava di giornalisti che lavorano a Hollywood per testate importanti era complicato trovare africani o latino-americani… Ora i votanti sono 310, possono risiedere anche all’estero e rappresentano 76 paesi.

È cambiato qualcosa? Formalmente sì, sostanzialmente nulla. Esattamente come gli Oscar, i Golden Globes devono comunque “pescare” tra i film usciti nell’anno precedente, quindi stavolta nel 2023, a cominciare da Oppenheimer. Ci sono annate buone, annate pessime e annate così così, alla fine possono vincere anche emerite idiozie come Everything Everywhere All at Once che l’anno scorso ha fatto incetta di Oscar.

Bisogna dire che invece i Globes, un anno fa, avevano scelto meglio: The Fabelmans di Spielberg tra i film drammatici e Gli spiriti dell’isola fra le commedie, con il piccolo dettaglio che il film irlandese di Martin McDonagh tutto è, meno che una commedia. Quest’anno tocca al 2023 e l’annata è buona. Tra i film drammatici si è imposto Oppenheimer, tra le commedie/musical Povere creature!, il film vincitore di Venezia. In questa seconda categoria era candidato Barbie, l’altro grande fenomeno del box office 2023. Christopher Nolan ha battuto Greta Gerwig fra i registi, Cillian Murphy si è imposto fra gli attori, Margot “Barbie” Robbie è stata sconfitta da Emma Stone fra le attrici (per i film comici: fra i drammatici ha fortunatamente vinto la meravigliosa native american Lily Gladstone per Killers of the Flower Moon di Scorsese, il premio che ci dà maggior soddisfazione).

L’indicazione è chiara: Oppenheimer sembra avviarsi a una lunga serie di vittorie, mentre Barbie rischia di doversi “accontentare” delle candidature e dei molti milioni di dollari incassati ovunque. Ma, a costo di ripetersi, non dimentichiamo che qui hanno votato 310 giornalisti, per gli Oscar voteranno circa 10.000 addetti ai lavori, gente che il cinema lo fa. Tutto può cambiare.

Tra i film stranieri, l’unica categoria che ci vedeva coinvolti, Io capitano non ce l’ha fatta. Ha vinto Anatomia di una caduta di Justine Triet, già Palma d’oro di Cannes e recente trionfatore agli EFA. A Parigi, a molti devono essere fischiate le orecchie: la Francia ha candidato all’Oscar come miglior film straniero La passione di Dodin Bouffant, diretto dal vietnamita (ma francese d’adozione) Tran Anh Hung, anch’esso visto a Cannes: sostanzialmente una puntata di Masterchef ambientata nella Belle Epoque. Vista la razzia di premi che Anatomia di una caduta sta facendo ovunque, tale candidatura sta assumendo sempre più i tratti del suicidio.

Naturalmente per Io capitano è un formidabile avversario in meno, ma prima di scrivere ipotesi sulla sabbia aspettiamo di conoscere la cinquina: sarebbe già un grande risultato. Potrebbe accadere persino qualcosa di incredibile, anche se non inedito: dopo aver partecipato a tutti i festival americani più importanti, Anatomia di una caduta potrebbe entrare in lizza per gli Oscar “veri” e ripercorrere il cammino di The Artist, produzione francese capace di vincere 5 Oscar (tra i quali film, regia e attore) nel 2012.

Difficile, però: la sensazione è che Oppenheimer – film “colto”, d’autore, difficile ma capace di sfondare al box office – sia il cavallo vincente.